Jacopo è seduto a gambe incrociate sulla sabbia con in grembo la testa di Simone che se ne sta sdraiato con gli occhi chiusi, facendosi cullare dalle carezze delle sue mani tra i capelli.
"Mi racconti qualcosa di quando eravamo bambini?"
Jacopo sorride, sfogliando le pagine della sua memoria per scegliere il racconto giusto.
"Mamma c'aveva un disco che metteva sempre mentre lavava i piatti, io e te facevamo a gara co' le macchinine buttati pe' terra e me ricordo che le prime volte me dava fastidio, ero tutto concentrato a vole' vince e quel rumore me distraeva... me mettevo a fa' i capricci, me impuntavo col broncio e no' volevo più giocà finché mamma no spegneva la musica."
Era sempre stato un testardo.
"A te invece te piaceva, cantavi parole inventate perché no le conoscevi e quando me vedevi col muso iniziavi a usamme come pista pe' la macchina tua e me la facevi corre per le braccia, le gambe, in testa. Ridevi tantissimo, più io me incazzavo più te ridevi."
Un sorriso appare sul viso di Simone mentre si immagina quella scena.
"Poi un giorno hai deciso che non te bastava più riderme in faccia, che dovevo ride pur'io. Te sei alzato in piedi e m'hai iniziato a ballà attorno in un modo -fattelo dì- abbastanza ridicolo. Me facevi le pernacchie e hai continuato finché no' m'hai strappato un sorriso. Poi m'hai preso per le braccia e m'hai tirato sù facendome ballà co' te. Da quel giorno se semo dimenticati delle macchinine e abbiamo iniziato a ballà insieme ogni volta che mamma metteva la musica."
Simone apre gli occhi, diventati lucidi, e guarda suo fratello dal basso.
"Ti volevo molto bene..." lo pronuncia con un tono che è a metà tra una domanda e un'affermazione.
Jacopo gli fa un sorriso e si rigira tra le dita una ciocca di capelli.
"Sì. Me stavi sempre vicino, me volevi sempre aiutà e se ero triste cercavi in tutti i modi de tiramme su di morale. Se te facevo i dispetti te me lanciavi uno sguardo de rimprovero e poi me perdonavi subito."
Gli occhi di Simone comunicano incertezza, una domanda che gli tormenta i pensieri.
Jacopo la coglie senza bisogno di parole.
"Sei una bella persona Simo." Lo rassicura. "Lo sei sempre stato e continui ad esserlo. Non c'è mai stato un momento della vita tua in cui m'hai deluso. Te sono sempre stato accanto anche se no' lo sapevi e sono fiero de te. No' pensà mai più de esse sbagliato e de non valé niente perché io no' te cambierei de una virgola, non potrei desiderare gemello migliore."
Simone piange mentre ascolta tutto ciò che ha sempre avuto bisogno di sentirsi dire.
Jacopo gli asciuga le guance e si abbassa per abbracciarlo.
"Te voglio bene Simo, non te lo scordà quando te svegli."
E dopo quelle parole, Simone si concede di addormentarsi.
***
"Vivo dentro una prigione
Provo a restarti vicino
Ma scusa se poi
mando tutto a puttane
Non so dirti ciò che provo,
è un mio limite."
-Blanco e MahmoodManuel è ridotto un straccio.
Sono passati tre giorni dall'incidente e Simone non si è ancora svegliato. Ha seriamente paura che non lo farà mai e questo pensiero gli ha tolto l'appetito, il sonno e tutte le energie.
Va avanti di caffè, sigarette e antidolorifici per i mal di testa che non gli lasciano pace.
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Due metà
FanfictionA causa dell'incidente Simone è in coma. Mentre Manuel vive l'inferno aspettando che si svegli, trovandosi faccia a faccia coi suoi sentimenti, lui è nel suo paradiso personale... insieme a Jacopo.