Quattro

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"Simo so' passati sei giorni."

Jacopo è seduto sopra ad uno scoglio mentre guarda l'altro immerso in acqua di fronte a se. Alle sue parole Simone smette di muoversi e lo guarda confuso.

"So' sei giorni che stai qua. Penso sia arrivato il momento de riprende il discorso che avemo iniziato appena sei arrivato."

"Cioè?"

"Cioè che questo non è er posto tuo."

Erano stati sei giorni intensi, belli ma soprattutto rivelatori.

Jacopo e Simone hanno parlato tanto, recuperando il tempo perso, e di qualsiasi cosa.

C'era stato un monologo di Jacopo su Dante, in cui aveva cercato di far capire al fratello quanto fossero stati duri per lui gli anni successivi alla sua morte e che, per quanto fosse vero che non era stato un padre eccellente e che Simone aveva tutto il diritto di essere arrabbiato, adesso forse potevano concedersi un po' di tregua. Gli fece promettere che avrebbe provato a recuperare quel rapporto piano piano, perché Simone era il primo ad averne bisogno anche se non lo ammetteva e Jacopo lo sapeva benissimo.

C'erano stati tanti ricordi raccontati, tanti aneddoti su quei tre anni trascorsi insieme che solo Jacopo ricordava e tanti altri sulla vita attuale di Simone, desideroso di aprirsi con l'altro e sapere cosa ne pensava, ascoltare i suoi consigli.

Poi c'erano stati quei momenti privi di tante parole, quelli in cui si erano concessi di tornare un po' bambini e godersi semplicemente la compagnia l'uno dell'altro. In quelle occasioni avevano nuotato tanto, affogandosi a vicenda, facendo i tuffi; avevano cantato, fatto la lotta, si erano abbracciati, rincorsi sulla sabbia ridendo come matti e finendo inevitabilmente ogni volta ricoperti di granelli dalla testa ai piedi.

Si erano concessi il lusso di piangere più di una volta, di dirsi che si vogliono bene e che sarebbe stato bello vivere quella vita insieme.

Simone ora conosce suo fratello: sa come ragiona e quali sono i suoi pensieri, i suoi gusti, le sue opinioni. Si sente tolto di un peso che si portava sulle spalle da tutta la vita senza sapere perché ed è convinto che quando si sveglierà riuscirà a viversela con più spensieratezza.

Adesso lo sa anche lui che quello non è il suo posto, solo che non crede di essere pronto a perdere nuovamente Jacopo.

***

Quei sei giorni per Manuel, invece, sono stati l'inferno.
Era stato costretto a tornare a scuola per non perdere l'anno, ma usciva sempre due ore prima in modo da arrivare in tempo all'ospedale per il primo orario di visita. Quando questo finiva, invece di tornare a casa restava lì ad aspettare che arrivasse il secondo; e anche dopo rimaneva inchiodato in sala d'attesa. Si concedeva di abbandonare l'edificio solo dopo le dieci di sera, in un vano tentativo dormire un po'.

Se i primi tre giorni non era riuscito a chiudere occhio, nelle ultime due notti le cose sono cambiate: ora si addormenta appena poggia la testa sul cuscino, stremato, ma durante la notte è tormentato dagli incubi.
Sogna l'incidente e il corpo inerme di Simone per strada; sogna di ricevere una chiamata da parte di Dante in cui gli viene detto che il cuore di Simone ha definitivamente smesso di battere; sogna il funerale.

Ogni volta Manuel si sveglia piangendo, con la tachicardia e i vestiti zuppi di sudore. Istintivamente controlla il telefono per accertarsi che non ci sia nessuna chiamata persa e poi ci mette almeno un'ora per calmarsi e riuscire ad addormentarsi di nuovo.

"Manuel, tesoro, perché non torni a casa a riposare un po' almeno oggi? Ti do un passaggio io con la macchina, sta diluviando fuori."

Floriana lo guarda con dolcezza e apprensione. Non le è passata inosservata la costanza con cui quel ragazzo è presente per Simone perfino più di lei e Dante, che ormai si presentavano solo negli orari di visita.

Due metàDove le storie prendono vita. Scoprilo ora