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Scoccarono le quattro, e la suoneria risuonò per l'intera stanza

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Scoccarono le quattro, e la suoneria risuonò per l'intera stanza.

Il povero corpo dormiente di Jungkook sobbalzò e con gli occhi ancora socchiusi, tastò con le mani, brancolando nel buio.

Chi è a quest'ora? Pensò, la bocca ancora impastata dal sonno e i capelli arruffati sparsi su tutto il cuscino.

«Pronto?» Brontolò una prima volta, poi ancora. «Ciao, ci sei?» Continuò, non ricevendo nuovamente risposta dall'altro capo.

Alzò l'indice per premere il tasto rosso, ma una pesante voce parlò. Era calma e strascicante, e nonostante l'orario, Jungkook riconobbe subito a chi appartenesse.

«Jungkookie.» Parlò l'altro, lo sentì singhiozzare e fare una piccola pausa, poi riprese con una leggera risatina. «Che ore sono?» Lo sentì dire a qualcun'altro.

«Le quattro. Taehyung che stai combinando?» Sbuffò il moro, passandosi una mano sul volto.

Non gli aveva rivolto parola in quei tre lunghi giorni che gli erano parsi eterni, ed ora? Gli chiamava nel cuore della notte per chissà quale assurdo motivo.

«Hai bevuto di nuovo?» La risposta era lampante e potè immaginare che Taehyung dall'altro capo stesse annuendo.

«Dove sei?» Azzardò, ma lo sentì borbottare qualcosa prima di mettere giù.

Jungkook rimase un paio di minuti a fissare lo schermo, incredulo che uno come lui lo avesse chiamato a quell'ora tarda. Poi come guidato dall'istinto, si alzò e se pur ancora assonnato, andò alla ricerca dei vestiti.

Mise le prime cose che trovò, nascose i ciuffi ribelli sotto ad un berretto nero, prese il telefono ed uscì di casa.

Nel buio fitto delle strade di Seoul, Jungkook si strinse nel suo giubbotto in pelle, chiedendosi se avesse fatto bene a prendere una decisione tanto avventata.

Non posso lasciarlo così. Si disse, ma in realtà la voglia di rivederlo e di parlarci era molta.
Durante il tragitto provò a chiamarlo ed alla terza volta, rispose un qualcuno con la voce nettamente più squillante e sobria.

«Sei Jungkook vero? Ho trovato alcune chiamate perse. Sei suo amico?» Jungkook scosse il capo, amico di certo non si poteva definire. Poi si ricordò che l'altro non potesse vederlo, perciò sospirò soltanto in risposta.

«Compagno di scuola. Dove siete?»

«Nella piazza di Hongdae. Cazzo Taehyung-» Potè sentire la frustrazione nella sua voce anche a quella distanza. «Non si regge neanche in piedi. Stai venendo a prenderlo?»

Jungkook acconsentì e chiuse.

Quando guardò l'orario sullo schermo del suo cellulare erano passati sette minuti dall'ultima chiamata. Davanti al bar, trattenne il respiro ed entrò.

Una ventata d'aria calda gli attraversò il corpo, c'era della leggerissima musica in sottofondo. Taehyung era quasi disteso sul bancone degli alcolici, alcuni bicchierini vuoti di fianco a lui ed il barista sfinito poggiato contro il muro, a fissarlo.

Un ragazzo dai folti capelli rossi gli stava passando una mano sulla schiena, sussurrandogli qualcosa all'orecchio. Anche lui sembrava a dir poco sfinito.

«Quanto ha bevuto?» Spezzò quel terribile silenzio, ma l'altro non parve interessato a rispondergli, piuttosto prese sotto braccio Taehyung e alzò un sopracciglio in sua direzione.

«Allora? Mi aiuti o no?» In risposta scosse soltanto il capo e fece come detto, trascinando via il grigio da quella situazione.

«Grazie di essere venuto, non posso portarlo a casa con me.» Disse e con un movimento della mano lo congedò frettolosamente. «È solito dormire con due cuscini. Ah, e russa quando dorme.»

«Aspetta cosa?» Lo interruppe però il moro, che si parò davanti al suo corpo bloccandogli l'accesso alla strada. «Devo portarlo con me?»

«Che pensavi?» Lo zittì l'altro, che in un batter d'occhio sparì e Jungkook potè soltanto guardare i suoi lunghi capelli rossastri confondersi col buio.

Spostò lo sguardo rassegnato al ragazzo al suo fianco e sospirò, prendendolo sotto spalla.

«Spero che non ti arrabbierai con me domattina.»

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