1. Il sole di Falldown

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Falldown è situato su un dirupo, da qui il suo nome che significa "cadere giù". Certo il nome per primo non ispira molto i turisti, infatti non si vede mai una faccia nuova e ancor di più la vista del paese da lontano pare uno di quei castelli abbandonati che si vedono nei film. Nonostante questo, tutti gli abitanti di questo luogo giurano che mai e poi mai andranno via di qui. Tutti tranne una, cioè io.
Sono nata in questo posto un po' lugubre e che sa tanto di film dell'horror. Alla mia nascita il paese ha festeggiato per giorni. Perché? Perché erano almeno dieci anni che a Falldown non nasceva una bambina e dopo la mia nascita non ne sono nate altre per ancora dieci anni. Proprio così io non ho coetanee e il paese è popolato prevalentemente da maschi. E i maschi si sa, sono dei combina guai! Mio nonno era uno di quelli. Era uno scultore, uno scultore di gessi. Un lavoro insolito, che quasi non si usa più ma lui era un maestro nell'arte di creare e formare ogni sorta di cose meravigliose con quel materiale bianco e che sa tanto di purezza. Io lo aiutavo. Mi aveva insegnato a dipingere e così quando creava uno dei suoi capolavori non aveva mai paura che potessi rovinarglielo. Lasciava spazio alla mia fantasia e diceva sotto i suoi lunghi baffi grigi: "Sono sicuro che gli darai vita. Farai un magnifico lavoro come sempre." Quanto mi faceva stare bene guardare la sua espressione commossa nel momento in cui lo portavo a vedere il nostro lavoro finito. Non parlava. Socchiudeva gli occhi tirava su con il naso e si asciugava una lacrimuccia che gli bagnava un occhio. Sempre così. E sempre quelle erano le sue parole: "Ben fatto!"

La mamma non voleva che passassi tutto il mio tempo libero chiusa in una bottega ma non aveva scelta: o con il nonno o con i maschiacci del quartiere che adoravano giocare con il pallone (col quale rompevano ogni giorno qualcosa e poi scappavano via) oppure facevano la gara degli sputi. Una volta avevo partecipato con loro a questo stupido gioco e devo dire che mi era piaciuto perché anche se non l'avevo mai fatto, ero arrivata più lontano di tutti gli altri. Loro c'erano rimasti piuttosto male ed erano andati ognuno a casa sua offeso. Non mi avevano parlato per giorni. La mamma era felice per questo.

-Una ragazza per bene non tratta con quei tipi. -diceva grattugiando il formaggio.

-Mamma, ho solo otto anni, se non gioco con loro, che devo fare?

-Hai ragione piccola mia. Ma sai, prima impari come sono gli uomini e meglio è. Sono tutti dei...

-Combina guai! -la interrompevo sempre io, conoscendo ormai a memoria le sue parole.

-Oh, Sunny...credo che tu l'abbia capito ma ...ricordalo sempre.

-Sì mamma.

Il nostro discorso si concludeva lì. Io non avevo il coraggio di chiedere che fine avesse fatto mio padre e lei non tirava ma fuori quell'argomento. Credo che le facesse molto male parlarne e che non avesse nessuna voglia di ripensarci. Io allora tornavo dal nonno e lui mi faceva scordare le parole della mamma. Lui era un uomo, ed era vero, era un combina guai, ma io lo amavo, lo amavo più di me stessa.

Ora erano passati sette anni e io mi ritrovavo di nuovo a Falldown dopo tutto quel tempo. Mi guardavo qua e là, ma nulla sembrava essere cambiato. Solo io mi sentivo diversa, un'altra persona.

-Sunny... -mi sentii chiamare alle spalle. -...Ma sei proprio tu?...

Mi voltai lentamente riconoscendo quella voce. Era lei, proprio come avevo capito, solo più invecchiata e ingrigita.

-Signora Brooks!

-Quanto tempo!...Sei tornata?...

-Per poco. Ho intenzione di ripartire fra qualche giorno.

-Da quando sei andata via questo posto non è più lo stesso... Tua madre ti ha detto che...

-Che il sole è sempre coperto dalle nuvole?

I Misteri di Falldown-1. Lo scultore di gessiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora