PROLOGO

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ERIN

«Ti dispiace se stanotte chiudi tu?»

Sollevo lo sguardo. Susan infila parte dell'incasso nel portafogli.

«Me lo ha chiesto Joe,» sbuffo, «ho già le chiavi in tasca.»

È già la seconda notte di fila, dal due gennaio!

Mi rendo conto di strofinare con eccessiva veemenza le piastrelle del pavimento su cui sono inginocchiata.

«Tu sei una vera stacanovista, è per questo che mi piaci.»

Ride, la stronza, e alzo il viso. Lei mi guarda dall'alto.

«Be', a domani, cara.»

Fanculo.

La porta le si chiude alle spalle, rimango da sola. Scatto in piedi, il pavimento è pulito, il bancone in ordine, mancano all'appello i gabinetti e ho un sonno tremendo. È colpa mia se sono ancora qua e non dentro il letto. Non credevo che dopo la laurea mi sarei trovata ancora a sanificare le latrine del Berry's Pub, avrei dovuto ascoltare nonna, magari a quest'ora avrei un impiego migliore. La lingua mi schiocca sui denti. Ma a chi voglio prendere in giro? Sono nata qui, amo la mia casa e non andrei da nessun'altra parte. Quando senti il Northside nel sangue, ti ha fatto suo per sempre.

***

Fisso il lucchetto alla saracinesca. Raggiungo la Chevrolet Bel Air, schiudo la portiera ma una forte imprecazione attira la mia attenzione. Mi volto di scatto, un uomo piomba sulla fiancata.

Sobbalzo, sollevo il braccio, mi tengo a distanza.

«C-che cosa vuoi?»

«Aiutami», ansima. Contrae la bocca in una smorfia, stringe gli occhi e china il viso. Apre lo sportello, si getta di peso sul sedile. «Andiamo via.»

«Che diavolo...» Il cuore si ferma per un nano secondo. «Scendi o chiamo la polizia!»

Il ragazzo stringe delle banconote.

Ma che...

Un colpo di pistola e il fanale posteriore deflagra.

«Cazzo!»

Entro nel veicolo, tremando. Queste maledette chiavi non vogliono infilarsi nel quadro. Metto in moto, ingrano la marcia e schiaccio l'acceleratore. Le gomme stridono, cambio e accelero di più. Non ci sono fari nello specchietto: non mi segue nessuno... almeno credo. Cosa diavolo sta succedendo?

«Ehi, se non mi dici subito il motivo per cui ti sei fiondato nella mia auto, ti abbandono qui!» Perché non risponde? «Il minimo che tu possa fare è dirmi almeno chi sei!»

Non ha intenzione di cedere. Freno di colpo, le ruote slittano sull'asfalto. Accosto ed esco.

«Devi toglierti subito dai piedi!» tuono, aprendo lo sportello. Non reagisce, la fronte poggiata sul sedile davanti e i soldi sparsi sui tappetini. «Merda...»

Lo spingo indietro e si accascia sulla seduta. Lo afferro dal maglione, lo tiro a me però le braccia non reggono. Ho le dita umide, le sposto sotto la luce, sono macchiate di rosso. Sgrano gli occhi. Sollevo il lembo del suo giubbotto. Ha il maglione intriso di sangue.

Oddio!

Non riesco a deglutire. Spero non sia morto. Se non lo è, non credo manchi molto. È pallido, grondante.

Devo portarlo al pronto soccorso più vicino, devo fare presto!

***

Parcheggio vicino all'entrata principale. Mi catapulto fuori e corro fino alla sala d'aspetto.

«Aiutatemi, ho un ferito, sta morendo!» urlo a due paramedici. Mi seguono all'esterno, raggiungiamo in fretta la Chevrolet. «Siate rapidi, sta molto male!»

Apro la portiera posteriore, mi scanso e lo prendono per posizionarlo sul lettino. Uno di loro gli controlla il polso.

«Cosa gli è successo?»

Io non lo so.

«Stavo tornando a casa, quando all'improvviso ha fatto irruzione nella mia auto. Qualcuno lo inseguiva con una pistola, non l'ho visto bene, ed è un miracolo che anch'io sia riuscita a scappare.»

«D'accordo, si faccia da parte. Da qui ci pensiamo noi.»

«Un momento...»

Pedino gli infermieri dentro il pronto soccorso, si stabiliscono in un'area circoscritta e allertano un medico. Mi danno le spalle ed è difficile vedere bene tutti i movimenti che compiono.

«Ferita da oggetto contundente all'altezza del torace, ha un polmone collassato, portiamolo in sala operatoria» sento dire dal medico.

Avvicinano una maschera d'ossigeno sul viso dello sconosciuto, fanno passare la barella oltre una porta.

«Aspettate!»

Un'infermiera si para tra me e loro. «Signorina, non può accedere in questa zona.»

A me non interessa seguirli. «Voglio sapere se potrà farcela, per favore me lo dica. Se la caverà?»

Ho lo stomaco contratto, una nausea da capogiro. Possibile che queste cose debbano succedere proprio a me?

«È giovane, dovrebbe riprendersi, anche se ha sanguinato molto...»

È sincera, e odio quando in ospedale si è troppo schietti. Potevo fare di più? Potevo arrivare prima? Ci mancavano solo i sensi di colpa.

«Cerchi un bagno e si tolga quel sangue dalle mani», suggerisce gentile. «Dopo aver informato la polizia su quanto accaduto, potrà andare.»

«Okay.»

Non mi resta che darle retta, spiegherò cos'è successo e tornerò a casa. Il prima possibile, spero.

DIRTY TEMPTATION - ANTEPRIMADove le storie prendono vita. Scoprilo ora