3 - VENTIQUATTR'ORE DI LIBERTÀ

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Erin

Sparire.

Sparire.

Sparire.

Non faccio che ripetermi questo.

L'edificio del commissariato mi incombe addosso. Devio lo sguardo sulle mani, strette al volante, le nocche pallide. Obbedire a quel verme mi dà la nausea.

Non posso credere a quello che sto per fare.

Scendo dall'auto, chiudo lo sportello con una stoccata decisa. Il freddo mi punge la pelle, mi stringo nel giubbotto, un brivido serpeggia dalla schiena fino al collo.

Sto per compiere una pazzia.

Attraverso la strada a viso basso, il vapore si solleva a ogni respiro. Cammino fino alla piccola gradinata ma mi fermo, la suola sul primo scalino e il cuore come un martello pneumatico tra le costole.

Non è la cosa giusta. Dovrei denunciarlo. Potrei mostrare il biglietto che era sul parabrezza, forse lo accuserebbero di stalking, di minacce, e io sarei al sicuro... eppure... non ci credo veramente.

Le sue dita che giocano con la lama tornano come un flash, e rabbrividisco.

Potrebbe essere qui a controllarmi?

Mi giro di scatto, lancio occhiate alla strada dietro di me e stringo le dita a pugno. Non posso permettermi cazzate. È solo un favore, ha detto ieri. Porto a termine questa cosa e me lo tolgo di torno.

L'orologio da polso segna le diciotto, devo sbrigarmi. Mi tocca pure andare al lavoro, dato che quei due sfruttatori sono tornati prima del previsto.

Salgo i gradini fino al portone a vetro, prendo aria, il gelo mi penetra in gola. Spingo la superficie ed entro, il tepore interno mi avvolge. Raggiungo le due guardie nel gabbiotto, sedute dietro una grossa scrivania. Sollevano gli occhi non appena mi avvicino.

«Buonasera, mi chiamo Erin Sloan.»

«Mi ricordo di te. Sei la ragazza che pochi giorni fa ha salvato un uomo a Drumcondra.»

Sono quella che avrebbe dovuto tirare dritto e lasciarlo morire.

«Sì», annaspo.

Il collega si tira in piedi.

«Io sono il vice commissario Harris. Tutto bene, dopo quella notte? È venuta ad aggiungere elementi nella deposizione?»

Mordo il labbro, le unghie grattano la stoffa dei jeans.

«Oh, no, va tutto benissimo.»

Quanto vorrei vuotare il sacco!

«Allora cosa succede?»

«Sono qui perché, in questi giorni, mi sono accorta di aver perso un anello. Così mi chiedevo se, per errore, fosse finito tra gli effetti personali di quel ragazzo.»

«Vede, quelli che lei chiama "effetti personali" per noi sono prove.» Mi squadra, stringe la bocca in una linea sottile. «E anche nel caso in cui avessimo l'oggetto smarrito, non potrei restituirlo fino alla fine delle indagini.»

«Indagini?» ansimo.

«Certo. Ha testimoniato per un tentato omicidio, ne conviene?»

M'incalza con un'abilità magistrale. Devo reggere i nervi, non posso uscire da qui a mani vuote.

«Sì...» Il cuore galoppa, la maglia si appiccica tra le scapole. Rilascio il labbro e distendo le spalle. «Mi dispiace di essere piombata in questo modo, è che l'anello è un regalo di una persona cara. Mi basterebbe avere la conferma che si trovi nelle vostre mani, almeno saprò di non averlo perso.»

«Signorina...» Il vice commissario esce dal gabbiotto e si pone a un metro da me. «Le espongo in breve la realtà dei fatti: i blocchi di denaro nella sua auto erano falsi, tanto quanto il nome dell'uomo che è fuggito dall'ospedale, e glielo dico per farle comprendere una cosa...» Lo sguardo severo mi intimorisce. «Non provi in alcun modo a contrattare con la legge.»

Se stesse intuendo qualcosa? Farei bene ad andarmene. Se anche quel coso fosse in mano loro, non me lo direbbero né lo riceverei.

«Mi dispiace per il disturbo, io...»

«A meno che non sia venuta per fornire maggiori dettagli su quella notte, non ha nulla da fare qui.»

«No, certo.» Alzo le mani, compio un passo indietro. «Non era mia intenzione ostacolarvi o contaminare le prove. Vi chiedo scusa.»

Si sofferma sui miei occhi. Li scandaglia come in cerca di qualcosa, dettagli che non colgo.

«Tutto a posto, è libera di andare.»

«D'accordo, arrivederci.»

Mi congedo con un peso allo stomaco, mi occlude la gola, come se avessi ingerito del veleno.

All'esterno l'umido si insinua sotto gli abiti, il gelo mi morde il viso. Attraverso la strada ed entro subito in macchina, abbandono la fronte sul volante.

Sospiro. Le carte in tavola continuano a mischiarsi, nonostante abbia tenuto fede alle raccomandazioni. Non so proprio cos'altro fare.

Apro il cassetto del cruscotto. Il biglietto è lì, sopra a tutte le cartacce, in bella vista per torturarmi.

"Hai qualcosa che mi appartiene".

Mi concentro su questa frase, la grafia frettolosa, disallineata. Di certo non possiedo niente, se non altre ventiquattr'ore, dopodiché tornerà. Questa è l'unica certezza che ho.

DIRTY TEMPTATION - ANTEPRIMADove le storie prendono vita. Scoprilo ora