1 - OMBRE

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ERIN

Chiudo la lavastoviglie e l'avvio. Che palla, questo posto. Mi tasto la schiena, sbuffando. Merito di più, molto di più. Ripeterlo mentre sistemo un dispenser di cannucce non rende credibile la mia ambizione.

«Una Piña Colada», ascolto alle mie spalle.

Resto ferma per un attimo, irrigidita dal suono viscido del suo timbro vocale. L'odore del tabacco e il cuoio della giacca mi pungono le narici.

«Non dovresti essere qui, Rhett.»

«Neanche tu, Ryna.»

Non controbatto. Mi volto e gli rifilo un'occhiata torva.

«Preparo il tuo cocktail.»

Sbatto il miscelatore sul bancone, lo riempio con del ghiaccio, tritato come la mia pazienza. Afferro la bottiglia di rhum e lo verso, il liquido chiaro scorre sui cubetti. Aggiungo la crema di cocco e il succo d'ananas, il profumo dolciastro mi dà il voltastomaco.

«Per quale ragione ti aggiri da queste parti?» indago nervosa.

«Perché non dovrei?»

Passa una mano tra i ricci fulvi, lascia scorrere le dita sullo strato fino di barba. I suoi maledetti occhi celesti, trasparenti e ingannevoli, si scontrano con i miei.

«Forse per il fatto che vivi all'altro capo della città», butto fuori, chiudendo lo shaker. «E anche perché ti avevo chiesto di starmi lontano.»

«Sono qui per farti un favore.»

«Sparire lo sarebbe di sicuro.»

Miscelo il composto e lo verso in un bicchiere, attenta a non guardare l'energumeno. Termino il lavoro con un pezzo di ananas e glielo sbatto sul banco.

«Spero ti vada di traverso.»

Avrebbe dovuto pensarci due volte prima di entrare nel mio territorio.

«Erin, ascolta...» Il tono è cupo, un miscuglio di tristezza e disagio.

«Non mettere a dura prova la mia tolleranza. I patti erano chiari: io sarei stata zitta, avrei permesso che ti laureassi e non ci saremmo più visti né sentiti. Solo un brutto ricordo. Sono state le tue ultime parole, quindi smettila di farti vivo.»

Una coppia di ragazze attira la mia attenzione per due boccali di birra, prima di accomodarsi. Eseguo l'ordinazione in modo fin troppo celere, neanche avessi due braccia meccaniche al posto di arti umani. Passo il vassoio al cameriere e appena si defila osservo l'orologio appeso al muro.

Mancano venti minuti alla chiusura di questo inferno...

Rhett non si dilegua, devo essere più categorica.

«Precisiamo una cosa. Ti hanno salvato la mia paura e quella stronza di Renée che mi ha fatto credere fosse colpa mia.»

«Si è trasferita dopo la laurea, anche se non ha voluto dirmi dove» mormora, tiene gli occhi bassi. «E se tu mi dessi la possibilità di rimediare, ti dimostrerei chi sono davvero,» mi punta le iridi addosso, «ti giuro che mi uccide dentro l'idea di convivere con...»

Batto le mani sul banco. «Cristo, basta!» Alcuni consumatori ci osservano. Abbasso subito il viso, agguanto uno strofinaccio e fingo di pulire; ingoio la rabbia che mi comprime il petto. «Non voglio sapere nulla di quella stronza», ringhio.

«Io...»

Alzo un palmo all'altezza della sua faccia. «Non aggiungere altro.» Ricaccio indietro ogni emozione. Angoscia, disgusto... timore. Non deve sapere.

DIRTY TEMPTATION - ANTEPRIMADove le storie prendono vita. Scoprilo ora