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MAX POV'S

Mio Dio. 

Cosa.Ho.Fatto.

Sono caduta in un vuoto. Avevo appena ucciso i miei genitori.

Si è vero, venivo stuprata da mio padre e sfruttata per faccende domestiche da mia madre, ma forse non meritavano questo.

Ho sempre dormito in cantina, e se non facevo quello che mi veniva detto venivo picchiata a sangue. 

Stavo cercando di convincermi che abbia fatto bene a prendere la pistola che mio padre teneva sempre nel cassetto del suo comodino, e puntarla in testa ai miei genitori.

A un certo punto, a distogliermi dai miei pensieri, furono le sirene della polizia.

I vicini dovevano aver sentito il rumore degli spari.

Dovevo andarmene. SUBITO.

Presi subito la pistola, non potevo lasciarla lì, con le mie impronte. I poliziotti avrebbero capito subito.

Sono uscita dalla finestra e sono corsa via, veloce come non mai.

Arrivò presto sera. Era freddo, dopotutto eravamo in pieno inverno, non riuscivo ad addormentarmi. 

Così presi dalla tasca l'accendino e il pacchetto di sigarette di mio padre, mi distesi sulla panchina e iniziai a fumare.

Rimasi sveglia tutta la notte. Non riuscivo a dormire. Faceva freddo e avevo troppi pensieri per la testa.

*la mattina seguente*

Mi alzai dalla panchina e mi ritrovai davanti un poliziotto.

Mi chiese:" Sei la figlia dei Mayfield?!"

A quelle parole iniziai a correre e il poliziotto iniziò a seguirmi.

Da dietro di lui sbucarono altri poliziotti.

Mio Dio.

Era la fine. Era la fine. Era la fine.

Mi ricordai che avevo una pistola in zaino.

Ma non potevo sparare a degli agenti federali.

NON POTEVO.

A quel punto, quando quasi stavano per prendermi, arrivarono delle persone.

Ero troppo impegnata per girarmi.

Ma ho sentito spari e urli. 

Mi volevo girare, per capire se ero ancora in pericolo ma poi arrivò qualcuno.

Mi prese per un braccio e mi portò dietro a un muro.

Alzai lo sguardo e

LUI era bellissimo

I miei occhi si soffermarono a guardare i suoi, color nocciola.

Sembrò che per un attimo, pure lui mi guardò con stupore.

Poi mi disse:" Tu devi essere Max"

Io annuii e lui mi sorrise.

Mi portò in un ristorante cinese molto particolare. 

Ero molto stranita al proposito.

Poi mi resi conto che non aveva intenzione di soffermarsi su un tavolo a mangiare.

Mi portò fino alla fine della stanza, dove c'era una porta. 

Oltrepassata questa, c'era un signore dai tratti asiatici che sembrava ci stesse aspettando.

Mi portò in una stanza in cui si presentò e mi fece delle domande su ciò che era successo.

Risposi con sincerità, e lui sembrava esserne consapevole.

Mi diede una divisa e mi spiegò dove mi trovavo.

CAZZO ERO IN UNA SCUOLA DI ASSASSINI.




𝐊𝐈𝐋𝐋𝐄𝐑𝐒 𝐋𝐎𝐕𝐄𝐑𝐒Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora