[4] • 30 Giugno

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"Ma per te, se non ci sei tu, sarà sempre da solo."

Quella frase era rimasta incastrata nei pensieri di Manuel, a fare da eco alle sue giornate vuote.
Aveva provato a rintracciare Simone, ma forse non abbastanza.
Probabilmente, era andato a cercarlo di proposito quando sapeva che non lo avrebbe trovato. Voleva mettersi al sicuro con la coscienza, per giustificare che non era colpa sua se ancora una volta erano distanti, se Simone era sfuggente.
Era più semplice ingannarsi e far finta che fosse occupato piuttosto che affrontare quel discorso.

Perché Simone era uno che faceva domande fino a che non otteneva le risposte.
Fino a che Manuel non provava a difendersi con tutte le sue forze pur di non ammettere che avesse ragione l'altro, che forse sì, qualcosa la provava.

Tornò con la mente a quella conversazione intrattenuta con Cesare sulla spiaggia, quasi una settimana prima, ormai.

- È solo che... gli ho fatto del male già troppe volte. Ho questa paura di ferirlo ancora, e ancora, qualunque cosa io faccia. E puntualmente è sempre così, che va a finire.
Cesare l'aveva guardato, aveva sollevato un sopracciglio e si era dondolato da seduto, sul posto.
Poi si era abbracciato le gambe e si era fatto più vicino a Manuel, che se ne stava con la testa china a disegnare cerchi nella sabbia umida, con l'indice.
- Non conosco bene il vostro rapporto, si può dire che io non vi conosca affatto. Posso parlare solo per quel che vedo. Ed io vedo due ragazzi innamorati, ma forse uno dei due ancora non lo sa.
- Quello che ancora non lo sa sarei io?
- Beh, se Simone è quello che lo sa...
Manuel aveva sfregato le mani per liberarsi dei granelli appiccicati alle dita, si era fatto serio e aveva guardato Cesare dritto negli occhi.
- No, io non sono innamorato. Ci tengo tanto, sì. Ma io non... non credo possa piacermi Simone. Voglio dire, non mi piacciono i ragazzi.
- Certo.
- Oh, saprò chi sono, nella vita, o no? Lo sai meglio te?
- Io non so niente. Parlo per quel che vedo. Ma stai sereno, un giorno lo capirai da solo quello che sto cercando di dirti io. E non ti dovrai preoccupare, perché va tutto bene a prendere consapevolezza di quel che si è davvero. Ora torno di là, mi sa che hai bisogno di restare un po' da solo.

Manuel ci pensava spesso, a tutta quella conversazione strana, a perché quello sconosciuto fosse andato diretto a parlare con lui.
Non riusciva a mettere a fuoco i concetti, quello che era giusto e quello che era sbagliato, non riusciva a capire neanche perché avesse sentito quel bisogno impellente di starsene acquattato vicino a Simone per tutta quella notte, dopo lo scambio di parole con Cesare.
Al solo pensarci, gli si smontavano i castelli che aveva impiegato immensa fatica per costruirsi.
Tutto quel ritenersi responsabile di Simone, dopo il suo incidente.
La necessità di accompagnarlo alle visite, la mancanza che lo divorava ogni volta che non gli stava accanto.

La mancanza.
Era l'unica emozione che sembrava avere in corpo, da qualche giorno.
Più passava il tempo e più questa aumentava.
Non voleva più perdere del tempo, non era un ragazzino, doveva assecondare i segnali che man mano si palesavano e andare ad affrontare quel ragazzo alto un metro e novanta.
Per cui, dopo una giornata passata a rimuginare accovacciato sul letto, senza toccare cibo da due giorni, aveva deciso di vestirsi e raggiungere Simone.

- Dove vai, Manuel? - aveva chiesto Anita, vedendolo recarsi verso l'uscita di casa.
- Da Simone, mà.
- Ma salti la cena, anche stasera? Manuel, sei pallido, non puoi digiunare sempre. Che ti succede? - fece lei, con apprensione.
- Sto bene.
- Va tutto bene, fra te e Simone? Dante mi diceva che... non importa. Vai, ma ti prego, mangia qualcosa.
- Cos'è che dice, Dante? - chiese Manuel, improvvisamente interessato, tanto da scostare la mano dalla presa sulla maniglia.
- Ma niente, solo che non vi vede più insieme. Che è felice che si stia avvicinando al ragazzo delle lezioni, com'è che si chiama...
- Cesare, mà. Se chiama Cesare.
- Ecco, lui. Ma è dispiaciuto che vi stiate allontanando.
- E in che modo passerebbe del tempo con Simone, 'sto Cesare? - fece Manuel, con tono incalzante, mentre posava le mani sui fianchi.
- Che ne so io, Manuel. Ma sei sicuro che vada tutto bene?
- E tu come mai parli così tanto e dei fatti miei con Dante?
- È successo per caso... così... per parlare...
- Così per parlare, sì. Vado, che è meglio.

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