[7] • 2 Agosto

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Una settimana dopo, Simone non si era ancora abituato all'idea che Manuel lo toccasse così spesso, con una qualsiasi scusa, ormai anche quando erano vicino ad Anita e Dante.
Per l'ora di cena si erano seduti accanto, come al solito.
Agli occhi dei loro genitori nulla era cambiato, ma da quando si erano sfiorati quella notte al mare, come se si fossero scoperti per la prima volta, il loro rapporto era mutato.
Si sentivano più consapevoli, meno frenati, più liberi di condividere dei momenti insieme senza la paura di star sbagliando qualcosa.
Per cui, tutte le provocazioni da parte di Manuel si erano almeno triplicate e, in quel momento seduti a tavola, il riccio cercava di dargli fastidio urtandogli il ginocchio con il suo, mentre con espressione totalmente indifferente divorava le patatine fritte nel suo piatto.

- Ma ha mai fatto tanto caldo così come ne ha fatto oggi? Non si respira neanche a quest'ora - disse Simone, prendendo a sventolarsi con la mano.
Erano da poco passate le ventuno, la temperatura era scesa di poco ma l'aria era impregnata di umidità.
Simone si consolò pensando che ormai erano ad agosto e, forse, doveva resistere solo quel mesetto per sentir rinfrescare l'aria.
Anche se raggiungere settembre poi significava che restava poco tempo per il rientro a scuola, luogo di cui non sentiva per niente la mancanza.

- Levate la maglia, no? - azzardò Manuel, guardandolo in viso con la fronte aggrottata e gli occhi divertiti.
Simone si strozzò con una patatina e si affrettò a versare dell'acqua nel bicchiere, mandandone giù il contenuto a grandi sorsate per potersi riprendere.
- Ma che dici? Siamo a tavola, non sarebbe buona educazione - fece poi, riprendendo fiato.
Sentii le sue guance andare a fuoco, vergognandosi di essere arrossito sotto gli occhi divertiti di Manuel.

- E ha ragione, non t'ho insegnato niente? - aggiunse Anita, guardando il figlio che tratteneva una risatina sulle labbra.
- Perché non vi fate un bagno in piscina, più tardi? L'acqua è caldissima di sera, poi dopo tutto il calore di oggi sarà un brodo - consigliò Dante.
- Eh, perché non lo facciamo? - Manuel guardò Simone, negli occhi del riccio quella domanda in sospeso apparì come una docile richiesta, non più come una sfida.
- Si, potremmo farlo.
Simone lo guardò, cercò di decifrare i pensieri di quel ragazzo tanto spiritoso ma che sapeva nascondere bene le sue fragilità come polvere sotto al tappeto.

                                         +++

Più tardi, Manuel era in camera. Per Simone risultava ancora strano definirla la sua stanza.
Quella era una casa che a lui era sempre apparsa troppo grande, troppo nascosta, troppo lontana da qualsiasi posto da poter raggiungere senza mezzi.
Da quando Manuel abitava nelle stesse mura, tutto gli sembrava più lieve.
La casa sembrava essersi adeguata a quelle persone, come se le avesse aspettate da tempo.
E non gli sembrava più tanto lontano qualsiasi luogo in cui recarsi, perché praticamente si spostavano sempre in due, quasi perennemente sulla stessa moto e, quando tornava a casa, non si sentiva mai da solo.

Per carità, era sempre stato un tipo solitario.
Amava ritagliarsi dei momenti tutti suoi per isolarsi a riflettere, per ricordare, per viaggiare nella sua stessa mente e scoprire sempre nuovi lati di sé.
Ma adesso questi momenti li condivideva quasi sempre con Manuel e non gli dispiaceva affatto sedersi vicino a lui e stare in silenzio in due.

Simone si affacciò dalla porta socchiusa, lo vide disteso sul letto a petto scoperto, una mano dietro la nuca e l'altra a reggere un libro aperto con le dita a fare da ferma pagina.
- Ehi - sussurrò, in un fil di voce.
Manuel alzò la testa dal libro, lo richiuse e lo posò accanto a lui.
- Che leggi?
- Il mondo come volontà e rappresentazione di Schopenhauer. L'ho preso in prestito dalla libreria di tuo padre.
- Non riesci proprio a stare senza filosofia, eh? - lo stuzzicò Simone, avanzando in camera a braccia incrociate.

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