[2] • 17 Giugno

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"E a volte sono stato assente
ma giuro non volevo farti del male..."

Manuel ascoltava quella canzone ininterrottamente da tre giorni, sia perché aveva il titolo riferito al mese in corso, si chiamava proprio "Giugno", e poi perché il testo e la melodia gli erano entrati nel petto, quasi a fare rumore dentro di lui per scuotergli le emozioni, che sembravano assopite da tempo.

"E siamo stati svegli quando dovevam dormire,
abbiamo corso quando dovevamo gattonare,
ridevi quando urlavo col navigatore..."

Pensava a Simone, alle volte che avevano dormito insieme, alle volte che si erano urlati addosso, a quando avevano rubato la macchina per rimediare ai guai in cui si era ficcato.
Pensava ai suoi sguardi che puntualmente sembravano voler analizzare ogni sua mossa, rendendogli le cose ancora più difficili.
Aveva cercato di diventare cauto, di stargli vicino senza assalirlo coi suoi momenti poco aggraziati, con i suoi gesti che spesso lo avevano ferito.
E d'altro canto voleva proteggerlo ma anche tentare di fare dei piccoli passi per capire qualcosa in più, per cercare di scovare delle risposte a tutte quelle domande che si poneva da mesi, senza mai parlarne con nessuno.

"... è che non conoscevo le strade per ritornare in questa benedetta casa..."

Stava andando proprio da lui.
Quel pomeriggio faceva un caldo terribile, soprattutto nella quattro mura di casa sua al primo piano, quindi gli era sembrata una buona idea infilarsi il costume e accogliere l'invito di Simone per la piscina.

La sera della partita, poco prima di raggiungere i campetti, aveva rincontrato Alice per sbaglio e si era reso conto di quanto detestasse ricordare i momenti passato a starci dietro.
Era stato superficiale, a tradire Chicca e mancare al suo compleanno, a farsi prendere in giro da una che alla fine voleva soltanto divertirsi un po', o almeno quello gli era stato detto.
Se adesso ripensava a quel periodo lo associava ad uno stato confusionale, al tentativo di fare chiarezza in mezzo a quella coltre di nebbia che aveva preso possesso dei suoi spazi mentali.

- Simo, 'ndo stai? - urlò Manuel, dopo aver parcheggiato la moto nel vialetto.

Scorse il braccio del ragazzo, intento a richiamare la sua attenzione da lontano e già immerso nell'acqua, mentre si sosteneva con un gomito sul bordo in marmo che cingeva la piscina.
Manuel si avvicinò a passo svelto per andare incontro all'altro.
Quando fu quasi vicino, lanciò lo zaino e il telo sul prato e si tolse in fretta la maglia, per restare a petto nudo.

Simone rimase un attimo ad osservare i tatuaggi del ragazzo, che erano sempre gli stessi, ma la voglia di ripassarli uno ad uno con gli occhi continuava a tormentarlo, così come le immagini nella sua testa che gli mostravano puntualmente un improbabile futuro in cui potesse anche accarezzarli.

- Ma sempre a mangiare stai? - fece Manuel, prendendolo in giro, dopo essersi accorto del sacchetto di patatine sorretto dalle sue mani.
- Ne vuoi? - chiese Simone, porgendogli la busta.

Come risposta, il riccio si mise seduto immergendo solo i piedi e infilò la mano nel sacchetto per estrarre una manciata di patatine, se le portò alle labbra.
Subito dopo, fece leva sulle braccia per mettere distanza dal marmo e spingersi direttamente in acqua.
Andò giù, fino a immergersi totalmente per poi risalire.
Riemerse e si passò una mano fra i capelli per strizzarli e poi tirarli indietro.

Simone rimase ad ammirare quella sequenza di azioni dell'amico.
Non potè fare a meno di notare quanto fosse ancora più bello e luminoso il suo viso senza i capelli a coprirgli la fronte, anche se, l'alone di mistero che gli donavano i riccioli che puntualmente gli dondolavano fino agli occhi lo aveva sempre catturato.
Cercò di immaginarlo anche senza barba, ma sembrava quasi impossibile.
Da quando lo conosceva non lo aveva visto radersi una sola volta.

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