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La sveglia mi costrinse ad alzarmi dal letto di camera mia, controvoglia.
Ero ancora stanca per il viaggio e per Paul.
Mia madre si accorse della mia preoccupazione e cominciò col solito rito di domande. Stufa, me ne andai.
Avevo sbattuto forte la porta e lasciato la borsa sul divano.
Mi avviai verso il parco della città: avevo bisogno di rilassarmi sdraiata su una panchina, come facevo da piccola con Stephan. Arrivai dopo pochi passi e scelsi un posto ombrato. C'erano dei bambini che giocavano a pallone, ma fortunatamente erano troppo piccoli per riconoscermi e corrermi dietro con carta e pennarello. Il cappuccio della felpa mi copriva gli occhi. Soffiavo via i capelli sperando di cacciare via anche i brutti pensieri. Guardai l'orologio e mi accorsi che si era fatto tardi: era quasi l'ora di pranzo e decisi di fare un salto da Paul.
Volevo, anzi, dovevo parlargli assolutamente. Il vizio dell'alcol doveva scomparire ancor prima di iniziare, o sarebbero stati guai grossi. Il mister non doveva scoprirlo, doveva rimanere un nostro segreto.
Camminai lungo le strade trafficate di Torino a testa bassa per non essere riconosciuta dai passanti e dopo una buona mezz'oretta arrivai davanti la grande villa.
Suonai più volte e Paul venne ad aprirmi con calma. Era vestito e sistemato, e sembrava sobrio.
-Ehi- salutò, ma non mi guardò negli occhi. Aveva la faccia di uno che l'aveva combinata grossa, e in effetti l'aveva fatto.
-Dobbiamo parlare-
-Lo so... Entra-
Entrammo silenziosamente nella casa vuota. Alcuni frammenti del vaso erano rimasti ancora sul pavimento, ma la maggior parte della casa era sistemata.
-Christine devi sapere che..-
-No Paul, fammi parlare. Non puoi fare così, non devi cadere in questa brutta abitudine. Le difficoltà ci sono, e non puoi ubriacarti ogni volta che succede qualcosa. Cosa farai quando uno stop di 50 giorni sarà uno stop di un anno? Non te lo auguro, ma può succedere a tutti. Non devi abbatterti così, fai vedere alle persone che sei forte-
-Sto perdendo il controllo del mio corpo, tesoro. Ho bisogno di te-
-Ci sono, Paul. Ti aiuterò ogni volta che hai bisogno ma tu devi collaborare-
-Ma mi sono sentito così fottutamente bene. Non ricordavo nulla, e mi stava bene così-
-I problemi non si affrontano così, amore.. Se c'è qualcosa che non va chiamami, vieni a casa, urlami contro, fai quello che vuoi, ma non ti rovinare. Fallo per me, o per il calcio. Fallo soprattutto per te-
-Ti amo Christine- mi abbracciò, e mi tenne stretta a sè.
-Ti amo, ma promettimi che non ti rovinerai più-
-Lo prometto, cucciola-
Restammo abbracciati a lungo, e mi soffermai ad ascoltare il suo battito del cuore. L'abbraccio fu molto più intimo e personale della nostra prima volta insieme.
Ad interrompere quel momento magico fu il mio telefono, che segnava l'arrivo di una chiamata: era il mister.
-Pronto?-
-Muñoz, potresti venire allo stadio? Dobbiamo parlare di una cosa-
-Cosa, mister?-
-Niente di grave, anzi. Preferirei parlarne a voce, ti aspetto nel mio ufficio-
-Va bene, sto arrivando-
Chiusi la chiamata e mi accorsi che Paul mi guardava con aria interrogativa.
-Tutto bene?-
-Si, il mister vuole parlarmi, non so di cosa. Mi puoi accompagnare?-
-Prendo le chiavi, aspettami fuori-
Presi la giacca di jeans che avevo appoggiato sul divano mentre facevo il "mio discorso" sull'alcol, e uscii di casa.
In pochi secondi mi raggiunse anche Paul, e ci avviammo verso lo stadio con la sua macchina.
-Chissà di cosa deve parlarmi...- dissi tra me e me a bassa voce.
-Tranquilla piccola, non è niente di grave. Se fosse stato così sarebbe venuto di corsa a casa tua- rise e parcheggiò nel parcheggio dello stadio.
-Ti aspetto in macchina- mi avvisò e chiusa la porta mi precipitai nello stadio percorrendo i corridoi che portavano agli uffici.
Arrivai davanti a quello di Allegri, e esitai prima di bussare.
Sentii un "avanti" e aprii la porta: notai un'altra persona oltre al mister, Antonio Conte.
-Vieni Christine- mi invitò quest'ultimo, sistemando una sedia accanto a lui.
-Voleva vedermi mister?-
-Si, siediti-
Nel frattempo strinsi la mano all'ex allenatore juventino e mi concentrai sulle parole di Allegri.
-Allora, sai benissimo che a fine marzo ci saranno le amichevoli delle nazionali, vero?-
-Si, mister-
-Bene, ho una notizia da darti.. O forse è meglio che te lo dica il mio collega-
Rivolsi lo sguardo verso Conte, torturandomi le mani per il nervosismo.
-Christine tu sei italo-spagnola, e potrebbe essere un problema. Vicente del Bosque, il commissario tecnico della Spagna, non è presente per alcuni problemi personali, ma posso parlare al posto suo. Entrambi ti vogliamo in nazionale, sei tu a dover scegliere in che squadra andare-
-Cosa? Pensate davvero che sia in grado di giocare in una nazionale?-
-Certo, ma devi fare una scelta-
Pensai alle due possibilità: la Spagna, grandissima nazionale, campione del mondo nel 2010 e campione d'Europa nel 2012 mi stava offrendo la possibilità di giocare con i grandi campioni. Pensai anche a Fernando e Alvaro, sarebbe fantastico giocare con loro. Ma pensai anche all'Italia, dove giocavano la maggior parte dei calciatori che conoscevo. Avrei giocato con Claudio, Giorgio, Andrea e... Stephan. Il mio Stephan. Forse non era più mio, ma quel legame d'amicizia che ci univa non poteva essere scomparso per una semplice litigata. Non lo sentivo da quel giorno freddo di gennaio, e mi mancava. Se avessi scelto l'Italia avrei avuto qualche possibilità di parlargli.
-Credo di aver preso la mia decisione- sussurrai cercando di riordinare le idee. Era l'Italia la mia scelta definitiva?
-Prima che tu me lo dica, Christine- iniziò Conte -voglio dirti che qualunque sia la tua scelta, rimarrai una grande calciatrice. Mi farebbe piacere averti in squadra, ma non farti influenzare dalle mie parole. Deve essere una tua scelta, non puoi tornare indietro una volta fatta-
-Grazie, mister. Credo che farebbe piacere anche a me giocare nella nazionale italiana- sorrisi e lui quasi saltò dalla felicità. Mi strinse forte la mano in segno d'accordo e mi fece firmare alcuni documenti per ufficializzare la mia scelta. La Spagna, per quanto mi manchi come Paese, non era mai stata la mia vera patria. L'Italia mi ha visto crescere, ed è qui che ho cominciato il mio sogno. L'Italia mi ha visto diventare una grande giocatrice, e dovevo ripagarla.

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