CAPITOLO TRE

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Il telefono squillava incessantemente. Le note dei Maroon 5 riempivano la stanza. Mark, mentre con l'asciugamano tamponava i capelli scuri ancora umidi cercando di sistemarli (con scarsi risultati ovviamente), si avvicinó al comodino.

"Pronto"
"Ma dove diavolo sei?"
"Oh calmati. Che problema hai?"
"Che problema ho? Sei in ritardo!"
"Non cosi tanto. E poi proprio tu che eri solito frequentare 'certi ambienti' dovresti sapere che bisogna farsi aspettare." rispose con tono saccente.
"Proprio io....farsi aspettare...certi ambienti...ma sei già ubriaco?"
Mark soffoco una risata, e sospirando rispose: "Sto arrivando. Dieci minuti e sono da te. Magari per la strada ti prendo anche una camomilla eh?"
Senza dare la possibilità all'amico di rispondere mise giu.

"Fai sempre cosi"
"No non è vero"
"Si invece"
"Ok"
"Ok? Questa è la tua risposta?"
"E che ti devo dire?"

Tom era allibito. Era questa la sostanziale differenza tra lui e Mark. Mark, con il gomito poggiato sul finestrino abbassato della Volkswagen e la sigaretta in bocca, sembrava un personaggio di quei telefilm polizieschi, che sanno sempre cosa fare e come comportarsi; quelli che conosco sempre la soluzione del delitto due giorni prima che il caso sia risolto, lasciando che le opinioni altrui scivolino addosso, senza curarsene.

Lui prendeva la vita come veniva, bene o male che fosse. Nessuno stress, nessuna ansia, nessun dolore. Forse era proprio il match di pugilato perso con la vita, che lo aveva reso cosi. Apatico, non curante, menfreghista.

Tom, invece, era l'esatto opposto. Era quel genere di ragazzo che doveva programmare tutto, tenere tutto sotto controllo, anche le persone. Era quel genere di ragazzo che si faceva venire un attacco di panico per dieci minuti di ritardo. Lui non riusciva a fregarsene delle persone o delle loro opinioni. Non so dire se questa sua caratteristica fosse un bene o un male; se lo rendesse estremamente sendibile e dolce, oppure la persona più vulnerabile e attaccabile dell'universo.

"Eccoci." Mark parcheggió l'auto e spense il motore.
"Sappi che lo faccio solo per te" disse, scendendo dall auto. Tom era sorpreso da quelle parole. Nessuno gli aveva mai detto una cosa del genere. Dei colpi sul cofano dell'auto distrassero Tom dai suoi pensieri. "Ti muovi?"  

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