Le campanelle sulla porta trillarono appena Mark uscì dal Fast Food. Si accese una sigaretta, camminando tranquillamente per le strade affollate della città. Nessuno dei negozi illuminati e decorati con colori accesi attirava la sua attenzione.
La sua mente era troppo concentrata a pesare a tutt'altro. A quel momento. Quel secondo in cui una scarica elettrica aveva pervaso tutto il suo corpo, dall'alluce del piede fino alla punta dei capelli.
Perché di questo si trattava: un istante che ora riempiva i pensieri di Mark da, una settimana ormai. Settimana in cui ovviamente non aveva più avuto nessun tipo di contatto con lei. Ora che ci pensava, non sapeva nemmeno il suo nome ancora.
Dopo che quella mattina l'aveva cacciato da casa sua in fretta e furia, negandogli persino la colazione che lei stessa gli aveva offerto qualche minuto prima, aveva perso totalmente le sue tracce. Come se si fosse volatizzata. Ma poi a lui cosa interessava?
Cosa interessava di una viziata figlia di papà? Una frivola, presuntuosa, arrogante saccente so tutto io. Eppure quando l'aveva osservata addormentarsi, ormai ubriaca persa, tra le sue braccia,l'aveva vista cosi fragile e vulnerabile che aveva avvertito quasi il bisogno di proteggerla.
Ed è questo che lo spaventa così tanto. Insomma lui non protegge le persone, ne tanto meno tiene a loro. La maggior parte delle volte se ne frega altamente di tutto e di tutti. Lui è uno stronzo, fortemente dipendente da nicotina, cinico e asociale. E a lui stava bene così, perché era semplicemente lui.
Se stesso.
Eppure, pur non riuscendo a spiegarsi il motivo, sentiva davvero il bisogno di rincontrarla, di rivederla. Di poter almeno associare un fottutissimo nome a quei profondi occhi azzurri.
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Cassede stacca la spina del ferro, dopo aver arricciato leggermente i suoi capelli. Boccoli biondi ricadono sulle spalle minute, mentre si avvia in bagno per applicare un leggero strato di trucco.
Dopo aver contornato gli occhi con una sottile linea di eyeliner, aver applicato un'abbondante passata di mascara e un rossetto nude, torna in camera per rispondere al cellulare, che esattamente due secondi prima aveva iniziato a squillare.
-Pronto-
-Sei pronta?-
-Wow. Ciao anche te, luce dei miei occhi, è un piacere anche per me risentirti! Come stai? Io bene. Grazie per avermelo chiesto!- risponde Cassede, trattenendo una risata.
-Smettila stronza. Ci siamo viste oggi a scuola! Cosa potrà mai essere successo in queste cinque ore, di tanto travolgente, da aver sconvolto la totalmente la tua vita?!-
-E tu che ne sai? Magari mentre tornavo a casa, ho incontrato l'uomo della mia vita. E tu non lo sai, perché non me lo hai chiesto.-
-Se la metti così... Cass, oggi hai per caso incontrato l'uomo della tua vita?- domandò sarcasticamente Isabelle
-No- rispose Cassede, ridendo leggermente.
-Bhe , se ti muovi magari lo incontri stasera!- conclude l'amica entusiasta.
-Ad una festa con adolescenti arrapati e talmente sbronzi da non reggersi nemmeno in piedi? Ne dubito.-
-BASTA! MUOVITI O GIURO CHE TI LASCIO A PIEDI.-
-Dammi dieci minuti. Ti voglio bene, pasticcino.- conclude ridendo.
-Non azzardarti a chiamarmi così ancora, stronzetta.-
La ragazza concluse la chiamata senza rispondere all'amica, correndo poi in camera per infilarsi un vestito corto, bianco con scollo a cuore, molto semplice e lineare. Aggiungendo poi un paio di tacchi, una collana e un braccialetto, tutto rigorosamente nero.
Venti minuti dopo, le due ragazze parcheggiano l'auto davanti una casa illuminata da luci di diverso colore.
Aprendo lo sportello e mettendo il piede a terra, un solo pensiero si impossessa della sua mente.
"Questa sarà una lunga, lunga notte"
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Gentaglia, scusate l'immenso ritardo. Giuro che mi faccio perdonare.
Capitolo di passaggio e per questo un po' piatto. I prossimi saranno migliori (si spera)
AllTheLove♥