POV: Simone
Sono passati quattro giorni dalla sfuriata in garage con Manuel: sono quattro notti che dorme lì ed entra in camera mia solo per prendere i vestiti e cambiarsi, facendo bene attenzione a non incrociarmi mai. Papà, più di una volta, ha cercato di interrogarmi per capire cosa fosse successo, ricevendo come scusa che io e Manuel non abbiamo più tanta affinità come ai tempi del liceo; quindi, preferiamo condurre le nostre vite senza che queste interferiscano tra loro, nonostante siamo costretti dagli eventi a vivere sotto lo stesso tetto. Balestra Senior non ha indagato oltre, o almeno così ha provato a fare: eppure la sensazione che possa nuovamente non farsi gli affaracci propri è sempre in agguato.
Mi stropiccio gli occhi mentre cerco di concludere una relazione al pc da inviare al professore di Algebra: è tutta la mattina che cerco di concentrarmi sul paragrafo conclusivo, eppure sembra come se non riuscissi a trovare le parole per mettere un punto finale all'elaborato. Decisamente meglio i numeri delle parole, mi trovo a constatare. Sento il telefono vibrare, così mi giro con la sedia per recuperarlo dal letto.
F: "Ti va una passeggiata nel pomeriggio?"
Osservo il messaggio, per poi tornare con lo sguardo sul display del pc ancora acceso.
S: "Devo finire la relazione di Algebra, non so se riesco."
F: "Io devo dare l'esame di anatomia, speravo potessi aiutarmi."
Una piccola risata viene interrotta da un rumore che sento provenire da dietro la porta socchiusa: poco dopo, il rumore leggero delle nocche sul legno spezza il silenzio.
- "Posso?"
È Manuel, che fa capolino con la testa.
- "Dovrei prendere dei vestiti e..." Lascia la frase in sospeso come se cercasse altro in questa stanza, altro che però non vuole dirmi o di cui non posso venire a conoscenza.
Gli faccio cenno di accomodarsi.
- "Tanto stavo per andare a fare la doccia."
Sentenzio prima di alzarmi dalla sedia girevole per dirigermi nel bagno in camera. Noto che mi segue con lo sguardo fino all'entrata, quando:
- "Simo"
Sentirgli pronunciare il mio nome con l'accento sulla "i" mi fa uno strano effetto: è insolito, inaspettato e, per certi aspetti, piacevole. Mi giro lentamente, fingendo di essere anche un po' scocciato, mentre gli rispondo un "dimmi", invitandolo a continuare.
- "Senti, te volevo chiede scusa pe' l'altra sera."
Lo fisso intensamente: ha gli occhi un po' arrossati, probabilmente a causa della polvere che pullula nel garage. Mi prendo qualche secondo per guardarli meglio: sono sempre coronati da un paio di occhiaie, accentuate dal volto scarno e dimagrito. Nonostante covi ancora una certa rabbia nei suoi confronti, ho l'impressione che le sue scuse siano sincere.
Rimango, tuttavia, in silenzio per un po', prima di reagire a quelle parole.
- "Che mi venga un colpo! Manuel Ferro che ammette di aver sbagliato: verrà a nevicare d'estate."
Lui sbuffa quasi infastidito.
- "Ma come parli aò?! Che mi venga un colpo!" risponde facendomi il verso.
- "Non sei nella posizione per prendermi in giro, sai? Se non sbaglio stavi gentilmente chiedendo il mio perdono."
- "Nun t'allargà! T'ho detto che me dispiace, volevo solo chiarì: nun me piace 'sta situazione."
Lo guardo ancora: la rabbia sembra essere scemata di botto, forse proprio perché trovo le sue parole sincere, o forse perché non sono mai riuscito a stare arrabbiato con lui per troppo tempo. Anche dopo essere partito per Glasgow, il tempo passato ad essere incazzato con lui è stato breve, seppur intenso: poco dopo sono subentrate la delusione, l'amarezza e la rassegnazione, che hanno completamente surclassato l'ira nei suoi confronti.
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Non siamo su binari diversi: tu sei il mio binario ~ Simuel.
RomanceAVVERTENZE: Questa storia è la continuazione della FF Non c'è un finale ~ Simuel. dal testo: "Vibrano maligne sul mio cuore queste catene: Più di un'occasione per potermi liberare. Agli antipodi di Houdini, in tutta questa confusione, Perdonami, f...