POV: Simone
Vengo svegliato dal telefono che, da sopra al comodino, non si decide a smettere di vibrare: leggo il nome di Federico sullo schermo e rispondo.
- "Pronto?"
- "Buongiorno raggio di sole!"
- "Ciao Fede, ma che ore sono?" chiedo, girandomi verso l'orologio da parete sopra alla scrivania.
- "Le dieci e un quarto: ma ti sei appena svegliato?"
Mi giro verso il letto di Manuel e lo trovo come stanotte: vuoto.
Che strano déjà-vu.
- "Sì, ieri ho faticato a prendere sonno." Chissà perché, aggiunge una stupida vocina.
- "Dormiglione, che programmi hai per oggi? Ti va di vederci?"
- "Ehm...", farfuglio, ripensando alla proposta di Manuel.
- "Non con così tanto entusiasmo Simo, sennò mi metti in imbarazzo", dice ironico.
- "No, è che...Ho appena aperto gli occhi e a stento mi ricordo come mi chiamo: lo sai che prima del caffè non si devono porre domande."
Una risata divertita arriva alle mie orecchie: "Va bene Pisolo, chiamami quando avrai riacquisito l'uso della parola."
Lo saluto e rivolgo di nuovo il mio sguardo verso il materasso vuoto al mio fianco, sospirando, poi mi rimetto in piedi e scendo a fare colazione.
Arrivo in cucina, la casa sembra deserta.
Apro il frigo, prendo il latte e lo verso in un bicchiere: tra un sorso e un altro, metto in bocca dei biscotti trovati nello stipo in alto. Dopo aver mandato giù tutto, sento la porta aprirsi: entrano papà e Anita con le buste della spesa e un sorriso si dipinge sui loro volti appena mi vedono. Osservo Anita per qualche secondo in più: ha la frangetta che le sbatte sugli occhi, il cui taglio è perfettamente uguale a quello del figlio. Hanno anche il colore dell'iride molto simile: un castano che conferisce profondità allo sguardo, rendendolo a tratti malinconico, cupo e assente, e a tratti sorridente e trasognato, capace di accogliere tutte le tue paure, per aiutarti a spazzarle via. Mi sorride, chiedendomi se mi fossi incantato e perché la stessi guardando in quel modo. Farfuglio una scusa sullo stare semplicemente sovrappensiero e la aiuto mettere la spesa nei mobili. Vorrei chiederle di Manuel, se sa dov'è, ma mi trattengo: mi viene in mente che possa trovarsi in garage, così mi affretto a riporre altri biscotti nella dispensa per andare a controllare. Mio padre mi intercetta all'ingresso della cucina:
- "Dove vai?"
- "A prendere una boccata d'aria, con una bella giornata così", invento su due piedi ed esco prima che possa fare altre domande. Mi basta solamente uscire in giardino per sentire rumori di ferri provenire dalla rimessa addossata a casa: faccio capolino con il busto e lo vedo lì, con dei pantaloni grigi, una canotta azzurra e le mani sporche di olio, intento a mettere a nuovo una moto ridotta un po' male.
- "Buongiorno", esordisco.
Lui si gira verso di me, come se lo avessi colto in flagranza di reato e mi scruta da capo a piedi: la mascella è circondata da un leggero velo di barba, appena visibile. Gli occhi marroni assumono una tonalità ambrata non appena il sole vi poggia sopra i suoi raggi, regalando una certa lucentezza anche ai ricciolini che gli ricadono sulla fronte. Lui fa un semplice cenno con la testa, prima di tornare concentrato sui ferri. Cerco di non mostrarmi stupito di fronte a quella freddezza e, dopo averlo oltrepassato, mettendomi accanto alla moto ma di fronte a lui, con le braccia conserte, provo a parlare di nuovo:
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Non siamo su binari diversi: tu sei il mio binario ~ Simuel.
RomanceAVVERTENZE: Questa storia è la continuazione della FF Non c'è un finale ~ Simuel. dal testo: "Vibrano maligne sul mio cuore queste catene: Più di un'occasione per potermi liberare. Agli antipodi di Houdini, in tutta questa confusione, Perdonami, f...