POV: Manuel
Spengo la moto nel garage alle 2:33 di notte: la appoggio sul cavalletto e mi tolgo il casco. Sospiro, passandomi una mano sul volto, per poi massaggiarmi delicatamente la nuca con la stessa: sento il mio corpo spegnersi e affievolirsi pian piano, mentre la mia mente viaggia spedita come un treno. Mi impongo, tuttavia, di rientrare in casa e mettermi a dormire quanto prima: una volta aver chiuso la porta alle mie spalle, salgo le scale, facendo attenzione a non produrre alcun rumore per non svegliare chi già dorme probabilmente da ore. Passo in bagno a lavare i denti, sciacquarmi la faccia e spogliarmi per poter indossare subito il pigiama, una volta entrato in camera: apro lentamente la porta della stanza, prendo la maglietta bianca che uso per dormire e la infilo, e, con addosso solo quella e i boxer, mi stendo sul letto, poco distante da quello di Simone. Giro la testa verso di lui: dorme sul fianco sinistro, rivolto nella mia direzione; riesco a scorgere alcuni tra i suoi lineamenti grazie alla luce del lampione esterno che illumina solo il lato destro del suo corpo. Ha entrambe le braccia piegate, con le mani infilate sotto al cuscino su cui poggia la guancia in ombra: la punta dello zigomo destro, invece, appare quasi lucida con il riflesso della luce artificiale. Lo guardo e rifletto sul fatto che l'ultima volta che l'ho visto dormire, era in un letto di ospedale, col volto pallido e dei tubicini nel naso che lo aiutavano a respirare: una morsa mi si stringe attorno al cuore, alla memoria di quelle immagini. Torno ad osservarlo per far sì che quei ricordi vengano sostituiti da questa nuova visione di lui con gli occhi chiusi, il viso rilassato, le labbra leggermente dischiuse e l'espressione serena: mi ritrovo a sorridergli, sebbene non possa vedermi, per poi posizionarmi sul fianco destro, in modo da stare faccia a faccia con lui. Continuo a guardarlo, cerco di memorizzare ogni minimo particolare, come la leggera fossetta sul mento, le basette lunghe e crespe, le sopracciglia folte. Mi mordo il labbro inferiore, mentre istintivamente porto la mia mano destra vicinissima al suo volto: la blocco a mezz'aria, lasciando combattere, ancora per un po', la parte razionale che mi impone di fermarmi e quella impulsiva che desidera il contrario, e aspetto una vincitrice tra le due. Scuoto leggermente la testa e, infine, finisco per accarezzare quello zigomo spigoloso col pollice: gesto che, spesso, accadeva in ospedale, quando ero convinto di averlo perso. Il contatto ha vita breve, poiché ritiro immediatamente la mano, con l'intenzione di scacciare dalla mia mente immagini e ricordi con cui non voglio più avere a che fare.
Sai cosa devi fare in questi casi.
Una vocina si insinua fastidiosa nella mia mente: chiudo gli occhi, faccio un respiro profondo e mi impongo di rimanere a letto per dormire.
Lo sai che non puoi resistere troppo a lungo.
Deglutisco a fatica, ho la gola secca, ma cerco comunque di scacciarla via.
Cederai. Prima o poi, cederai. Lo sai. Non puoi farne a meno.
Apro gli occhi, deciso a non dargliela vinta, ma convinto di doverla mettere a tacere per almeno per quella notte: mi alzo dal letto, esco dalla stanza e scendo al piano di sotto, sempre attento a non fare rumore. Mi dirigo verso il freezer, lo apro e prendo una bottiglia trasparente come il liquido contenuto al suo interno: afferro un bicchiere dal mobile sopra al lavandino, e faccio per uscire di casa, diretto verso l'officina. Una volta seduto su un vecchio e logoro divano, appoggiato momentaneamente in garage, mi verso da bere, mandando giù uno, due, tre bicchieri di vodka: la temperatura fresca pare stemperare il grado alcolico e risolleva la gola data alle fiamme. Il numero dei bicchieri aumenta di poco, prima che i miei occhi diventino più pesanti, il mio corpo si lasci adagiare sul divano senza opporre resistenza, e io mi abbandoni alla stanchezza e cada in un sonno profondo.
* * *
I raggi del mattino filtrano dal finestrone in alto sulla porta del garage e mi impongono di alzarmi da quel polveroso e malridotto divano su cui mi ero addormentato: prendo il telefono dai jeans per guardare l'orario, sgranando gli occhi non appena mi rendo conto del ritardo mostruoso in cui sono.
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Non siamo su binari diversi: tu sei il mio binario ~ Simuel.
RomanceAVVERTENZE: Questa storia è la continuazione della FF Non c'è un finale ~ Simuel. dal testo: "Vibrano maligne sul mio cuore queste catene: Più di un'occasione per potermi liberare. Agli antipodi di Houdini, in tutta questa confusione, Perdonami, f...