Eravamo scesi dall'aereo, l'aeroporto era enorme e tappezzato di cartelloni, striscioni e quant'altro sui display delle indicazioni campeggiavano quelli che alla mia famiglia sarebbero parsi simboli riunici, ma io riconoscevo l'alfabeto giapponese anche se non ero in grado di decifrarlo, non completamente per lo meno.
Apparvero le scritte in inglese e ci rilassammo tutti, almeno un po'Sarei andata avanti risolvendo un problema alla volta, ora l'obbiettivo era raggiungere la nuova casa, arrancammo così con i borsoni e le valigie, fortunatamente la casa era già arredata e la ditta di trasporti aveva fatto recapitare i beni essenziali.
Saliammo su un furgone che ci condusse vero la nostra nuova proprietà.
Il cuore iniziò a martellarmi nel petto.
Quel luogo era esattamente come nei film, nelle serie o come tutti gli anime che avevo visto.
L'architettura, le strade, le piccole mura attorno alle case a più piani.
Era tutto meraviglioso.Davanti a casa mia torreggiava il suntuoso cancello con accanto il citofono, dovetti stropicciatmi gli occhi e farmi dare un pizzicotto da mia sorella.
Il nostro cognome era scritto giusto!
Neanche a scuola in sicilia riuscivano a scrivere o pronunciare correttamente il mio cognome e ci erano riusciti i giapponesi.Varcata la soia d'ingresso ci trovammo in un cortile interbito di verde la casa era meravigliosa, verniciata di fresco e con il tetto rosso.
Entrati trovammo delle pantofole ordinare in fila con un portascarpe sulla destra ed un porta ombrelli sulla sinistra.
Inizialmente vagai incuriosita per la nuova casa, osservando la cucina, il salotto, il bagno e le varie stanze poi salii al piano superiore ed una volta raggiunto il corridoio di linoleum... beh corsi alla ricerca della camera migliore.Dietro una di quelle tradizionali porte scorrevoli scovai un paradiso terrestre, sarebbe stata la mia stanza, me ne innamorai a prima vista.
Era il classico e delizioso stile giapponese, con eccezione che c'era un tradizionale letto italiano nell'angolo a detra, accanto si trovava una porta finestra che dava su un ampio balcone che guardava una verdeggiante boscaglia.
Sul lato sinistro il mio armadio in legno di mogano, lo aprii e trovai subito le mie cose.
Accanto ad esso c'era una scrivania con tanto di ampia cassettiera, la sedie girevole era comoda, perché mi preoccupai subito di provarla.Roteai verso il centro della camera, se per il resto la camera era tradizionale e poteva sembrare normale, la parte restate era tutta in stile locale.
Un morbido tappeto verde ricopriva il pavimento, più morbido di una normale moquette.
Andai verso l'altro armadionche stava vicino al letto, non era il mio, la cosa mi incuriosì.
Afferrai la maniglia e sposini la porta scorrevole di lato e qualcosa mi cadde addosso, ma lo afferrai.Impiegai qualche secondo prima di realizzare che si trattava di un Futon.
Colpo di fulimine, l'unico modo per definirlo.
Mi accinsi a prepararlo, posuzionandolo al centro della stanza, quando percepi qualcosa rotolare alle mie spalle, mi voltai e trovai un pallone da pallavolo.
Rimasi con le mani che brandivano l'aria.
Le labbra schiuse e gli occhi sgranati per lo stupore, cone facevano a sapere che mi piaceva la pallavolo?Presi il pallone tra ĺe mani ed in quel momento realizzai quanto era importante per me quello sport e di quanto necessitassi di giocare in quell'esatto momento.
Ignorai la meravigliosa camera e la casa giapponese, mi diressi in cortile ed iniziai a palleggiare.
Indossavo una t-shirt e delle bermuda quindi non avevo neanche bisogno di cambiarmi.
Le lancette dell'orologio da polso scorrevano imperterrite, ma non mi importava dell'orario, era una necessità.
Dovevo assolutamente smaltire tutto lo stress e l'angoscia che avevo accumulato e quello sport era l'ideale per farlo.Iniziai a palleggiare contro le mura di cinta come facevo a volte in palestra come riscaldamento, adoravo quell'esercizio, lo facevo i primi giorni che mi erno unità alla squadra, allenavo i polpastrelli e miglioravo la manualità e la dimestichezza con quella sfera a specchio gialli e blu.
Giocare però faceva anche riaffiorare i ricordi, ogni ricordo era racchiuso in una lacrima che trovava posto sulle guance.
Ricordavo i primi giorni di allenamento, quando ero pa più scarsa tra tutte e per paura che perdesse le partite a causa mia, oltre ai tre allenamenti alla settimana più la partita nei week end, mi allenava nel mio cortile con la palla che puntualmente finiva nella siepe dove i raggi tessevano le loro ragnatele e quindi ero costretta ad andare a racimolare il pallone servendomi della scorsa dal manico più lungo che trovavo.Giocare da sola era infinitamente più noioso rispetto al Giocare con le mie amiche, ma per lo meno era qualcosa.
Avevo perso la cognizione del tempo, non avevo idea di quanto tempo fossi rimasta fuori in cortile ad allenarmi, ma la mia fronte madia di sudore era un buon indizio.
Rientrando in casa lasciai le scarpe fuori dalla porta e mi diressi in camera.
Posai la palla nell'armadio, presi il pigiama e mi diressi al bagno per farmi una doccia calda.Rimasi sconvolta, non c'era la doccia, al suo posto una vasca, sia essa che le pareti erno in legno, mi tesi però conto passandoci la mano sopra che si trattava di un altro materiale, più resistente all'acqua.
Intervallate tra le finte assi di legno si trovavano piccole piastrelle bianche.
Riempì l'acqua della vasca rettangolare e mi immersi, rilassandomi, su un supporto si trovava un certo di vimini contenente vari flaconcini di sali da bagno.
Chiusi gli occhi e ne presi uno, godendomi il bagno.Ritornai in camera con l'accappatoio e notai stipato in un angolo dell'armadio un tipico kimono giapponese, non potei reprimere l'impulso e lo indossai.
Era meraviglioso, comodo e veramente stiloso, aveva dei motivi a scacchiera con piccoli quadri neri e verdi.Mi sentii chiamare dal piano di sotto, così scesi, trovando tutti nel salotto.
Pareva fossero tutti li ad aspettarmi, lanciai uno sguardo all'orologio in numeri romani appeso al muro, ma non avevo idea di quando fossi uscita in cortile.
《Violetta domani andrai in una scuola qua vicino》annunciò mio padre osservando dei documenti.
Alzò lo sguardo solo per notare la mia espressione allibita.
《Mi sono messo in contatto con i servizi della zona》annunciò.In quella stanza il silenzio regnava sovrano mentre il padre famiglia annunciava il nostro nuovo stile di vita:
Identico al solito, solo in un luogo sconosciuto e meraviglioso.
Anche mia sorella minore sarebbe andata a scuola.
Da quanto avevo capito i servizi sociali o chiunque fosse stato ci aveva forniti di documenti per l'iscrizione a degli istituti scolastici e ci aveva lasciato le credenziali per accedere in una classe di ragazzi provenienti al di fuori del Giappone e da quel che ci era stato riferito non sarei stata l'unica Italia, l'idea di non essere la ragazza straniera della nuova classe mi rese un pizzichino meno ansiosa e terrorizzata.《Più tardi andremo a portare tutti i documenti alla segreteria, così ti mostro il viaggio da fare con il tram》sentenziò mio papà, passandosi una mano tra I capelli brizzolati.
Detto ciò andò a mettere io telefono in carica, probabilmente in tutto quel tempo anzi che riposarsi si era dedicato a quelle faccende tramite infinite telefonate, se non fossi stata così in ansia per quella situazione sarei stata in pena per lui.Alla fine, mia nonna fece una passeggiata con mia sorella passando davanti alla sua nuova scuola, mentre io partii con mio padre, per arrivare alla fermata più vicina dovevo fare un bel pezzo, ma almeno una volta scesi trovammo l'enorme istituto verapochi passi.
Li sarebbe iniziata la mia nuova vita.
STAI LEGGENDO
una pallavolista chiamata Violetta
Fanfictionlontana da casa, dagli amici, dalla propria terra. in una scuola nuova. violetta si sente sola ed impaurita, si ritrova davanti alle sua fragilità. con un solo pallone da Pallavolo da cui attingere forza ed andare avanti.