nuova vita

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Beh detta così sembra una cosa bella, ma in relazione non avrei mai pensato di partire per andare all'estero ed abbandonare tutto e tutti.
La mia casa che aveva resistito ad uragani, zunami, eruzioni dell'Etna e tanto altro.
Le mie compagne di classe, di squadra e tutto il resto.

Mi alzaial letto, il mio letto, lo era stato per 16 anno ed ancora non riuscivo a credere che quella era stata l'ultima vola su cui ci sarei stata.
Presi l'ultima valigia e mi preparai per partire, lanciando un ultima occhiata alla mia stanza.

Lo so, stareste pensando oh poverina oppure mamma mia quanta depressione o peggio ancora cercherete un' altra storia, avete ragione, partiamo dal principio... beh bastano 2 giorni prima per farsi un idea.

Ero a scuola, seduta ad uno degli ultimi banchi in una classe di disagiati mentali.
Era l'ora di italiano e quella disgraziata della professoressa di italiano era intenta a parlarci della vita di Dante Alighieri fino agli ultimi minuti.
Continuava a elogiare i suoi capolavori.
《...È per questo che quando scrisse il De vulgari Eloquentia...》
Nom ne potevo più do strae ad ascoltare, ero già stretta nel mio giubbotto nero di pelle, pronta per uscire e annandonare quella classe che aveva un bisogno urgente di una restaurazione.

Con la mano a sorreggermi il viso fissato le lancette dell'orologio al muro sperando che sotto il mio sguardo le lancette scattassero più in fretta.
Mancano ancora pochi minuti e li passai a maledire mentalmente la docente, nel suo orribile magline di lana ed i capelli castani striati di grigio racchiusi in una crocchia.
Così aveva proprio l'aria da zitella pensionata.

Viviana la mia vicina di banco si controllava il trucco con la fotocamera del telefono, mi sporsi vicino a lei per darmi un occhiata.
Tutto in regola se non fosse per gli occhi stanchi, ma i capelli ricci erano perfetti, la parte superiore di uno scuro nero che faceva ingelosire tutte e quella inferiore di rosso vivo, mio punto di forza, sulla tinta non mi batteva nessuno.

Finalmente la campanella suonò e corsi letteralmente verso casa per mangiare velocemente e correre agli allenamenti, beh che dire non avrei avuto bisogno del riscaldamento.

Raggiunsi la palestra a pochi passi da casa entrai subito nello pogliatoio e trovai le mie amiche.
《Wow Violetta in ritardo》commentò Viviaba stupita.
Allargai le braccia in segno di impotenza.
《Veda un po' lei, ero a scuola》
Lei alzò le mani in segno di resa.

Estrassi dal borsone le scarpe sa ginnastica nuove e la meraviglia divisa di color rosso scarlatto.
Mi stava benissimo e si intinava perfettamente al colore dei miei capelli.
Mi diedi una rapida controllata agli specchi della zona adibita all'igiene personale.
Era tutto a posto, specialmente gli occhi che si illuminavano all'idea di fare ciò che amavo di più al mondo.

Mi ero aggiunta alla squadra così per svago, giusto per avere un passatempo che non fosse leggere manga ed indebitarmi per acquistarli.
Avevo però svelto una mia passione nascosta, adoravo quello sport, anzi lo amavo avrei passato i pomeriggi in quella palestra.
Mi ci diressi alla svelta giusto per essere certa di prendere i palloni migliori dalla cesta.
La mattinata scolastica era stata veramente pesante, ma la pallavolo mi avrebbe dato quel senso di leggerezza in grado di sollevarmi.

Portati a termine quell'allenamento come mio solito, senza mai arrendermi e dando il massimo.
Sentivo il fuoco scorrere nelle mie vene, come se al posto del sangue il cuore pompasse il flegetonte, il fiume di fiamme degli inferi.
Alzi quell'allenamento andò anche meglio di quelli soliti perché quando mi buttavo per prendere i palloni indossavo le ginocchiere, a differenza di tutte quelle volte che mi ero dimenticata di indossarle e ciò aveva comportato la nascita di nuovi lividi ai cuali avevo avuto la premura di dare un nome.

Ad allenamento concluso ci radunammo tutte al centro del campo, dispondendoci a cerchio con l'allenatore e unendo tutte le mani per l'urlo di squadra.
《ETNA》gridammo forte, come un urlo di battaglia.
Chiudiamo poi la rete e tornammo nello spogliatoio.

Quando mi diressi verso l'uscita e lanciai un ultima occhiata non avrei mai potuto neanche solo concepire che sarebbe stata l'ultima volta in quel luogo tanto familiare.
Il campo era in pvc beige, i muri alti con le chiazze dumidità vicino ai finestroni inpolverati.

Non avrei mai detto che quello nello spogliatoio sarebbe stato il mio ultimo tik tok, con le mie compagne di squadra.

Tornai a casa avvolta nel mio giubbotto di pelle nera chiodata.
Era da neanche un anno che mi ero aggiunta alla squadra, nonostante l'inesperienza ero stata inclusa e mi avevano fatto sentire la benvenuta.
Quando attraversato dei momenti bui tutte mi erano state accanto, ero pure stata convocata a parecchia partite e l'allenatore mi rimproverava quando sbagliavo gridando che sapeva che ce l'avrei fatta e quindi dovevo insistere.
Mi avevano sempre sostenuta erano una casa, un riparo dalle tempeste della vita.

Rientrata in casa ebbi appena il tempo di poggiate il borsone in terra che mio padre mi chiamò in cucina.
Dal tono riconoscevo l'urgenza e incuriosita mi avvicinai anche se cautamente perché già solo avvicinandomi sentivo la tensione aleggiare nell'aria.

Entrai nella piccola stanza.
La mia intere famiglia era radunata attorno al tavolo, persino mia nonna e la mia sorella Elena che mi guardava con gli occhioni, come se fosse una dei suoi pupazzi.
Non trovando un posto libero restai in piedi e sfilai la giacca poggiandola sull'avambraccio che poi pregai per incrociare le braccia al petto.

《Non so come altro dirlo...》esordì mio padre con voce addolorata.
Era con le spalle curve in avanti e fissava un punti indistinto del tavolo.
Capii immediatamente che qualcosa non andava e deglutì nervosa.
《Sapete, non ho mai avuto molta fortuna》e ciò era vero.
《...mi hanno trasferito, si tratta di un posto molto lontano... davvero tanto, quindi mi hanno assicurato che avrebbe aiuti economici ed una casa tutta per noi, così da poter stare in una casa grande a sufficienza per tutta la famiglia》non stava mentendo, quando diceva falsità lo smascheravo subito, stava semplicemente addolcendo la pillola.

Avevo ormai iniziato a tremare, si trattava di una reazione involontaria.
《Dove ci strasferiamo?》chiedemmo tutti.
Sapevo che avevi dovuto salutare tutte le mie amiche, i miei amici ed i compagni di classe, ma speravo in cuor mio che magari era solo il lato opposto della città.
《Ci trasferiamo all'estero》avvisò mio padre vago.
Sentii già le gambe farsi molli, mi divetti così appoggiare al mobile della cucina, sul piano d'appoggio.
《... ci trasferiamo in Giappone》Decretò.

Mi cadde il giubbotto, che colpì il pavimento con un tonfo.
Nessuno parlò, restammo tutti zitti e sconvolti.
《T-tra... quan-quanto partiamo?》balbettai.
《Due giorni》strozzai gli occhi per non piangere, non avevo neanche il tempo per avvisare bene la gente.

Pensai di passare la sera a scrivere che sarei partita a breve e che non avrei saputo dire se è quando sarei tornata.
Invece le mie mani trovano, rendendo quell'azione impossibile.

Mi scraiai, nascondendomi sotto le lenzuola e mi misi a dormire, sprofondando in un sonno attanagliato da incubi.

E due giorni dopo come promesso fummo sui sedili di un Aereo diretto al paese del sol levante.
Ero triste, anzi devatsta per l'aver dovuto lasciare tutto e tutti... aver dovuto lasciare la mia terra, ma cercai di farmi forza e guardare i lati positivi.
Avrei potuto rifarmi una vita.

Mi rigirai il telefono tra le mani e rimasi a fissare la conver di Natsu che mi ero costruita io.
Amavo il Giappone... amavo tutto di esso, il cibo, l'arte, la cultura, le uniforme scolastiche... però in quel momento avevo bisogno di giocare a pallavolo.

Autore:
Salve a tutti miei cari lettori e benvenuti in questa nuova avventura.

una pallavolista chiamata ViolettaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora