Chapter four- Quasi pura.

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"Ti sei sentito impotente?" La voce di Elena era sempre stata capace di calmare Christian, anche nei momenti peggiori per lui, da quando era arrivato nella clinica. Forse era la dolcezza che traspariva in ogni sua parola, l'accento italiano sporcato da qualche costruzione inglese, dovuta al tempo di permanenza in America che aveva affrontato la ragazza. Tutti lo prendevano in giro, insinuando che fosse solo una cotta dovuta alla bellezza della psicologa, e di certo il ballerino non era nessuno per negare che a volte lui stesso fosse il primo a perdersi ad ammirarla, dovendo poi farle ripetere ciò di cui gli parlava. La stima che Christian aveva nei confronti di Elena però andava ben oltre la bellezza: era l'unica tra le psicologhe nella struttura che riusciva a farlo parlare e che lo capiva anche quando non lo faceva.

"Si." Chiunque in quella clinica avrebbe potuto fare un monologo lungo ore su quanto odiasse le risposte monosillabiche di Christian. Era una delle caratteristiche imprescindibili che facevano parte del ragazzo, e nessuno riusciva a liberarsene, nessuno riusciva a sostenere un discorso senza che una parte di esso fosse costituita da: "No.", "Mh.", "Ok." e altri monosillabi. Nessuno si, tutto questo però prima che arrivasse Amelia, che non aveva mai ricevuto una risposta tanto corta dal moro, perché con lei si trasformava in una persona totalmente diversa dal solito. Dopo Raimondo e la maestra Celentano, Elena era forse la sua persona preferita lì dentro, accompagnata da Serena, che aveva preso da subito un posto speciale nel suo cuore, nonostante fosse arrivata da poche settimane. Elena gli piaceva perché non era infastidita dalle sue risposte, sembrava trarre da esse tutte le conclusioni di cui necessitava, senza costringerlo a parlare.

"E perché ti sei sentito così? Let's try and get to the bottom of this." Christian adorava sentire Elena parlare in inglese, perché nonostante fosse stata tanto tempo fuori dall'Italia aveva un forte accento riconoscibilissimo. E poi al moro piaceva quella lingua, la trovava maledettamente musicale, ed era anche sempre stato bravo in inglese a scuola, prima che la lasciasse per andare nella clinica. Ormai aveva 19 anni, si era diplomato l'anno prima da privatista dopo aver studiato il necessario insieme ai professori messi a disposizione dalla struttura, e non aveva avuto occasione di iscriversi all'università o in un'accademia come aveva sempre sognato. Un po' gli faceva male l'idea che se fosse guarito prima avrebbe potuto portare al livello successivo la sua passione per la danza; poi però pensava a come non riuscisse a fare nemmeno un minimo passo di breakdance prima di chiudersi in quel luogo, a causa della stanchezza e della nausea.

Christian scosse la testa in risposta alla domanda precedentemente posta dalla psicologa, per poi abbassare lo sguardo sulle sue dita, come faceva spesso. Era stato lui stesso il primo a chiedersi perché si fosse sentito in quel modo quando Amelia non era riuscita a mangiare il giorno prima; nella clinica tante persone non riuscivano a finire i pasti completamente e aveva visto decine di ragazzi rimettere un intero pasto, senza mai sentirsi in colpa. Eppure, da quando la nuova arrivata aveva sputato quelle maledette penne al sugo, il ragazzo non aveva smesso di torturarsi la mente, cercando di capire perché quel senso di impotenza si fosse presentato davanti a lui, senza lasciarlo nemmeno dopo che l'avvenimento era accaduto.

Quel giorno però nemmeno Elena riuscì a capire quali fossero i pensieri di Christian: il moro era completamente chiuso in sé stesso e dimostrava dei segni di ansia e paranoia, con i quali si era presentato due anni prima, quando era appena arrivato e non aveva ancora fatto tutti i passi avanti che lo avevano portato a diventare la persona fantastica che poteva fieramente affermare di essere quel giorno. La psicologa sospirò, annotando le ultime cose sul suo taccuino una volta che il ragazzo fu uscito dalla stanza. Aveva rivisto in lui quella figura spaventata che aveva imparato a conoscere, e sapeva benissimo inoltre che aveva saltato la merenda quotidiana e non aveva terminato il pranzo del giorno precedente. Qualcosa stava succedendo e non prometteva nulla di buono.

Candida. |Christian StefanelliDove le storie prendono vita. Scoprilo ora