Ho sempre amato guardare il cielo di notte e immaginare cosa potessero pensare le persone mentre vedevano le stesse stelle che vedevo io. Sapevano quali fossero i loro nomi? Magari conoscevano le loro posizioni, le loro dimensioni... Oppure attribuivano loro un significato? Forse immaginavano che fossero persone della loro vita, attuale o passata, le riconoscevano nel buio della notte e riflettevano sui loro ricordi e le vicende migliori che avevano trascorso con loro. Ad oggi, ripensandoci, mi sento un tanto superficiale come persona: nel fissare qualcosa di così grande, pieno di diverse interpretazioni e valori affettivi, io pensavo solo a me stesso, a come mi sentissi io e alle mie esperienze e stati d'animo.
Mi capitava, di tanto in tanto, di pensare a cosa invece ci vedesse Christian, che per la maggior parte delle persone risultava essere un punto interrogativo, me compreso. Ne abbiamo parlato, ma non mi ha mai detto le sue idee riguardo a questo argomento, anzi in realtà è sempre stato chiuso su tutto. Per leggerlo bisognava capirlo, e in pochi ci riuscivano davvero. Una di queste persone, affiancata da Serena e Carola, era proprio Amelia. Mi spiace non aver potuto vivere a pieno la loro storia, e magari per riportarla in queste pagine non è sufficiente il racconto di persone che ne sono state più partecipi di me; mi sembrava però doveroso scrivere ciò che è accaduto, aggiungendo dettagli e pensieri che potrebbero essere stati proprio quelli dei protagonisti. Sono sicuro ci siano delle incongruenze tra le idee e gli avvenimenti, ma come potrei mai saperlo? Per la maggior parte del tempo io non c'ero.
Questa piccola intrusione che ho deciso di fare, interrompendo quello che state leggendo, serve solo un po' a scusarmi, in caso quello che ho scritto fosse lontano dalla realtà, e forse mi sto anche parando un po' il culo con le persone che sto nominando, perché avrebbero tutto il diritto di infuriarsi nel leggere di loro in una storia, scritta da qualcuno che con essa c'entra poco e nulla. Tuttavia, per quel poco tempo in cui ci sono stato, e per tutto il periodo successivo, non ho fatto altro che pensare a come superare tutto ciò che è accaduto, e sono giunto alla conclusione che tenere tutto dentro mi avrebbe fatto solo del male, quindi ecco a voi questo libro. Chi sono io? In qualche capitolo lo scoprirete, ma credo che ora sia giunto il momento di tornare nel punto in cui ci eravamo lasciati.
Carola amava danzare più di ogni altra cosa al mondo, lo aveva fatto sin da piccola e si era persino diplomata all'Opera di Parigi, ciò a cui tante ballerine aspiravano, ma che poche erano riuscite a raggiungere. Se c'era qualcosa di cui si ricordava perfettamente degli anni trascorsi nella città dell'amore, era che di amore non se ne vedeva nemmeno l'ombra. Era la competizione a regnare tra le mura dell'accademia, e sebbene Carola l'avesse subita per tanto tempo, fu proprio quella a rovinarla. La consapevolezza di essere sempre sotto esame, la paura che qualcuno di più bravo, più studioso, più magro potesse prendere il suo posto la faceva impazzire. E in preda al panico aveva deciso di ascoltare quella vocina nella sua testa, che le diceva di non mangiare se avesse voluto tenersi il suo posto, e proprio così era nato il suo disturbo alimentare.
Se c'era qualcosa che amasse più della danza? Era una domanda che in tanti le avevano fatto, a cui lei aveva sempre risposto con una negazione, perché nonostante gliel'avesse rovinata, ballare era l'unica cosa che la teneva in vita, un po' come per tutti i ballerini che aveva conosciuto nella clinica. Se però le avessero fatto quella stessa domanda in quel preciso istante, mentre guardava Christian dormire beatamente dopo aver passato una delle notti peggiori della sua vita, lei sarebbe stata combattuta sulla risposta. Sapeva di amarlo, lo aveva capito dal primo momento in cui lo aveva visto provare a fare delle pirouettes alla seconda davanti alla maestra Celentano uno dei primi giorni in cui era arrivata, ma sapeva anche di non essere ricambiata. Magari per un momento era stato anche il moro a provare quel forte sentimento per lei, ma da quando era arrivata Amelia era cambiato tutto.
Carola però non era arrabbiata, gelosa o delusa: in qualsiasi caso, aveva sempre preferito amare che essere amata, e quelle piccole attenzioni che il riccio le rivolgeva le bastavano, perché lei voleva solo che lui fosse felice. Ne aveva parlato con Luigi, il terzo giorno in cui la ragazza bassina aveva fatto il suo ingresso nella clinica, e anche lui aveva notato la evidente affinità con il ballerino di hiphop. Carola aveva sbuffato, poggiando la testa sul braccio, e Luigi l'aveva consolata, dicendole che non valeva la pena continuare ad andargli dietro se lui aveva perso la testa per un'altra. Lo aveva fatto per un po' di giorni, si era tenuta alla larga, ma era tornata da lui in punta di piedi non appena aveva notato un avvicinamento tra Alex e la nuova arrivata. Christian la aveva accolta bene, si era comportato come sempre, quindi aveva fatto finta di nulla, continuando a stare con lui, nonostante la consapevolezza che pensasse ad un'altra.
Non ne faceva una colpa ad Amelia: lei non aveva fatto nulla, e se i due erano destinati a conoscersi di certo non sarebbe stata lei a rovinare i piani del fato. Nessuno però le toglieva la possibilità di gustarsi quegli ultimi attimi insieme al moro, nessuno poteva impedirle di amarlo come aveva iniziato a fare sin da subito, nessuno poteva vietarle di provare a restargli vicino. Allora si era impuntata, impegnata a far si che a lui non mancasse nulla, che stesse bene, e comunque non ci era riuscita. Aveva fallito anche in quello, dopo aver fallito nella sua carriera da ballerina e nella sua lotta contro l'anoressia, che ogni giorno sembrava soffocarla un po' di più. Rimase ferma a guardare il petto di Christian sollevarsi e riabbassarsi, quasi a controllare che nulla stesse andando storto, pronta ad aiutarlo, pronta ad esserci. Non poteva rovinare qualcos'altro, non l'avrebbe sopportato.
Luigi proprio non capiva quale fosse il problema di Carola, perché non capisse che così non faceva altro che distruggersi, annientarsi da sola dopo aver superato tante di quelle difficoltà che nemmeno potevi contare sulle dita di una mano. Si arrabbiava, perché aveva sempre avuto le idee chiare e non era possibile che non riuscisse a comprendere i comportamenti della ballerina, ma soprattutto non capiva perché a lui importasse così tanto. Si convinse di essere troppo altruista, allora si allontanò dalla camera, dopo aver passato una decina di minuti a guardare i due ballerini avvinghiati sul letto.
Proprio non capiva.
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Candida. |Christian Stefanelli
FanfictionA catturare subito la sua attenzione fu un ragazzo alto, non troppo magro ma evidentemente sottopeso. I capelli scuri e ricci, non troppo lunghi, ricadevano sulla sua fronte e i suoi occhi sembravano essere contornati da un filo di matita nera. Il s...