Chapter six- Hai ricevuto abbastanza amore?

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Amelia non era mai stata una bambina felice: sin dalla tenera età aveva sempre avuto una tendenza ad allontanarsi dagli altri, per rifugiarsi nel suo piccolo mondo e riflettere da sola. A volte decideva liberamente di bloccare dalla sua mente tutto il resto del mondo, arrivando a non girarsi quando sua mamma la chiamava per nome, oppure a lamentarsi rumorosamente ogni volta che qualcuno rovinasse il suo ordine personale. La prima cosa a cui pensarono i suoi genitori fu che potesse essere affetta da qualche forma di autismo, ma in seguito a diverse visite di tutti i tipi non erano giunti ad alcuna conclusione. È difficile riuscire a diagnosticare ai bambini dei disturbi psicologici come la depressione, ma dopo tutto il tempo che era passato ormai la ragazza era consapevole che tutti i suoi comportamenti infantili fossero legati proprio ad essa.

In realtà dalla depressione non si guarisce in un modo vero e proprio, non è qualcosa che può scomparire da un momento all'altro con delle cure o con un'operazione, bisogna solo imparare a conviverci, imparare ad accettare le sue conseguenze e a sopportarle nel miglior modo possibile. Con il tempo Amelia aveva fatto proprio quello: aveva imparato a mettere in secondo piano quella che era per lei una croce insostenibile, ma era stato proprio in quel modo che si era sviluppato il suo disturbo alimentare, quasi a sostituire il posto della depressione nel suo cuore. Sembrava quasi che fosse impossibile per lei essere serena, che ci fosse un posto dentro di lei esclusivamente riservato al dolore e all'odio per sé stessa, e che in quel posto l'anoressia avesse trovato la casa perfetta.

Le capitava in certi periodi di vivere degli episodi depressivi, dei momenti in cui la sua mente era totalmente vuota, le mancava la motivazione anche solo per alzarsi dal letto e camminare, sentiva gli occhi pesanti e un groppo alla gola che sembrava impossibile da sciogliere. Non sopportava l'idea che qualcuno riuscisse a capire quello che le accadeva, per questo quando sentiva uno dei suoi episodi avvicinarsi faceva di tutto per sembrare il più normale possibile, a volte risultando in quello che era l'opposto dei suoi sentimenti. Fingeva di essere più interessata a ciò che succedeva attorno a lei, alle idee altrui e ai pettegolezzi a cui di solito non rivolgeva nemmeno la minima importanza, vista la grande passione con cui ripudiava tutte le voci di corridoio che si creavano all'interno di un qualsiasi gruppo sociale.

Quando sentì Serena alzarsi nel pieno della notte e fare il più piano possibile per non svegliarla era proprio in uno di quei momenti. Avrebbe voluto con tutta sé stessa ignorare la sua compagna e fare finta di dormire per poi dimenticarsi tuta la vicenda, ma decise comunque di aprire gli occhi per chiederle cosa stesse succedendo. Stava per aprire la bocca e attirare l'attenzione della riccia, ma chiuse nuovamente gli occhi quando vide una seconda figura entrare nella camera. "Sere per favore sbrigati, lo sta facendo di nuovo." Percepì all'istante la preoccupazione nella voce di Carola, accompagnata da un tremore caratteristico di chi di lì a un secondo sarebbe potuto scoppiare a piangere. In un qualsiasi altro periodo della sua vita si sarebbe alzata istantaneamente per avere il quadro completo della situazione, ma era davvero troppo stanca mentalmente per fregarsene un minimo, decise quindi di rilassare i muscoli nuovamente e provare a riaddormentarsi. "Cazzo, andiamo." Furono le ultime parole che sentì, prima di cadere tra le braccia di morfeo.

Christian si rendeva sempre conto di quando stava bene e quando invece stava per crollare di nuovo, ma la sua mente era stata totalmente occupata da pensieri esterni in quei giorni, tanto dal non rendersi conto di stare avendo una ricaduta. Fu solo quando si svegliò alle tre del mattino con una nausea allucinante che si rese conto di non aver mangiato nulla a pranzo, per poi fare una tremenda abbuffata a cena, senza avere in realtà fame. Inizialmente cercò di non dare peso a quella sensazione, aggrappandosi di più al corpo esile di Carola che si era addormentata lì la sera prima, dopo aver passato ore a parlare con il riccio. Quest'ultima percepì la presa del ragazzo stringersi e sgranò gli occhi sorpresa, quindi si girò verso di lui. I suoi occhi erano stretti e il viso esprimeva a pieno il suo dolore, con delle piccole gocce di sudore che lo contornavano.

"Chri tutto ok?" Quelle tre parole bastarono per fare alzare con uno scatto il moro, che si diresse a piena velocità verso il bagno, sbattendo la porta e svegliando il suo compagno di stanza: Alex. Fu quest'ultimo che, non appena ebbe capito la situazione, intimò a Carola di chiamare Serena e sbrigarsi a tornare, perché Christian stava rimettendo tutto il cibo che aveva ingerito a cena. La ragazza non se lo fece ripetere una seconda volta e corse a chiamare la sua amica, lasciando i due compagni di stanza da soli.  Il più grande aveva già vissuto una scena del genere con il suo amico, e Serena era stata l'unica a farlo calmare in quella situazione, non esitò quindi un momento prima di entrare nel bagno e cercare di farlo ragionare, assicurandogli che la sua migliore amica sarebbe arrivata presto.

Quando aprì la porta, Christian era chinato per terra, cercando di essere il più silenzioso possibile e di non sporcare nulla. Si potevano distinguere i conati dal rumore dei singhiozzi, il suo corpo sembrava avere dei veri e propri spasmi e non riusciva a calmarsi nemmeno un minimo. "Hey campione è tutto ok, sta arrivando Sere. Non piangere, ora passa." Alex rassicurava sempre Christian in tutti i modi in cui nessuno lo aveva rassicurato quando ne aveva bisogno, vedeva in lui il sé stesso di qualche anno prima, nonostante non fosse tanto  più grande di lui. Gli poggiò la mano sulla schiena, muovendola delicatamente formando cerchi concentrici per dargli supporto, poi lo vide annuire tra i singhiozzi e percepì il tentativo di calmarsi. "Scusa Ale, non volevo. Non volevo davvero, faccio schifo." Il più grande sentì il cuore stringersi dopo quelle parole pronunciate tra le lacrime e non poté fare nulla, se non stringere la presa sulla sua spalla e infondergli ancora più sicurezza, non prima di avergli detto che non era vero, non faceva schifo.

Una volta arrivata in camera, Serena aveva il respiro affannoso, non aveva avuto nemmeno un momento per inspirare decentemente da quando si era svegliata, troppo preoccupata per il suo migliore amico per fermarsi a pensare. Aveva corso tutto il corridoio insieme a Carola, che stava facendo del suo meglio per non crollare e aiutare nel miglior modo possibile Christian, senza farsi influenzare personalmente dalla vicenda. La bionda si fiondò nel bagno, spostando Alex e chinandosi sul corpo del suo migliore amico, sussurrandogli parole che all'orecchio degli altri due erano incomprensibile, visto il basso volume della voce con cui stava parlando. Solo allora la sarda si lasciò andare ad un pianto silenzioso, mentre Alex sbuffò per poi buttarsi pesantemente sul suo letto, coprendosi il viso con le mani.

Era successo di nuovo che uno di loro avesse una ricaduta, e questa volta era stata forse la persona da cui tutti meno se lo aspettavano. Come avevano fatto a non accorgersi che stesse andando tutto a rotoli? Come avevano fatto a non connettere i punti e capire cosa stesse accadendo? Queste domande continuarono a frullare nella testa dei tre ragazzi, anche dopo che Christian si fu ripreso. Nessuno riuscì a riaddormentarsi, anche se facevano finta di si. Carola rimase nella camera del moro, abbracciata a lui e lasciandogli qualche carezza di tanto in tanto, non perdendo mai l'attenzione in caso fosse successo qualcosa. Serena tornò in camera ma nemmeno si mise sotto le coperte, rimase in allerta per paura di doversi alzare di nuovo. Alex rimase fermo a guardare il soffitto, interrogandosi ancora sull'integrità dei suoi pensieri e rapporti, con la paura che stesse iniziando a sottovalutare i problemi altrui.
Christian rimase sveglio, lasciandosi cullare dalle carezze di Carola, beandosi della consapevolezza di non essere solo e di avere tutto ciò di cui aveva bisogno per ricevere aiuto. Tuttavia, il senso di colpa lo stava divorando e aveva un piccolo puntino in testa che nonostante tutto non lo abbandonava: quel pensiero era Amelia, e come potesse stare in quel momento.

Candida. |Christian StefanelliDove le storie prendono vita. Scoprilo ora