Sapevo che tornare alla clinica fosse una cosa rischiosa da fare, ma non appena Carola mi aveva avvisato che Christian stesse avendo dei peggioramenti, sia nella sua alimentazione che nella sua salute mentale, mi ero precipitato in quell'edificio dalle mura bianche. Raimondo mi aveva accolto con un sorriso, infondo io e il mio amico eravamo sempre stati i suoi preferiti, fino a definirci "i suoi polli personali", e mi aveva mostrato la via per una camera singola che avrei usato per quella settimana che avrei passato lì, nel tentativo di aiutare "il pollo moro".
Non so esattamente che mi stesse passando per la mente quando decisi di prendere il treno da Bari a Bergamo, senza fermarmi nemmeno per un momento a riflettere su quale fosse il rapporto tra me e il riccio al momento, dando per scontato che qualsiasi cosa successa tra di noi sarebbe stata messa da parte, per il bene comune che era la salute del ragazzo.Avrei dovuto prevedere che, trattandosi di Christian, mai sarebbe potuta andare effettivamente così la situazione: lui era la persona più rancorosa di questo mondo e, nonostante mi volesse bene con tutto il suo cuore, non poteva lasciare che tutto tornasse alla normalità senza prima farmi sudare sette camicie per farmi perdonare.
Ciò che era successo tra di noi era in realtà molto semplice: ci eravamo conosciuti in clinica ed io ero migliorato dopo pochi mesi, me ne ero tornato a Bari e per i primi tempi era andato tutto per il verso giusto. In una delle visite che feci al moro decidemmo di tatuarci la scritta "Frate.", per ricordare che ci saremmo sempre stati l'uno per l'altro. Questa certezza sembrava però man mano essere andata a perdersi, quasi come se il tatuaggio fosse sparito, perché ci eravamo allontanati e non poco. Non sempre le circostanze aiutano la causa, ma il mio di tatuaggio non si era sbiadito, sapevo che ci sarei sempre stato per Christian e che lui avrebbe sempre fatto del suo meglio per esserci per me, e sapevo anche che infondo anche lui ne fosse consapevole.Tuttavia, dopo aver sussurrato il mio nome in quella palestra, il moro si era rivolto totalmente a Carola, senza guardarmi nemmeno in faccia. La ballerina aveva il viso orientato verso il basso, gli occhi gonfi di lacrime che stava cercando in tutti i modi di non cacciare. Lo sapeva infondo che prima o poi sarebbe successo qualcosa del genere, era stata lei stessa il primo giorno di Amelia a fare un'allusione ad un eventuale flirt tra i due, ma forse aveva sperato fino infondo che fosse solo una sua convinzione, una sua paranoia. Forse sperava ancora che un piccolo pezzo del cuore di Christian amasse lei, e si sarebbe accontentata anche di un centimetro se questo significava poter stare insieme a lui, perché credeva di non meritare amore da nessuno, ma si sentiva un po' più al suo posto tra le braccia del ragazzo con cui aveva condiviso quei pochi mesi della sua permanenza lì.
"Carola...vieni di là con me?" La voce di Christian era sempre dolce quando si rivolgeva alla ballerina di danza classica, come se lei fosse un vaso di cristallo estremamente fragile, che se toccato con un minimo di forza in più si sarebbe rotto in mille pezzi. Prese ad accarezzarle dolcemente la guancia, avvicinandosi sempre di più, e lei non riuscì a trattenere le lacrime che minacciavano di rigare il suo viso da quando era entrata in quella stanza. Allora il moro provò a farle alzare il viso, per poterla guardare e rassicurarla con mille parole, che di vero non avevano poi così tanto, ma non ci riuscì. La ragazza sembrava non volerlo guardare per nessun motivo al mondo, anzi, prese ad avvolgere le braccia attorno al suo stomaco, quasi per abbracciarsi da sola, e si allontanò dal tocco del riccio sussurrando: "Parla con Mattia, o con Amelia. Noi parliamo dopo." per poi uscire dalla palestra.
Una fitta allo stomaco provocò quasi i brividi a Christian, che vedendo la castana allontanarsi non fece altro che pensare alla sua famiglia, a come loro lo avevano abbandonato, a come non volesse perdere anche Carola. Però non la seguì, un po' perché aveva paura, un po' perché era consapevole che nella palestra ci fosse un mostro nell'armadio da affrontare, e che la ballerina avrebbe aspettato anche anni per lui, mentre la situazione nella stanza in cui si trovava sembrava star crescendo sempre di più, ed era convinto che presto sarebbe esplosa. Si girò per guardare Amelia, che già aveva gli occhi rivolti verso di lui in un'espressione che emanava sconforto, forse anche senso di colpa. Christian scosse la testa quasi a rassicurarla, e lei gli regalò un sorriso sghembo prima di alzarsi e andargli incontro per abbracciarlo. Non so quanto tempo restarono così, so solo che mi sentivo davvero di troppo, e che nonostante ancora non conoscessi tutta la storia, sentivo che ci fosse un legame particolare tra quei due ragazzi che si capivano solo con uno sguardo. Una volta che si furono staccati, Amelia lasciò un piccolo bacio sulla guancia del mio amico, per poi girarsi verso di me e sorridermi lievemente, superandomi e uscendo dalla stanza.
Rimanemmo soli, dopo non so quanto tempo, i due polli di nuovo insieme, eppure sentivo una sensazione di oppressione sul petto che mai avevo sentito in presenza di Christian, con cui invece avevo sempre provato un senso di protezione e fratellanza che mi aveva aiutato per tutto il mio percorso all'interno della clinica. Non sto quanto tempo restammo in silenzio, in piedi, ad ignorarci. Forse secondi, forse minuti, magari anche ore, ma ricordo perfettamente che il moro non era in grado di guardarmi negli occhi. Mordicchiava le pellicine sulle dita, giocava con le unghie, si toglieva e rimetteva l'anello che aveva attorno all'indice destro, estremamente vicino al tatuaggio, senza però mai guardare esso o me, che ero davanti a lui. Per qualsiasi altra persone sarebbe stato normale vedere un ragazzo così, in imbarazzo davanti a una persona che non vede da tanto, ma io sapevo che non fosse quello il sentimento a dettare le azioni di Christian in quel momento, ma che fosse in realtà l'ansia che pensavo si fosse lasciato alle spalle il primo mese nella clinica. Mi sembrava di vedere il fantasma di quello che una volta era il mio migliore amico, un fantasma che aveva assunto le sue sembianze e che stava prosciugando il suo corpo da ogni progresso che avesse fatto in tutto quel tempo nella struttura.
"Che ti è successo frate?"
Questa frase bastò per tagliare tutta quella tensione che anche i muri potevano percepire, e il mio amico esplose. Si accasciò su di me, cominciando a piangere e singhiozzare rumorosamente, e io lo presi e lo avvicinai a me. Perché anche quando tutto sembrava diverso, io per Christian c'ero. E in quel periodo orrendo che stava passando, ero pronto a stargli vicino. Ero pronto a prendere tutti i piccoli pugni che stava lasciando sul mio petto in quello sfogo che stava avendo, ero pronto ad accarezzargli i capelli quando sembrava che il respiro stesse cominciando a mancargli, ero pronto a sentirgli ripetere mille volte che voleva morire ed ero pronto a dirgli che lo sapevo, che aveva tutto il diritto di sentirsi così, che anche io al suo posto sarei voluto morire, ma che non doveva nemmeno per un secondo pensare all'eventualità che ciò accadesse davvero. Restammo così, con lui a piangere nelle mie braccia, per credo almeno un'ora. Nel frattempo ci eravamo accasciati per terra, e finalmente iniziavo a sentire il suo respiro regolarizzarsi almeno il minimo che serve per parlare."Dove eri Matti? Avevo bisogno di te."
Se l'inferno esisteva, lo avevo appena trovato. Perché sentire quelle parole mi fece più male di mille frecce scoccate dritte nel cuore, e i sensi di colpa si dilagavano per tutto il mio corpo mentre pensavo a come sarebbero andate le cose se non fossi scomparso del tutto, come era successo. Dove ero? Essenzialmente non ero da nessuna parte, stavo semplicemente studiando per la maturità, andavo a danza, uscivo con gli amici. Mi ero allontanato con la speranza che meno pensassi a questo posto, meglio sarei stato. E quindi avevo smesso di parlare gradualmente con tutti, limitandomi ai "come stai?" chiesti per caso e alle storie degli amici stretti di instagram. Era stato proprio grazie a una storia se ero riuscito a scoprire come stesse Christian, dato che lo avevo visto sdraiato su Carola mentre guardavano un film. Sembrava stare così bene, eppure non appena l'avevo visualizzata e avevo lasciato like, la ragazza mi aveva scritto disperata, chiedendomi aiuto perché il mio migliore amico non stava bene.Era il mio migliore amico, ed io ero stato così egoista dall'allontanarmi completamente da lui solo perché così sarei stato meglio io. Non avevo pensato nemmeno per un secondo a cosa avrebbe potuto provare lui, dando per scontato che presto mi avrebbe dimenticato. Come diavolo doveva fare a dimenticarmi? Avevamo un tatuaggio insieme, il nostro era un legame che andava ben oltre l'amicizia: eravamo fratelli, gemelli, la stessa persona. Eravamo passati dal vivere in simbiosi ed essere presi in giro da Dario, all'essere due sconosciuti e Dario con Christian non ci parlava nemmeno più. A vederlo così debole tra le mie braccia quasi mi sembrava di non conoscerlo più: era sempre stato lui a darmi forza nei momenti di difficoltà, e sapevo avesse dei problemi che andavano oltre tutto ciò che passavo io e tutti gli altri, ma mai mi sarei aspettato un giorno di finire così.
"Non c'ero quando avevi bisogno di me, è vero, ma adesso ci sono. Ci sono Chri, e ti aiuterò, fosse l'ultima cosa che faccio. Non devi stare così, non lo meriti. E forse ora pensi di meritarlo, ma so che anche tu sei consapevole del fatto che nessuno merita tutto questo, specialmente tu. Ora ci sono, e non me ne vado."
Gli dissi allora, e giurai di aver sentito il suo corpo rilassarsi in quel momento.
Non era solo, non lo sarebbe mai stato, e lo avrei aiutato a scacciare via quel fantasma, quel mostro, che aveva preso possesso di lui, richiudendolo nell'armadio per poi bruciarlo insieme a quei momenti orrendi in cui pensava di non avermi più.
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Candida. |Christian Stefanelli
FanfictionA catturare subito la sua attenzione fu un ragazzo alto, non troppo magro ma evidentemente sottopeso. I capelli scuri e ricci, non troppo lunghi, ricadevano sulla sua fronte e i suoi occhi sembravano essere contornati da un filo di matita nera. Il s...