Il giorno prima ci eravamo trovati di fronte alla nuova casa, e guardandola da fuori, non sembrava poi così male. C'era un semplice vialetto che portava a una grande casa, dipinta di bianco. Varcata la soglia, ci si ritrovava in un piccolo ingresso, dove un breve corridoio portava a una grande stanza, che sarebbe dovuta essere il salotto. Le pareti erano dipinte di un rosso non troppo chiaro, molto particolare, e sulla parete destra era posizionata una enorme finestra, coperta da delle tende, mentre un camino di media grandezza era posizionato sulla parete centrale della stanza. Era molto spazioso! Dalla porta che dava sulla sinistra della stanza, si poteva entrare nella cucina. Una stanza abbastanza grande, e molto luminosa, grazie alla grande finestra posizionata sulla parete sinistra. Sulla parte destra del salotto era posizionato un grazioso arco a volta, dal quale si poteva accedere a una grande scalinata in legno, che portava al piano superiore. Alla fine della scalinata ci si trovava in un lungo corridoio, abbastanza largo. La prima porta sulla destra c'era quella che avevo scelto come la mia camera. Era abbastanza spaziosa, con i muri dipinti di un leggero azzurro cielo, e una grande finestra dalla quale filtrava un sacco di luce naturale, posizionata sulla parte destra della stanza. La prima porta sulla sinistra del corridoio era la stanza di Max. Una stanza spaziosa quanto la mia, con le pareti dipinte di un grigio chiaro, ma con un'illuminazione naturale meno potente, poiché la finestra era posizionata sulla parte sinistra della stanza, zona in cui il sole batteva molto meno. La seconda porta sulla destra del corridoio era il bagno. Dalle dimensioni medie, con i muri ricoperti di piastrelle dal colore bianco perla, ma senza nemmeno l'ombra di una finestra, poiché sul soffitto era posizionato un ampio lucernario, che inondava la stanza di luce naturale. La seconda e ultima porta, sulla sinistra del corridoio, era la stanza dei nostri genitori. Una stanza molto ampia, con una grande finestra posizionata sulla parete centrale della stanza, e i muri dipinti di bianco. Una bella casa, dovevo ammetterlo. Per il momento sembrava vuota, dato che i mobili erano ancora in viaggio per arrivare qui, ma una volta riempita, sarebbe stata perfetta. Ora sono qui, bella tranquilla che me la dormo, dato che oggi è domenica e posso dormire fino a tardi. Sto sognando lamia amata Sidney, quando all'improvviso, un forte rumore simile a un grande tonfo, mi fa sussultare nel sonno. Mi siedo sul letto guardandomi attorno, notando che in realtà non sembra esserci nulla di diverso. Butto una veloce occhiata al mio cellulare, notando che sono solo le 9:00am. Sbuffando e roteando gli occhi al cielo, mi rimetto nella posizione precedente cercando di riaddormentarmi. Ma il mio tentativo dura ben poco, dato che i numerosi rumori che continuano a susseguirsi, mi fanno capire che la ditta di traslochi deve essere arrivata. Posso sentire il rumore degli scatoloni che vengono poggiati sul pavimento, e il trascinamento di alcuni mobili, con molta probabilità i più grandi, che vengono spostati qua e là. Un insistente bussare, rovina ancora di più il mio già fallito tentativo di riposare. Infilo la testa sotto il cuscino, cercando di ignorare il disturbatore che si trova al di fuori della mia camera, ma questo non sembra volersi arrendere con così tanta facilità. Il bussare continua per ancora qualche minuto, ma non ricevendo nessuna risposta, Max prova ad aprire la porta che per sua sfortuna, è chiusa. Prevedendo che sarebbe venuto a disturbarmi, ieri sera prima di andare a dormire, mi sono ben guardata dal chiudere la porta a chiave. Avendo terminato tutte le possibilità, a Max non resta che l'uso della parola.
<< Ivy! Potresti aprire la porta per favore? Ho qualcosa con me che potrebbe interessarti. >>
Non ci casco! Quando vivevamo a Sidney, di solito usava questa stessa tecnica per farsi aprire la porta. Il problema era che una volta aperta, non aveva nulla che mi interessasse con sé. Spesso lo faceva solo per infastidirmi. Anche se nell'ultimo anno il motivo per cui lo faceva spesso, era che non voleva che io mi isolassi troppo. Mi sarei chiusa in me stessa, e questo lui si rifiutava di permetterlo.
<< Max, piantala! Lo so che non hai niente con te. Scordati che io ti apra la porta. >>
La risposta che lui mi rivolge però, sembra una musica celestiale perle orecchie.
<< Insieme alla ditta di trasporti sono arrivate anche le chitarre, e qui in mano ho proprio la tua. >>
Al solo sentire la parola "chitarra" scatto in piedi ancora mezza addormentata, ma non avendo calcolato le scarpe posate al lato del letto, non posso evitare la tragica collisione col pavimento. Una smorfia di dolore appare sul mio viso, accompagnata dalla classica esclamazione che spiega tutto.
<< Ahia! Che male! >>
Nel sentire questa mia espressione, Max non perde tempo a farsi sentire. E' così che partono le indagini.
<< Ivy! Che succede? Va tutto bene? >>
Vorrei urlare per il dolore in questo momento, e per evitare che questo accada, mi mordo con forza il labbro inferiore. So com'è fatto mio fratello! Si preoccupa troppo per me, e sarebbe capace di scardinare la porta pur di assicurarsi che io stia bene. E dato che voglio che la mia porta rimanga lì dov'è, opto per una piccola e innocente bugia, a fin di bene.
<< Si, tutto bene. Mi sto vestendo! Dammi un minuto. >>
Per niente convinto delle mie parole, ritorna alla carica col suo interrogatorio alla Sherlock Holmes.
<< Sei sicura? >>
Lo sapevo. Beccata! Dannazione! Sa che sto mentendo. Lo capisce benissimo, anche se si trova dall'altra parte della porta e lui non può vedermi. Ecco la tragedia di avere un gemello, ti conosce come se stesso.
<< Si Max. Sono sicura. >>
Resta in silenzio per pochi istanti ma come ho già detto, io so che lui sa, che sto mentendo. E troppo furbo per abboccare, e questo lo fa tornare all'attacco.
<< Ivy, io però non sento nessun rumore. Se ti stessi vestendo, si dovrebbe in qualche modo notare.>>
Vorrei urlare di farsi i maledetti affaracci suoi, perché a volte riesce ad essere davvero esasperante. Ma so che si preoccupa per me e che vuole solo proteggermi, e anche se a volte vorrei ucciderlo, so che non potrei vivere senza la sua presenza nella mia vita.
<< Oh, Max! Ho detto che sto bene! Ora ti apro. >>
Se non mi muovo ad aprirgli, di questo passo, finirò davvero per ritrovarmi senza porta. Mi alzo dal pavimento e con calma mi dirigo verso di essa, per poi aprirla e sorridere alla vista di ciò che mi trovo di fronte. Mi si illuminano gli occhi, alla vista di Max con la mia chitarra in mano. Max mi porge la chitarra, ed io la afferro con entusiasmo portandomela al petto.
<< La mia chitarra! >>
Il mio gemello mi guarda sorridendo, poi spalanca le braccia porgendomi il suo quesito.
<< Hey! Non me lo merito anche io un abbraccio? Ti ho pur sempre riportato la chitarra. Questo non vale la tua attenzione? >>
Mi sembra giusto! Poso la chitarra accanto alla porta, per poi rifugiarmi nell'abbraccio di Max. Dopo avergli lasciato un dolce bacio sulla guancia, lui ne lascia uno a me sulla fronte, comunicandomi il suo buongiorno che io ricambio più che volentieri. Dopo pochi istanti ci stacchiamo con calma dal nostro abbraccio, e Max mi lancia una delle sue frecciatine, esibendo il suo ghigno più perfetto.
<< Sei proprio sicura che ti stavi vestendo? Non c'è per caso qualche ragazzo in camera tua? Non devo uccidere nessuno, vero? Io spero di no. >>
Gli sferro un pugno sul braccio, anche se assomiglia più a una carezza per lui.
<< E piantala scemo! >>
Il sorrisetto sulla sua faccia non accenna a diminuire, ma lui alza le mani in segno di resa continuando a parlare.
<< Okay okay, come non detto. Che dici, scendiamo a vedere se mamma e papà hanno bisogno d'aiuto? >>
Perché no, almeno avremo qualcosa da fare.
<< Certo! >>
Dopo aver messo a posto la chitarra in camera, posizionandola sul letto, ci dirigiamo verso le scale per scendere. A circa metà della scalinata, mi ricordo di non avergli ancora chiesto una cosa.
<< E la tua di chitarra, dov'è? >>
Mi rivolge una veloce occhiata per poi rispondermi in tutta tranquillità.
<< Dove vuoi che sia? In camera mia, no? >>
Mi sembra più che logico. Arrivati di sotto, troviamo mamma e papà alle prese con la sistemazione dei mobili, o meglio, il loro riposizionamento dato che ha quasi fatto tutto la ditta di traslochi. Do il buongiorno ai miei genitori che viene ricambiato con affetto, e in seguito mi avvicino ai miei, lasciando a entrambi un bacio sulla guancia. Come avevo in precedenza immaginato, Max era già sveglio, e per questo motivo i mobili della sua camera sono già tutti al loro posto. Ora che sono in piedi anche io, andranno al loro posto anche i miei. Dopo che la ditta di traslochi ha finito di trasportare e sistemare i mobili all'interno della camera, è ufficiale, il loro lavoro è concluso. Max si sente in dovere di offrire ancora il nostro aiuto a mamma e papà, così non può fare a meno di comunicarlo in tutta onestà.
<< Possiamo fare qualcosa per aiutare? >>
A rispondere alla domanda in modo tranquillo, è la mamma.
<< No, grazie ragazzi. Sarà sufficiente che sistemiate il contenuto degli scatoloni nelle rispettive camere. >>
Io e Max ci limitiamo ad annuire, mettendoci subito a lavoro. Recuperiamo gli scatoloni, e in seguito ci dirigiamo ognuno verso la rispettiva camera. Inizio a disfare gli scatoloni, mettendo in ordine tutto ciò che mi capita di trovare al loro interno, dai libri, agli oggetti, alle fotografie. Tra le tante ne trovo una speciale in cui ci siamo tutti e quattro. Mi perdo a osservarla. Io e Max siamo seduti sul tappeto della stanza della musica, come la chiamavamo noi, le chitarre appoggiate ai nostri lati. Beth e Alex sono seduti sulla panca del pianoforte, accanto a noi. In lontananza sullo sfondo, nella parte destra della stanza, si può chiaramente notare la batteria. Stavamo ridendo per qualcosa che ora non ricordo più. Questa foto è una delle mie preferite! La posiziono sul comodino, sarà quello il suo posto. Mi siedo sul bordo del letto e resto ad ammirare questa foto, rendendomi conto che poco più di un anno fa, ciò che c'è al suo interno, sarebbe stato ancora possibile. A realizzare che ormai siamo solo in due, e che è così che sarà d'ora in poi, mi si riempiono gli occhi di lacrime. Max sarà di sicuro fermo sulla soglia della porta, e mi starà guardando malinconico. Non posso vederlo, ma so che è così. Sento la sua presenza. Attende pochi istanti prima di entrare nella camera in silenzio, e sedersi accanto a me sul letto, restando anche lui a osservare con insistenza la medesima foto, per cui con molta probabilità anche lui sente quel fastidiosissimo nodo in gola, che non accenna a voler andare via. Attende ancora qualche attimo, dopo il quale mi avvolge un braccio intorno alle spalle, tirando un po'più dalla sua parte, e permettendomi così di appoggiarmi a lui. Senza rendermene conto, dalla mia bocca esce una frase che da parecchio tempo volevo pronunciare, ma spesso dirlo ad alta voce fa più male. Rende tutto più reale.
<< Mi mancano. >>
Max mi lascia un bacio sulla tempia e dopo si appresta a rispondermi.
<< Mancano anche a me. Andrà bene scricciolo, vedrai che ce la faremo.>>
Mi limito ad annuire, anche se non ne sono poi così convinta. A interrompere il nostro momento cuore a cuore è la voce della mamma, che ci richiama dal fondo delle scale.
<< Ragazzi! A tavola! >>
Io e Max guardiamo l'ora, accorgendoci che in effetti è davvero tardi. Accidenti! E già ora di pranzo? Max si alza dal letto, girandosi con la schiena rivolta verso di me, e piegandosi leggermente sulle ginocchia.
<< Salta su! Ti porto giù io. >>
So cosa sta facendo. Sente il bisogno di tararmi su di morale in questo momento, così senza obbiettare, lo accontento. Mi alzo dal letto anch'io e con un balzo mi aggrappo alle sue spalle, mentre lui mi tiene per il retro delle cosce con estrema facilità. In seguito però non sono molto convinta della cosa, e i dubbi mi assalgono.
<< Max, sei sicuro di farcela? Non sono troppo pesante per portarmi giù così? >>
Sembra sconvolto da questa mia domanda.
<< Stai scherzando, vero? Ma se sei così leggera. Anzi, a parere mio dovresti mangiare qualcosina in più. Forse sei troppo magra sorellina. E in ogni caso anche se fosse il contrario, non sono un pappa molle. La palestra mi serve anche a questo. >>
Ci risiamo con la storia che sono troppo magra. Cosa non vera ovviamente! Sono magra, ma rientro nella norma. Evito di rispondere a questa sua provocazione roteando gli occhi al cielo. Dopo avermi rivolto un occhiolino sfacciato, si dirige a passo di carica verso il piano inferiore. Arrivati in cucina, Max mi fa scendere e ci accomodiamo a tavola, dando inizio al pranzo. A un tratto a papà sembra venire una brillante idea.
<< Stavamo pensando che, potreste uscire un po' dopo. Visitare un po' il quartiere, ed esplorare un po' le strade della grande mela. Fare un po' i turisti insomma! Domani inizia la scuola, quindi perché non approfittarne? >>
Io e mio fratello ci scambiamo un'occhiata d'intesa, e a rispondere è proprio Max.
<< Non è una cattiva idea. Per me va bene! Ivy? >>
Tre paia di occhi si puntano su di me, nell'attesa che io mi decida a dare una risposta.
<< Ehm, certo. Perché no? Sarà divertente infondo. >>
Finiamo di mangiare andando subito dopo a cambiarci, optiamo entrambi per un look sportivo. Se avevo capito bene, ci attendeva una bella sfacchinata. Meglio stare comodi! Usciamo di casa all'incirca alle 14:00pm, comportandoci da perfetti turisti. Esploriamo il quartiere e visitiamo un sacco di posti, terminando con Central Park. Alla sua vista, non riesco a trattenermi.
<< Wow! Penso che questo sarà il mio posto preferito, qui a New York. Ci verrò spesso. >>
Anche mio fratello la pensa come me.
<< Confermo! Potremmo venire a correre ogni tanto. Sarebbe il luogo perfetto! >>
Non è per niente male come idea. Mi limito a sollevare il pollice in segno affermativo, senza rispondere a parole. Non ce ne bisogno, tra me e lui a volte le parole non servono. Camminiamo avanti e indietro per un po' esplorando tutto il parco, sedendoci in seguito su una panchina, a perdere una buona mezz'ora parlando del più e del meno. Le ore sono passate in fretta, sono già le otto, e domani inizia la scuola. E' ora di tornare a casa! Ci mettiamo un po' a tornare indietro, e quando infine siamo giunti a destinazione, non so Max, ma io sono davvero esausta. La cena è già in tavola, ma io sono così stanca da non avere fame. I miei non approvano la decisione appena presa e mi guardano con preoccupazione. Ma per una buona volta, Max viene in mio soccorso, spiegando loro che la lunga gita mi ha distrutta. Lui si ferma giù a cenare, mentre io do la buonanotte a tutti accompagnata da un bacio sulla guancia ciascuno, e in seguito mi appresto a salire in camera. Preparo lo zaino per domani, anche se non so esattamente cosa metterci. Vorrei preparare anche i vestiti, ma sono troppo stanca. Ci penserò domattina. Dopo aver recuperato una tuta e una maglietta a caso, così alla cieca, mi spoglio dei vestiti che ho addosso. Mi infilo sotto le coperte, e non passano nemmeno cinque minuti, che il buio mi ha già accolto.

STAI LEGGENDO
Innamorarsi a New York
RomanceEveline ha 18 anni, e la sua famiglia vive in Australia. La famiglia Withman decide di trasferirsi in america, dopo poco più di un anno dalla perdita dei due figli maggiori: Alex e Elisabeth. Ma Eveline e il suo gemello Max, non sono esattamente al...