capitolo tre.

18 10 5
                                    

Jonah non era assolutamente il tipo da carezze e parole gentili, se ti voleva andava dritto al punto senza alcuna esitazione. Ma non voleva stuprare Anneka, non era quello il modo in cui gli piaceva avere le ragazze, voleva che anche loro lo volessero, per quanto strano possa essere per uno come lui, dava una certa importanza al consenso. Forse perché all'età di soli undici anni aveva scoperto che, la sua mamma, da giovane era stata violentata da un gruppo di ragazzi. Non fu lei a dirglielo, non avrebbe mai potuto parlarne a Jonah ad un'età così giovane, il bambino lo aveva scoperto origliando una conversazione che, la madre stava avendo con una delle sue amiche in salotto.

Il moro aveva avuto un'infanzia considerevolmente normale, i suoi genitori gli davano le giuste attenzioni e non gli era mai mancato nulla, se non fosse che le loro attenzioni erano per lo più riempirlo di regali, che non colmavano di certo il vuoto affettivo che il ragazzo aveva. Si era sempre sentito un po' diverso dagli altri, aveva interessi differenti ed era sempre stato molto freddo e distaccato con chiunque provasse ad avvicinarsi a lui. Non amava le persone, e neanche gli animali, fin da bambino si era dilettato nella ricerca di diversi metodi di uccisione di questi ultimi. Gli piaceva vedere cosa li avrebbe portati alla morte, e quanto avrebbero resistito prima di esalare il loro ultimo respiro.

Ritornando ad Anneka lei stava dalla parte opposta del letto, quasi sarebbe potuta cadere per quanto stava sul lato del materasso. Non voleva stare vicino a Jonah, quel ragazzo le metteva i brividi. Lui invece, non capiva come lei non gli fosse ancora saltata addosso, era abituato ad avere qualsiasi ragazza volesse ma lei non sembrava affatto interessata. Questo lo metteva in crisi, perché lui era molto più che interessato a lei, la trovava bellissima e gli sarebbe piaciuto sentirla mentre gridava il suo nome di piacere. Ma nonostante questi pensieri poco casti, riusciva a mantenere la sua classica freddezza. Se Anneka non lo avrebbe voluto ora, lo avrebbe voluto più avanti, ne era certo.

« Avanti, andiamo.» Disse il moro scendendo dal letto e slegando i polsi e le caviglie della ragazza, « non osare provare a scappare.» aggiunse serio guardandola mentre la prendeva per il polso, « se fai anche solo un passo falso non esiterò ad ucciderti» finì poi, senza alcun rimorso per le sue parole. La corvina deglutì e lo guardò senza dire una parola, si limitò semplicemente a seguirlo. Pochi secondi dopo, si morse il labbro per il dolore che la stretta di Jonah le stava causando al suo polso.

Salirono in macchina e Anneka si chiese dove il ragazzo avesse intenzione di andare, e soprattutto si rese anche conto, che non sapeva ancora il suo nome, così, si fece coraggio e lo guardò titubante. « Come ti chiami? » chiese in modo flebile la ragazza, lui la guardò quasi confuso ma la sua espressione facciale tornò immediatamente impassibile. « Jonah.» le rispose mettendo in moto l'auto, « cos'è? ora sai parlare?» continuò lui ridacchiando mentre guidava. Lei tirò su col naso e accennò un piccolo sorriso per non innervosire il ragazzo. « Scusa, non parlo molto.» spiegò la corvina in tono calmo, cercando di non scoppiare a piangere. « Lo avevo notato.» sospirò Jonah, dandole una piccola occhiata.

a little piece of heaven. Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora