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"Scusami per averti offeso l'altro giorno." ho mormorato.

La caffetteria è meno affollata a quest'orario. è solo capitato che io non avessi sonno e lui stesse leggendo un libro - che non l'ho mai visto leggere - seduto ad un tavolo della suddetta caffetteria. Volevo solo prendere una tazza di latte caldo come mia abitudine e ho visto la sua figura chinata sul tavolo con gli occhi fissi tra righe piene di parole. Era solito proclamare a gran voce quanto la lettura sia noiosa e proprio non facesse a caso suo, ora non so come spiegarmi questo quadretto.

Le parole sono venute spontanee dopo uno scambio di sguardi tanto fugace, che non ho nemmeno sentito quella famigliare sensazione di euforia che solitamente mi tocca.

"Non sono offeso. Ti ho solo detto che non volevo continuare a parlare proprio di quello." ha risposto pacatamente.

Mi sono sollevata, sperando in me che sia sincero. Ho digrignato i denti e i miei piedi hanno dondolato, incerta se avvicinarmi e sedermi con lui, se dire qualcos'altro, o se andare per la mia strada. Le mani sono intrinseche tra loro, esprimono il mio nervosismo e gli occhi rimangono sulla sua ombra.

Nessuna conversazione dura molto. Non mi piace davvero, ma a questa fredda ora del mattino e la mia gamba decisamente migliorata, quasi ho pensato che sarebbe stato il momento perfetto per intrattenere un sano dialogo, ma su quale argomento se sembra che ogni argomento lo irriti?

"Hai bisogno di qualcosa?" ha chiesto sentendosi ancora fissato da me.

"Stavo cercando di ricordare quando abbiamo intrattenuto un dialogo degno di essere definito conversazione." ho risposto freddamente allontanandomi a prendere del latte caldo.

"Sono silenzioso." ha ribattuto.

E allora perché dentro di me fai così tanto rumore, avrei voluto chiedergli, perché nella mia mente sei sempre quell'enorme frastuono e sordo suono che ogni giorno rischia di farmi completamente perdere la testa. Perché nella mia mente sei il boato d'un vulcano che mi rende quasi inabile di sentire qualsiasi altro pensiero.

Ho scosso la testa violentemente, tappandomi le tempie con i palmi delle mani. Ho buttato fuori tutte quelle nuvolette che mi annebbiano la mente e che riguardano Jackson. Non voglio pensare a lui fuori dagli schemi che ho disegnato personalmente. Gli occhi pulsano di lacrime che non escono, lacrime che grondano tra i miei organi in silenzio. Lacrime che potrei chiamare per nome, del tutto immotivate tra le altre cose. Sollevo il capo all'insù e rispedisco ogni reazione sconosciuta - le lacrime in questo caso, un potenziale pianto - indietro, per grondare nuovamente nel mio corpo cavo.

Orgoglio, pretesa dalla mia persona, di non piangere. Due anni che non verso lacrime e adesso mi sento improvvisamente debole per questa persona. Questo ragazzo incomprensibile. I suoi tratti facciali sono come le rune celtiche: i tratti scavati nella roccia provati dagli anni di confinamento; i connotati perennemente stanchi; una bocca che non smette di arrendersi davanti a giorni vuoti, pieni di pensieri più grandi di lui; un cuore che batte invano, dal suo punto di vista. Mi trasmette voglia di prenderlo e di ricordargli che forse, nella nostra gioventù sconquassata, c'è ancora una piccola speranza.

Non vuole vivere per sé stesso e non ha nemmeno qualcuno o qualcosa per cui vivere. Gli hanno portato via ogni cosa che gli era caro, e ne aveva tante di cose a lui care - informazione che non mi sarebbe data sapere. C'erano persone, c'erano situazioni povere che lo costringevano a non arrendersi in questa vita. Non ne conosco nemmeno una, forse due persone a cui sorrideva sempre con garbo e con desiderio di trasmettere loro una serenità che non era neanche sua. Ed io lo vedevo sempre, glielo leggevo in faccia, che in ogni sorriso, urlava un desiderio di fare sorridere gli altri anche per lui.

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⏰ Ultimo aggiornamento: Mar 19, 2022 ⏰

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