Assenza

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Sento la porta aprirsi e mi barrico sotto la coperta della nonna. Accarezzo Alfred mentre fingo di non esistere evitando di rispondere al saluto della nonna e di Sebastian.

Non so dove quel ragazzo trovi il tempo di aiutare gli anziani con tutto quello che fa. La nonna mi parla continuamente di lui, di come abbia finito l'università e sia tornato a casa per passare più tempo possibile con la sua famiglia appena torna a casa dal lavoro. So anche dei suoi impegni da volontario, anche se non mi sono mai impegnata a ricordare in che campo, e immagino abbia anche una ragazza, se non moglie a questo punto, che lo aspetta di tanto in tanto.

Mia nonna probabilmente lo fa per tirarmi fuori dal guscio in cui mi sono rinchiusa, ma sinceramente ascoltare i traguardi di un'altra persona non mi fa sentire meno inadatta. Perlomeno io funziono così.

La porta della cucina si chiude e sento le voci sommesse che si scambiano frasi di circostanza. Odio le frasi di circostanza. Odio non capire se Sebastian sia qui per orgoglio personale o se il suo buon cuore lo guidi a fare beneficenza gratuitamente. Cosa cambierebbe? A me niente, ma il mio cervello si interroga su argomenti inutili. Mi sembrava di averlo già chiarito.

So già che la nonna non mi chiederà di raggiungerli a tavola perché sa che non risponderei. Aspetto ancora qualche minuto e, quando sento il tintinnio delle pentole, mi appresto ad andare in camera. Mi sento ad Hogwarts con il mio mantello da maga e la mia bacchetta magica, ovvero la mia coperta che si trascina per terra e il mio peluche fidato.

Che ricordi... Questo mi riporta a quando ancora leggevo mille libri, affamata di avventure, amori, battaglie.
Un amaro sorriso si fa largo su quel volto spento e olivastro che mi guarda dallo specchio.

- Che hai da guardare? - lo minaccio distogliendo lo sguardo e lasciandomi cadere sul letto. Il soffitto sembra così interessante. Chissà se sono l'unica a pensarlo...

- Sta' zitto - intimo allo stomaco che brontola - mangeremo domani - gli dico, come tutti i giorni, e mi concentro sui rumori.
Una risata giunge dalla cucina. Ci pensasse lui a far ridere la nonna, che io non sono in grado. Già far ridere me stessa è un'impresa. Piuttosto, rido di me stessa.

Grazie a lui e a Nicole, la nonna può comportarsi da tale. Io non posso definirmi una nipote, sono a malapena un essere umano, ma loro hanno all'incirca la mia età e sono ragazzi modello. Quelli di cui ogni famiglia parla alle cene, con grandi risultati e aspettative sulle spalle. Non li invidio per niente. Che vita difficile deve essere la loro.

Ogni tanto mi fermo a pensare a tutti coloro che vorrebbero avere successo, ma non ci pensano alle conseguenze? Ansia costante, doveri, compiti da portare a termine, decisioni da prendere, calcoli da fare e tutto ciò con milioni di occhi puntati addosso.

No, decisamente non invidio quel santo di Sebastian e la sua controparte femminile.

Nicole è all'ultimo anno di superiori. Ha una media impeccabile e vorrebbe diventare un'astronauta. Non dubito che ci riuscirà. Nel tempo libero fa ripetizioni, lavora qua e là nel week-end e saltuariamente aiuta la nonna a sistemare il giardino.
Come fa a studiare non lo so, ma i conti tornano e sono contenta per lei. Nel frattempo, alzo un braccio verso il soffitto. Alzo il lato destro della bocca notando che il mio braccio esile è ancora in grado di reggere l'aria e noto che è ora di tagliarmi le unghie.

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