Voci

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Oggi piove. Tanti amano la pioggia perché li rilassa, perchè piange con loro, perchè rinvigorisce i prati e abbevera i fiumi. Perchè sì, sto parlando di quella pioggerella leggera che tintinna sulla finestra e che fa fantasticare grandi e piccini su immaginarie gare tra gocce sui vetri. Non si tratta di quell'acqua che infuriata si arma di vento, tuoni e fulmini per abbattere alberi, case e sicurezze. Lei è la pioggia amica che ti fa compagnia quando hai l'umore a terra e sembra che il sole non ti comprenda a pieno. Lei ti prende per mano e ti fa dimenticare di paure, preoccupazioni, messe in piega o abiti bagnati.

Per questo, in questo spoglio settembre, sono uscita per la prima volta dopo un'estate splendente. Solo per lei. Per lei e per sentire l'erba umida solleticarmi le piante dei piedi, per accarezzare le gocce e lasciarmi accarezzare a mia volta. Per respirare quell'aria fresca, umida, non calda come quella del camino o del vento estivo.

Riapro gli occhi per guardarmi intorno con un'aria serena che non avevo da tempo immemore. Alfred gocciola e mi guarda con occhi assenti. La sua criniera di tessuto profuma di lacrime celesti tanto che stringendolo al petto riversa qualche goccia di troppo. Quel sorriso vitreo da felino scava nei ricordi più lontani e per impedirlo, in un impeto di rabbia, lo scaglio lontano.

Mi accovaccio e mi tappo le orecchie sperando di evitare le voci che rievoca, invano.

"Lysa, giochiamo?"

"Lysa, vieni qui, dai! Ormai è pronto il pranzo, tagliatelle come piace a te"

"Hai fatto i compiti, tesoro?"

"Amore, non piangere... si risolverà"

"Adesso basta! Lysa, io-"


Un picchiettio sulla spalla interrompe quel flusso incontrollato e fa aprire di scatto i miei occhi.

"Credo che questo sia tuo"

Una mano affusolata e abbronzata in ricordo dell'estate trascorsa mi porge il mio leoncino sporco di terra ancora gocciolante. I miei occhi scattano sul proprietario della mano mentre rimango immobile, con il cuore in gola e il respiro mozzato.

L'acqua percorre l'elmetto di Sebastian con una fluidità quasi rilassante. Quando mi accorgo di essermici incantata richiudo la bocca sorpresa e riprendo a battere le palpebre. Mi stupisce che non sia ancora fuggito a gambe elevate da una fuori di testa come me.

Le mani prima premute sui padiglioni ora sono a mezz'aria, in attesa di comandi da eseguire. Due pozze argento vagano sulla mia figura senza muovere altri muscoli.

"Forse è meglio rientrare" aggiunge rispondendo al nitrito del cavallo al suo fianco. Allungo le mani senza dire una parola e subito dopo Sebastian rimonta in sella.

Non rispondo al suo saluto, ma non per maleducazione, semplicemente era già diventato un puntino quando me ne sono accorta. Alfred non mi guarda più, il suo sguardo mi attraversa nello stesso modo in cui lo faceva quello di mio padre. E io cado ancora più giù in quel pozzo nero di cui mi chiedo se vedrò mai il fondo, e non se riuscirò a risalire.


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