SAGITTARIO

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Ci vuole poco per passare dalla favola all'incubo

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Ci vuole poco per passare dalla favola all'incubo. Max lo ha imparato e sperimentato più volte nel corso della sua breve ma intensa vita. Sperava solo che con Meg fosse diverso. Ciò che lo ferisce è la facilità con cui ha abbassato le sue difese, trova quasi subdolo il modo in cui lei non abbia esitato a colpirlo, pur avendo intuito la posizione  delle sue ferite.

Max è arrabbiato con se stesso per averla fatta entrare, ma tornasse indietro rifarebbe tutto, perchè tutta quella rabbia lo fa sentire vivo. È Meg a farlo sentire vivo.

Per molto tempo si è convinto di essere come una macchina, programmato per un solo obiettivo, privo di emozioni, seppellite nei sogni di un bambino che non aveva idea del destino che gli sarebbe spettato. Pensava che il suo cuore fosse progettato solo per pompare sangue nelle vene. Con Meg ha scoperto che custodisce ancora sentimenti e anche dovessero essere in guerra per sempre, le sarebbe comunque grato per averlo fatto sentire umano.

Nessuno era andato oltre la sua armatura con l'ostinazione e la semplicità della britannica ed è forse per questo che le sue parole, le sue accuse immotivate e impulsive, lo hanno ferito più del dovuto, facendolo apparire come un bambino viziato di fronte al primo no della sua vita.

Tuttavia Meg è diventata una presenza troppo necessaria per non mettere da parte il suo prezioso orgoglio e quindi Max è deciso a parlare per risolvere quella stupida situazione in cui si ritrovano.

Arriva allo stabilimento di Milton Keynes ripassando a mente il discorso che si è preparato per giorni, pesando ogni singola parola, per evitare di commettere lo stesso errore dell'ultima volta, perché per quando Max sia una persona orgogliosa, vuole evitare di ferirla ancora con frasi dettate dalla rabbia. È abbastanza intelligente da capire che ha già colpito fin troppo a fondo, in uno scontro ad armi pari si sono feriti anche fin troppo, è tempo di siglare gli accordi di pace.

Saluta i dipendenti all'ingresso e si muove quasi alla cieca verso il punto esatto in cui si trova la scrivania di Meg. Nel momento in cui svolta l'angolo capisce che qualcosa non va, la chioma bionda che siede dietro la lastra di metallo non appartiene alla persona che cerca, a meno che in un impeto di follia non abbia deciso di tingersi i capelli di un colore che sarebbe orribile su chiunque, ma Max è sicuro che starebbe bene su di lei.

Ha la conferma che non si tratta di nessuna follia quando incrocia gli occhi castani della ragazza che scatta in piedi appena lo vede e che decisamente non è Meg.

«Dov'è Meg?» si affretta a domandare, senza neanche darle la possibilità di presentarsi o di salutarlo, come stava per fare.

«Sono Isabel, Christian mi ha spiegato tutto ciò che c'è da fare, possiamo concordare insieme...»

Max non la lascia nemmeno terminare, ha smesso di ascoltarla prima ancora che si presentasse. Per lui non esiste l'idea che Meg venga rimpiazzata senza che nessuno lo metta al corrente. Non può esistere l'idea che qualcuna prenda il suo posto. Potrebbe essere anche la ragazza più qualificata del mondo, ma lui vuole Meg, non solo per il modo eccellente in cui svolge il suo lavoro o per la capacità che ha nell'essere la sua pace, ma soprattutto perché lei colora le sue giornate e senza la sua presenza ritornerebbe a vedere il mondo come una noiosa alternanza di bianco e nero.

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