17.32
La porta del piccolo bagnetto fu chiusa dalla pressione che la schiena di Manuel vi esercitava contro, che adesso non sembrava accusare alcun tipo di dolore.
Simone si spingeva contro di lui in maniera frenetica e disordinata, non aveva ritmo, né tantomeno tecnica. Baciava e mordeva ogni lembo di pelle che riusciva a conquistare ed ogni minimo contatto, per quanto ingenuo o impacciato, stava portando Manuel sull'orlo di una sincope.
"Simone"
L'altro non aveva alcuna intenzione di rispondere, troppo impegnato a lasciare su ogni parte visibile del corpo dell'altro un segno del suo passaggio.
Si concentrava in particolare modo ad aderire il suo viso contro la barba del compagno , in modo da lasciare segni anche su se stesso.
"Simone"
"Manuel"
"Toglimi questi vestiti di dosso"
Non ci fu davvero bisogno di ripeterlo due volte, e sta volta Simone, in quell'atto, non fu né premuroso né attento.
Prendeva e pretendeva con avidità tutto ciò che riusciva a toccare con mano.
"Devi spogliarti anche tu, Simo. Io ho bisogno di vederti" e se solo il Manuel del giorno prima avesse potuto vederlo, schiacciato inerme contro la parete di un bagno sudicio mentre supplicava un ragazzino, che chiaramente non sapeva cosa stesse facendo, di lasciargli vedere il suo corpo.
Si baciarono di nuovo, poi di nuovo e di nuovo, il tutto mentre Manuel risolveva da solo la questione vestiti.
Rischiò davvero un infarto quando si ricordò che i caldi strati di stoffa che avvolgevano il più piccolo erano in realtà suoi, che qualcosa di suo l'aveva tenuto al sicuro tutto questo tempo, e che adesso le sue stesse mani avrebbero strappato via quella protezione.
Il corpo di Simone troneggiava sulla stanza, metteva la figura di Manuel quasi in ridicolo.
Era candido, scolpito, con una miriade di nei a disegnare preziose costellazioni sul suo stomaco.
Era puro, e Manuel non vedeva l'ora di poterlo rovinare.
Reclamò un'altra volta le sue labbra, ma sta volta si allacciò ai muscoli forti della schiena dell'altro per riuscire a darsi slancio, graffiando nel frattempo tutto ciò che poteva.
"Lo sanno tutti, tutti quelli che erano lì fuori con noi, sanno che stai facendo qui, te ne sei reso conto?" sussurrò contro la sua bocca semi aperta.
Simone assunse lo stesso colorito delle pareti vinaccio del bagno, ed evidentemente no, non c'aveva pensato.
"Tutti loro, tutti, nessuno escluso, pagherebbero per essere al mio posto in questo momento, sai anche questo?"
Il piccolo si limitava a guardarlo con quegli occhi enormi che a momenti rischiavano di sfuggirgli via.
"Ma tu qui ci vuoi stare solo con me"
"Solo con te" confermò il piccolo, annuendo come un disperato.
Poi sembrò rinsavire e si separò da lui per una frazione di secondo, ma a Manuel sembrò consumare anni della sua esistenza.
Non fece altro che guardarlo negli occhi, farci l'amore, in un certo senso, scrutarne ogni più misero dettaglio alla ricerca di qualcosa.
Coraggio.
Era questo ciò che cercava, e fu questo ciò che trovò.
Ne trovò abbastanza da lasciarsi andare, farsi cadere giù in quello stretto quadrato fatto di pareti di plastica, fino a toccare il pavimento sudicio con le ginocchia.
Le sue mani si diressero in fretta sulla cinghia della cintura del maggiore, che si sentì morire, non tanto perché aveva fra le mani tutto ciò che aveva sempre voluto ma non aveva mai conosciuto, ma perché Simone non aveva smesso per un singolo istante di guardarlo.
Un movimento deciso fece scivolare via i pantaloni dell'altro facendo scattare una peculiare reazione.
Solo che questa non prese moto né in Manuel, né tantomeno in Simone, che anzi ne rimase interdetto.
Il sistema automatico dello scarico funzionava a sensore di movimento, e loro che ormai avevano dedicato la vita a quel bagno avrebbero dovuto saperlo meglio di chiunque altro, invece avevano preferito non curarsene.
Il rumore dell'acqua che scorreva precipitosa contro la ceramica non solo interruppe clamorosamente l'amplesso, ma ricordò a Simone un dettaglio parecchio importante.
Erano ancora lì che si guardavano, onestamente allibiti ed imbarazzati dalla situazione, mentre il sanitario che pareva giudicarli non cessava di fare rumore.
"Manu"
"Non so cosa tu possa voler dire in una situazione come questa"
"Le valige"
"Cosa?"
"Abbiamo lasciato le valige da sole"18.55
L'aria esterna sembrava essersi mitigata in quelle ventiquattro ore, anche se la neve continuava a scendere copiosa.
Simone e Manuel si erano rifugiati fuori per la vergogna, ed anche se erano insieme cercavano in tutti i modi di evitarsi.
Erano corsi fuori dal bagno a malapena vestiti, ed avevano urtato praticamente ogni passeggero di quell'aeroporto per cercare di raggiungere le proprie valige.
Nessuno dei loro beni era stato sfiorato e forse, per uno strano scherzo del destino, se si fossero lasciati andare senza pensare troppo a ciò che avevano lasciato incustodito, non sarebbe comunque successo nulla.
Invece erano lì, seduti alla panchina di pietra che costeggiava il parcheggio dei taxi a fumare due sigarette separate, per non rischiare che uno dei due impazzisse nel risentire il sapore dell'altro.
"So che non è finita proprio nel migliore dei modi, ma volevo dirti che, insomma, per me è stato bello" fu Simone, ancora una volta, a sciogliere il ghiaccio fra di loro.
"Non cambierei ciò che mi hai dato neppure per la migliore scopata al mondo"
"Quindi è stato bello anche per te?"
"Si, Simone. È stato bello anche per me"
"Per fortuna! Sai, non sapevo bene quello che stavo facendo"
Manuel non gli fece notare che di quello si era ampiamente reso conto, perché non importava.
Non era successo perché Simone aveva sbagliato qualcosa o non era stato abbastanza bravo, semplicemente Manuel riusciva a capire tutto del ragazzo che aveva difronte.
Gli sarebbe piaciuto che anche Simone riuscisse a capire tutto di lui.
"Simo"
"Si?"
"Lo sai perché non volevo comprare il posto accanto al tuo?"
"Perché era inutile."
"No, perché costava dieci euro in più, e io non ce li ho dieci euro in più. Anzi a dire il vero non ho dieci euro a prescindere, quelli del tampone erano i miei ultimi"
"Per questo non hai voluto prendessi un hotel?" non c'era neppure un velo di pietà o compassione nella sua voce, e Manuel non poteva esserne più grato.
"Si, anche. Però qui con te ci voglio stare veramente, a prescindere da tutto"
"Comunque non importa, alla fine abbiamo i finestrini vicini, no?"20.00
Manuel era intento a risistemarsi addosso una giacca pesante che lo aveva atteso nei meandri della sua valigia da venti chili, e che con l'avvicinarsi delle temperature notturne si fece quantomeno necessaria.
Simone stava comprando la cena ad entrambi, con enorme disappunto da parte di Manuel, che invece se ne stava poggiato ad una colonna ad aspettarlo.
Fra le mani che riposavano nella giacca sentì qualcosa di freddo, che non sapeva essere lì.
Una monetina da due euro venne fuori dalla tasca, probabilmente il resto di qualche banconota che era stato abbandonato li fino ad arrivare a dimenticarsene.
Mancavano dieci minuti a quella che si era prefissato essere la ricorrenza più importante della sua vita, e quella monetina era appena diventata un mezzo per renderne un briciolo d'onore.
Abbandonò le valige al loro destino e si fece strada verso l'unico negozietto che poteva essergli d'aiuto.
Precisi come un orologio svizzero, alle venti e dieci erano entrambi alla colonna dove avrebbero dovuto incontrarsi, l'uno con qualcosa per l'altro.
Fu Manuel il primo a farsi avanti.
Poggiato sul palmo aperto della sua mano riposava un piccolo orsetto di cioccolata, che aveva un nastrino celeste legato al collo.
"Ti giuro che non l'ho rubato, ho trovato una monetina"
"Manu- perché?"
Perché voglio che tu mi sorrida sempre così
"Perché ventiquattro ore fa ho posato gli occhi per la prima volta su di te, e dall'ora sono rimasto completamente fottuto"25 Dicembre, 00.01
"Manu"
Il corpo di Manuel sovrastava completamente quello di Simone, abbracciandolo da dietro, mentre riposavano in quel giaciglio fortuito che si erano costruiti fra sciarpe e giubbotti, contro una delle vetrate più isolate che erano riusciti a trovare.
Manuel si era addormentato per ultimo, quindi fece più fatica a svegliarsi rispetto al minore.
"Manu" riprovò Simone, girandosi in quella stretta per poterlo guardare negli occhi, una volta si fosse deciso ad aprirli.
"Che c'è, Simo? C'ho sonno"
"Lo so, ma Manu-"
"Cosa?"
"Buon Natale"
Come se quel sonno non gli fosse mai appartenuto il maggiore aprì senza problemi gli occhi, e gli regalò uno dei sorrisi più dolci che possedeva
"Il Natale di Manuel&Simone"
"Il Natele di Manuel&Simone" lo seguì l'altro a ruota, prima di abbandonarsi nuovamente a quel torpore.
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48 ore - Manuel & Simone
FanfictionDi come il tempo si è piegato e lacerato per far spazio a due ragazzini persi, e di come quei due, ignari di tutto, non hanno fatto altro che remarvici contro. [Sfortunatamente tratto da una storia vera.]