Vicini

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03.30
L'orologio al polso di Simone faceva quasi più rumore dei loro respiri, ed ogni ticchettio gli ricordava come tutto il tempo del mondo non gli avrebbe salvati da quella situazione.
Giacevano entrambi a terra, contro il muro del lungo corridoio che portava ai bagni, le teste basse e le mani fra i capelli.
A superare il rumore del tempo che veniva scandito furono i respiri strozzati di Manuel, che si concesse al pianto per la prima volta in quella notte.
"Mamma è da sola" le braccia di Simone gli avvolsero in pochi secondi il busto, in un impacciato la tentativo di consolarlo "Sai quanti soldi ha speso per mandarmi in Erasmus? Io neanche me lo meritavo, ma lei l'ha fatto comunque. Ed ora io la sto lasciando da sola a Natale."
In quell'angolino isolato nessuno poteva vedergli, quindi si erano concessi cinque minuti senza mascherine, che erano comunque troppo impregnate di lacrime e sudore per non essere cambiate in ogni caso.
Le gocce salate cadevano dirette fra le labbra di Manuel, bruciando tutti i punti in cui si era strappato via la pelle per l'agitazione.
"Tu te lo meritavi. Qualunque sacrificio tua mamma abbia fatto non è andato sprecato, tu ti meriti qualunque cosa"
"Almeno come punizione anche io passerò il Natale da solo, il destino è una puttana"
Il piccolo gli prese il viso fra le mani, asciugando le lacrime prima che potessero raggiungere le sue labbra
"Tu non lo passerai da solo, capito? Non te lo permetterò. L'hai detto pure tu, io e te siamo un pacchetto unico"
I minuti passarono come fossero ore, sotto il peso del loro silenzio.
Davanti ai loro occhi, dalle gigantesche vetrate, potevano scorgere gli aerei che si alzavano in volo senza curarsi dei loro cuori infranti.
Ad un tratto Manuel abbandonò la sua posizione, si alzò in piedi come se avesse un piano ben preciso, ci rimuginò sopra qualche secondo, quasi non convinto, poi si girò verso Simone e con le mani gli allargò le gambe. In poco tempo si posizionò fra di esse, abbandonandosi contro il corpo del ragazzo, schiena contro petto, sentendo tutti i suoi respiri esplodergli nella cassa toracica e copiandone il ritmo, l'intensità.
"Manu"
"Che c'è?"
"Questo doveva essere il primo Natale con mio fratello"
"Hai un fratello e non c'hai mai festeggiato il Natale?"
"Mamma e Papà sono appena tornati insieme, mentre io ero via, pensa te. Prima si prendevano uno di noi a Natali alterni, così nessuno rimaneva da solo. Non ho mai visto Jacopo aprire il mio regalo, non l'ho mai visto aspettare Babbo Natale, non l'ho mai visto smettere di crederci"
Le lacrime di Simone avevano raggiunto la sua spalla, dove ormai il piccolo aveva abbandonato la fronte.
"Questo doveva essere il nostro Natale"
"Invece sarà il nostro"
"Il Natale di Manuel&Simone"
"Ti offendi se ti dico che ne avrei fatto altrimenti?" Contro il petto di Simone si infranse la risata del più grande, che non riuscì a bloccare il suo pianto, ma lo rese sicuramente meno amaro.
"Per una volta ti do ragione, ma non ti ci abituare."

04.40
Erano ancora lì, per terra, immobili.
Il loro tempo stava accelerando nuovamente e rischiava di non essere vissuto, rischiava di non essere abbastanza.
Si erano messi a salutare ogni singolo aereo gli passasse davanti, scherzavano sulla destinazione, sui passeggeri, su quella valigia che uno di loro aveva abbandonato sulla strada senza rendersene conto.
Manuel fu il primo a distogliersi dall'attività, un sospetto pronto a corrodergli quella poca serenità che gli era rimasta.
L'ora sul suo telefono segnava le 04.40, la carta d'imbarco che bruciava nella tasca dei suoi jeans segnava lo stesso identico orario.
"Simo, è il nostro questo" fece notare indicando l'aereo che si faceva strada nella notte
"Ciao aereo, ci saluti Roma?"
"Dai un bacio alla mia mamma"
Le loro mani presero a scuotersi nell'aria, salutando quella struttura di metallo che si alzava in aria anche con i gesti, e dall'esterno quella scena pareva così tenera.
Si addormentarono l'uno contro l'altro, le lacrime secche ancora sul volto.

07.36
Assenza, quella fu l'unica cosa che Manuel percepì al suo risveglio.
Simone non c'era, e se ne accorse ancor prima di aprire gli occhi.
Il freddo faceva contrasto con il calore che proveniva da quella coperta arrangiata che riposava sul suo corpo, impedendogli di restare completamente sveglio, ma anche di riaddormentarsi.
Da quando in qua aveva una coperta?
Si costrinse ad aprire gli occhi per analizzare quel pezzo di stoffa a contatto con la sua pelle, e non si sorprese nel scoprire fosse lo stupido giubbottino di Simone.
Lo stesso Simone che davanti ai suoi occhi, in quel l'esatto momento, gli stava correndo incontro con una bustina di carta in mano e che finì con il gettarsi letteralmente ai suoi piedi, atterrando sulle ginocchia.
"Ti sei svegliato?"
"Guarda che non c'era bisogno di correre, io da qua non so se me muovo"
"Si invece, non volevo che pensassi che t'avessi lasciato solo"
Il piccolo si impose nel suo spazio, assumendo la stessa posizione che Manuel aveva preteso qualche ora prima, quando si erano addormentati insieme.
Fra le sue gambe, strette tra quelle del maggiore, posò la busta di carta che aveva trasportato con tutta quella fretta solo pochi minuti prima.
"C'ho preso la colazione"
Manuel non fece in tempo ad elaborare quelle parole che si trovò un dolce di sfoglia e cioccolato schiacciato direttamente fra le sue labbra.
"Questo ti mancherà della Francia"
"Se mai dovessimo andar via"
"Manu" voleva essere un rimprovero, ma gli uscì come un sospiro spaventato
"Simo"
"Non scherzare"
"Va bene, però tu promettimi una cosa"
"Qualunque cosa"
"Giurami che non mangeremo mai più un pain au chocolat in vita nostra"
Il piccolo spostò via le briciole che gli si erano posate agli angoli della bocca in un movimento delicato "Te lo giuro, Manu"
Sotto i polpastrelli riusciva a sentire le labbra del maggiore inarcarsi in un sorriso, ed improvvisamente la tensione della notte parve cadere in secondo piano.
"Mangia pure te, oh"
"Mangio, mangio. Fammelo godere un po' però, infondo è l'ultimo della mia vita."
Il contenuto della busta sparì dopo pochi secondi, ed il loro giaciglio di corpi e giubbotti discutibili si riempì di briciole altrettanto velocemente.
A stomaco pieno era più facile avere speranza, fu una realizzazione piacevole quella.
"Hai avvisato tua mamma?"
"Si, le ho mandato un messaggio ieri dopo il fattaccio, ma ho mentito, le ho detto che il volo è stato spostato a domani. Tu hai avvisato i tuoi?"
"Si, ho provato a mentirgli, ma il brutto di avere un gemello è che capisce proprio tutto tutto di te, m'ha sgamato subito e l'ha detto a mamma."
"Lo sai che dovremmo cercare una soluzione, vero? Più lasciamo che il tempo passi, minori saranno le nostre possibilità di tornare a casa"
"Lo so"
"E allora?"
"È che non ci voglio pensare"
Delle gentilissime carezze si fecero strada sul suo viso, e a Simone sembrò per un momento di essere fra le braccia di sua madre
"E non ci pensare allora, ci penso io anche per te" un bacio sulla tempia fu l'unica cosa che seguì quelle parole.

10.40
"Simo"
"Mh"
Simone sedeva apatico sullo sgabello del bar, la testa quasi affondava nella tazza di caffellatte che si raffreddava difronte a lui.
Come faceva a non accorgersi di star sprecando del tempo?
Quei momenti erano irripetibili ed irrivivibili e non gli avrebbe mai più avuti indietro, ma era troppo accecato dal dolore per rendersene conto.
Come faceva a non capire che non avrebbe mai più avuto Manuel indietro?
"Ho trovato un volo"
Improvvisamente la sua attenzione fu unicamente rivolta al ragazzo che sedeva accanto a lui, in una posizione volutamente scomoda, solo per potergli stare vicino.
"Che cazzo dici? Quando? Per Roma?
"Dico che ho trovato un volo, domani alle sette e mezza di sera, che va dritto dritto a Fiumicino"
"Ma come cazzo hai fatto?" Simone era incredulo, il suo cuore scoppiava di gioia e le sue mani tremavano dalla voglia di toccare quello che a tutti gli effetti era il suo salvatore.
"Qualcuno avrà cancellato, ci sono tipo quattro posti liberi, ma ci dobbiamo sbrigare a prenotare"
"Ma che scherzi, per me possiamo anche farlo adesso"
"Ti passo il link e gli prendiamo subito"
Passarono i successivi venti minuti a riempire i rispettivi carrelli in maniera minuziosa, tenendo in conto di ogni singolo bagaglio e premurandosi di aggiungere ogni tipo di assicurazione a quel viaggio.
Quando tutto ciò di cui avevano bisogno era stato selezionato, a Manuel quasi venne un colpo.
Il suo ordine mostrava un costo di duecentosessanta euro, trenta euro in meno di tutti i soldi che possedeva.
Sarebbe stato impossibile per lui sperare di riuscire a trovare un posto in cui dormire, a pagare il tampone che avrebbe dovuto obbligatoriamente fare, e anche a mangiare con solo quei soldi, ma era un rischio che non aveva scelta di evitare.
Sarebbe rimasto in aeroporto anche quella notte, non avrebbe mangiato se necessario, ma la cosa peggiore era che avrebbe dovuto far tutto senza Simone, che sicuramente una notte in albergo se la poteva ampiamente permettere.
Sarebbe rimasto se glielo avesse chiesto, di questo ne era sicuro.
Forse avrebbe semplicemente pagato l'hotel per entrambi, ed allora avrebbero dormito insieme per davvero, in un letto grande e caldo, stretti l'uno all'altro senza la paura di sfuggirsi, ma questo Manuel non poteva chiederglielo.
Non sarebbe stato un egoista, si promise.
"Manu se scegli il 25b io prendo il 25a così siamo vicini"
Cazzo, quello non l'aveva messo in conto.
La scelta dei posti aggiungeva almeno dieci euro alla spesa, e Manuel avrebbe voluto così tanto, ma proprio non poteva permetterselo.
"Non vedo alcun bisogno di stare vicini per forza, mi sembra una cosa inutile, Simone"
Sentì il rumore dello sgabello di Simone che strideva contro il pavimento, in un movimento repentino aveva preso le distanze da Manuel.
Gli occhi del piccolo bruciavano dalla voglia di piangere, si sentiva già così stupido.
Aveva costruito castelli di carta pesta su quella relazione, l'aveva idealizzata, l'aveva vissuta nel senso più viscerale possibile, ma per l'altra metà della combinazione, a quanto pare, lui valeva meno di niente.
"H-hai ragione, è inutile"
Nessuno di loro disse più nulla, si limitarono a confermare l'ordine, e ad aspettare che le carte di imbarco gli arrivassero via mail.
Fu Manuel il primo a riprendere la parola, dopo quelle che pensava fossero ore , ma che in realtà non erano altro che quindici minuti di silenzio imbarazzante.
"L'hai scelto, alla fine?"
"Cosa"
"Il 25a"
"T'importa?"
"Dicevo così per dire"
"Si, comunque"
"A me è capitato il 24a, lo sai?"
"E quindi?"
"Come quindi, abbiamo i finestrini vicini"

48 ore - Manuel & SimoneDove le storie prendono vita. Scoprilo ora