Il canto di Ulisse

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Quando mi diparti' da Circe, che sottrasse
me più d'un anno là presso a Gaeta,
prima che sì Enea la nomasse,

né dolcezza di figlio, né la pieta
del vecchio padre, né 'l debito amore
lo qual dovea Penelopè far lieta,

vincer potero dentro a me l'ardore
ch'i' ebbi a divenir del mondo esperto
e de li vizi umani e del valore;


1 mese e 22 giorni prima

"Ja, ce siamo appena fermati all'autogrill, ti chiamo appena arriviamo a Parigi. No, ma che se preoccupano è tutto organizzato, si, si, si, sto in gruppo, tranquillo. No, no, ciao, ciao"
Era la prima volta che Simone si concedeva una pausa dagli studi per partecipare attivamente in una delle gite del suo gruppo erasmus, ma ne era ancora vagamente scettico.
Il mormorio confuso e sconnesso attorno a lui si colorava di lingue diverse, talvolta francese, nelle quali venivano ripetute a ruota le stesse domande di presentazione.
Tutti fremevano dall'eccitazione per Parigi, alcuni sembrava semplicemente eccitati all'idea di una festa in maschera, mentre gli organizzatori non facevano che cambiare lingua e ripetere interrottamente le stesse stupide regole.

"Oh Simò, levate sta faccia da funerale pe' du secondi" lo raggiunse la voce di Aureliano, che si poggiò con lui allo scheletro del pullman per condividere una sigaretta già quasi completamente consumata.
"Ma che funerale, è che non mi piace viaggiare in sto coso infernale"
"C'hai sempre da dì su tutto, guarda spero che la città dell'amore te faccia 'n miracolo e te trovi qualcuno che te fa smollà 'n po'"
"Ma chi me devo trovà in quarantotto ore?" fece notare l'altro, che già scuoteva la testa a quelli affettuosi insulti.
"Simò, in quarantotto ore possono succedere un sacco di cose, non fare il sempliciotto"

"Simò, non se può sentì"
Simone ed Aureliano condividevano lo spazio angusto di una camera quadrupla e mista, assieme a due ragazzi tedeschi che sembravano non avere alcuna intenzione di spogliarsi dal vestiario putrido che li aveva accompagnati durante il viaggio.
Simone aveva solo un asciugamano in vita e grondava ancora l'acqua di quella doccia condivisa, per cui aveva dovuto ricercare molto coraggio prima di avventurarvici.
"Più che altro non c'avevo idee"
Da sotto il cappuccio del suo accappatoio Aureliano scosse la testa contrariato, fingendo di sbattere la testa contro il ferro scadente del letto.
"Non te servono grandi idee, io me metto du orecchie e lo chiamo un costume da lupo mannaro"
"Ormai è tardi in ogni caso, verrò come al solito"
"Se, coi pantaloni da cerimonia in discoteca, classico di Simone Balestra"
Ma Simone non lo stava già più a sentire, intento ad asciugarsi grossolanamente ed a infilarsi tempestivamente quella camicia, che gli duoleva ammettere fosse di suo padre, e quei pantaloni.

"Non te posso manco guardà, spogliati, Simò"
lo destò tempestivamente Aureliano.
"T'ho detto che non ho altro"
"Me la vedo io, spogliati"
Ma il riccio non fece in tempo a seguire il comando, che già le mani sicure di Aureliano erano sul suo corpo, strappando via con disgusto quella camicia, incurante della porta aperta che deva sul corridoio affollato.
Aprì il piccolo armadio dell'hotel, dove riposavano indisturbati i cambi di lenzuola dei lettini, di cui il suo amico si appropriò in fretta, iniziando ad arrotolargli come meglio credeva sul corpo nudo di Simone.

Il cotone bianco scendeva come un drappeggio sulla sua spalla, arrivando a coprire solo uno dei due capezzoli rosei, e lasciando un fianco esposto alle intemperie della notte.
"Cosa dovrei essere?"
"Aspetta"
Il suo compagno di corso si avventurò verso i polverosi tendaggi che coprivano le finestre del corridoio, tirando via il cordino d'oro che le teneva unite, e affrettandosi a legarlo sulla vita di Simone.
"Sei un imperatore romano, che non se vede?"
Fece notare portandolo davanti al piccolo specchio di quella camera stretta.

48 ore - Manuel & SimoneDove le storie prendono vita. Scoprilo ora