𝑴𝒂𝒓𝒚

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01.
...

Era stanca di quella sensazione, Mary non capiva cosa stesse accadendo il sogno che aveva fatto era un'immagine così vera, così reale che ora svegliarsi per lei era triste.

La stanza che la circondava lo era, i muri le sembravano sempre le stessi, sempre bianchi da quando era nata, quel colore le ricordava la sua vita: monotona.

La stanza era ancora buia quando lei aprì gli occhi, le tende argento, cucite dalla propria nonna coprivano l'ingresso dell'oscurità; era ancora marzo era normale che fosse così, la nebbia regnava nelle campagne, sembrava di vivere dentro una nuvola, le piaceva un sacco quell'atmosfera di mistero che si creava le ricordava un po' tutto quello che era: Mary era per pochi.

O forse era meglio dire, per lui.

Non era amore quello che c'era di loro, Mary su questo avrebbe potuto giurarci, erano amici inoltre come poteva far rimanere in piedi una relazione con una persona che nemmeno aveva mai visto.

Si ormai erano mesi che si sentivano, che si scrivevano, parlavano e vedevano telematicamente ma a lei questo non bastava per stare con una persona ufficialmente.

Lei voleva le coccole, le carezze sotto la maglietta, quei baci che sanno di amore come aveva sempre letto nei libri e beh, perché no anche il sesso.

Tutte cose che con lui mai avrebbe potuto avere, questo era quello che si ripeteva ogni giorno per autoconvincersi che non poteva funzionare con lui.

Sua madre la chiamo da dal piano inferiore ricordandole che avrebbe dovuto prepararsi per andare a scuola. Già la scuola, edificio fonte di tutte le sue insicurezze e paure ma anche di progetti futuri e grandi ambizioni.

Mary pensava che fosse strano questo paragone fatto alle sei e trequarti della mattina per questo decise di prendere quel paio di jeans neri da sopra alla sedia della scrivania ancora spiegazzati, non aveva tanto importanza questo dettaglio, era sicura che nessuno lo avrebbe notato nella sua scuola quindi decise di metterseli assieme alla sua maglia verde, già Mary portava solo maglie a tinta unita odiava le stampe e tutte quelle fantasie che non le si addievano, a lei bastava un foglio bianco per perdersi a sognare o fantasticare inoltre non riusciva mai a trovare nulla che davvero la soddisfasse.

Quella maglia che stava indossando l'aveva comperata qualche tempo prima in un negozio dall'altra parte della città con sua madre, si piaceva con quella maglia addosso.

Non era solita a truccarsi e quando lo faceva non esagerava mai, voleva rimanere lei, in quello che era, brutta o bello che gli altri la vedessero.

Si guardò allo specchio a parete che aveva in camera, era gigante tanto che quando si specchiava poteva vedersi sei volte, i bordi erano fatti in finto legno, certo forse un pò faso si potrebbe dire ma di certo più conveniente.

Non si sentiva il massimo ma sapeva che poteva darlo per questo cominciò a mettere la matita e il mascara le uniche cose che poi usava, i rossetti le sembravano troppo per quello che faceva li metteva solo quando usciva il sabato con gli amici.

La sua immagine allo specchio sorrideva ma lei non faceva che ripensare al suo sogno in cui tutto andava bene, era davvero felice, nel suo posto per questo che alla fine decise di spostarsi da li davanti per fare lo zaino, mettersi le scarpe e scendere per andare a fare colazione.

Quando entro in cucina cercò di trattenere quella sensazione di strofinarsi gli occhi, chiaro segnale di assenza di sonno, ma la sera prima erano entrati in uno dei loro tanti discorsi profondi e filosofici che solo le ore più buoi e silenziose potevano accogliere, non era colpa sua.

Ad ogni modo questo gesto fu bloccato in tempo per non commettere un crimine contro il suo trucco ancora fresco e riuscì a sedersi per bere il suo cappuccino che sua mamma le aveva già preparato.

Quando la madre le chiese come avesse dormito Mary non poté fare a meno di rispondere con un sorriso sulle labbra e questa volta vero, non come quello allo specchio.

Sua mamma diceva che le brillavano gli occhi quando parlava di quel ragazzo, ogni volta che lo diceva le sembrava una cosa talmente strana che persino lei faceva fatica a crederci ma non era decisamente questo il momento adatto per pensarci dato che l'orologio sulla parete gialla della cucina segnava le sette e dieci.

Il panico cominciò a seminarsi dentro di lei, odiava fare tardi ma ancora di più odiava aspettare gli altri e ovviamente quella sardina di sua sorella era appena scesa.

Tutti sapevano all'interno di quella stanza che si era alzata nemmeno cinque attimi prima.

Mary e sua mia sorella sono sempre state apposte in quasi tutto quello che facevano, se Mary era sempre in anticipo, lei sempre in ritardo, se una vestita perché aveva sempre caldo l'altra come se avesse sempre freddo.

Tra di loro non c'erano vie di mezzo.

Ma quando entro in bagno per lavarsi le mani e i denti e accese il telefono, tutto sparì.

Nonostante il messaggio chiedesse solo "come stai" con due punti interrogativi, la domanda più banale di questo mondo, in quel momento era tutto, ogni cosa era magicamente passato in secondo piano.

Questo perchè Mary sapeva che lui glielo aveva chiesto per puro interesse nei suoi confronti e non per chissà quelli doppi fini.

Sentirlo così, anche se in questo modo per alcuni pare essere triste, era la cosa che più la faceva sorridere durante il giorno.

Lui era il mio sorriso.

Iniziarono a scriversi per quei cinque minuti che entrambi avevano a disposizione prima che Mary salisse in macchina per andare a scuola e lui andasse a lavoro.

Ah sì, altro dettaglio.

Lui ha cinque anni più di lei, a quest'età è vero che non sono pochi, perchè mentre lui sta diventando un uomo Mary ancora sta cercando di prendere il volo per quello che sarà, facendo sempre riferimento al nido ma il modo in cui lui apprezzava questo lato di lei, il mondo in cui la faceva sentire grande e matura ma anche piccola e ancora innocente era meraviglioso.

Si sentiva accettata in tutta il suo essere.

***

𝑸𝒖𝒆𝒔𝒕𝒐 𝒍𝒂𝒗𝒐𝒓𝒐 𝒆̀ 𝒔𝒕𝒂𝒕𝒐 𝒐𝒑𝒆𝒓𝒂 𝒅𝒊 quella_logorroica

𝐈𝐥 𝐜𝐨𝐧𝐭𝐞𝐬𝐭 𝐝𝐢 𝐍𝐚𝐭𝐚𝐥𝐞Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora