Capitolo 10.

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Mason

Il filo d'aria fredda che supera le coperte e si infrange sulla mia schiena, mi fa risvegliare avvolto nella quiete della mia camera.

La mancanza degli acuti fastidiosi della sveglia, lasciata spenta per il week end, rende tutto più piacevole.

Mi alzo pigramente dal letto e mi dirigo nel mio bagno per fare una doccia, mi spoglio ed aziono il getto, dopodiché mi ci posiziono sotto e lascio che la tensione accumulata si dissolva con il vapore.

Dopo essermi insaponato, mi risciacquo velocemente ed esco, avvolgendomi un asciugamano intorno alla vita.

Mi avvicino al lavandino passandomi una mano tra i capelli umidi, poi afferro lo spazzolino e inizio a lavarmi i denti.

Esco dal bagno, trascinando con me una scia di calore, fino ad una cassettiera da cui estraggo intimo pulito e una tuta comoda per stare in casa.

Mi vesto e vado verso le scale che portano al piano di sotto e poi mi dirigo in cucina dove mi preparo un caffè, accompagnato da qualche biscotto al cioccolato.

Dopo aver finito, ritorno in camera mia e comincio a lavorare alla bozza di un progetto che devo consegnare la prossima settimana, sperando che stavolta nessuno abbia qualcosa da ridire.

I dirigenti a capo di quell'uffico dovrebbero essere degli adulti maturi e invece si divertono a mettermi i bastoni tra le ruote, anziché aiutarmi a crescere nell'ambito lavorativo.

Patetici.

L'unica cosa che si aspettano da me è che vada a lamentarmi con i miei genitori, pensando che un po di lavoro in più mi spaventi; ma sono talmente occupati a giudicarmi, che non si sono mai presi nemmeno la briga di conoscermi davvero.

Rimango concentrato a curare ogni minimo dettaglio per quasi due ore, fino a non sentirmi più le mani. Dopodiché mi costringo a fare le noiosissime chiamate che mi hanno rifilato.
Il compito più semplice ma anche il più snervante di tutti, ovviamente, non potevano che affidarlo al più piccolo del team.

In questo momento vorrei strangolare l'impiegato comunale a mani nude, poi però dovrei sprecare ulteriore tempo aspettando che uno dei suoi colleghi mi risponda.

《Quindi lei lavora per...?》 La voce robotica mi arriva dall'altro capo della cornetta.

Glielo ripeto per la quarta volta.》 Sbuffo sonoramente, passandomi una mano sulla faccia.

《Chiamo dagli uffici delle Barlow industries.》 Rispondo con finta calma.

《E cosa le serve?》 Sento il rumore della tastiera del computer, scricchiolare al passaggio delle sue dita.

Mi prende in giro?

《Ho bisogno che il comune rilasci il via libera al mio team per installare un cantiere.》 Butto la testa all'indietro sbuffando.

La cosa va avanti per almeno due quarti d'ora, finché non riesco a parlare con un impiegato che non ha un urgente bisogno di una visita dall'otorino.

Stacco la telefonata e appoggio il cellulare sulla scrivania: afferro il pacchetto di sigarette, mi avvicino alla finestra e la apro lasciando entrare l'aria fresca.

Ne prendo una e la porto alla bocca: posiziono la mano sinistra a coppa davanti ad essa, mentre con la destra aziono l'accendino.

Mi siedo per terra e appoggio la schiena sull'anta aperta, buttando fuori una nuvola di fumo che sparisce velocemente.

Per un attimo mi torna in mente una scena ben precisa, anche se leggermente sfocati, rivedo nella mia mente i ricordi.

Le immagini di quella moretta dagli occhi blu che sgattaiola qui dentro pensando di non trovare nessuno, come se stesse scappando da una folla inferocita, mi strappano un sorriso.

Destinati A (Ri)trovarsiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora