Due avversari a nascondino

5.2K 204 80
                                    

L'acqua salmastra si stiracchiava a intermittenza sulla riva. Si allungava fin quasi a toccarci i piedi, poi retrocedeva, come se si fosse scottata.

Ogni tanto un gabbiano ci salutava, prima di planare verso la sua preda sullo specchio marino. Inspirai a pieni polmoni l'odore di sale e di sole. Pregustai il momento in cui sarei tornata a casa e avrei constatato che mi era rimasto sui capelli e sulla pelle.

Raccolsi qualche sassolino in un pugno e rilasciai. Sul palmo avevo impresse le tracce di quel gesto.

"Come mai ieri non sei venuta?" mi domandò Kaamil, sdraiato a pancia sotto al mio fianco.

Sentii la domanda, ma mi arrivò ovattata, come se avessi avuto una sorta di otturazione nelle orecchie. Provai a guardare il sole con un occhio chiuso e uno aperto a metà.

Era poco scontato avere quel tepore tutto per noi. Pioveva sempre. Volevo assaporare ogni secondo.

"Nimue?" mi sollecitò, data l'assenza di una risposta.

Mi voltai a guardarlo e, con un mugugno interrogativo, gli feci capire di non averlo seguito. Sospirò, per nulla sorpreso, e si mise a sedere. Strofinò le mani per rimuovere i residui di sabbia, dopodiché poggiò gli avambracci sulle ginocchia.

"Ti ho chiesto come mai ieri non sei venuta al market a farmi compagnia" ripeté, atono.

"Avevo da fare" mentii.

Si accorse subito della bugia, ero stata troppo frettolosa. Non me lo fece presente nell'immediato.

Rifuggii il suo sguardo. Con la coda dell'occhio, però, lo vidi passarsi una mano sul viso.

"Mi hai lasciato nelle grinfie di Felicity Forbes, dovresti sentirti terribilmente in colpa" proseguì, facendo finta di niente.

Se aveva visto Felicity, significava che già sapeva la novità. Di sicuro voleva delucidazioni da me. Ormai era impossibile evitarlo.

Sospirai e mi girai a fissarlo. I riccioli corvini, bagnati, gli toccavano quasi le spalle. Indossò in quel momento gli occhiali da sole. Pensai che volesse impedirmi di leggere le sue espressioni. La verità era che avevo il sole alle spalle e non avrebbe potuto fare altrimenti.

"Mi ha chiesto di te" aggiunse, schiarendosi la voce.

C'eravamo quasi. Era questione di minuti, se non di secondi.

"Voleva sapere come hai preso la notizia del ritorno di Benjamin".

La mia "giornata di riflessione" non era servita a niente. Vacillavo ogni volta che il suo nome sgattaiolava fuori dalle labbra di persone che non fossero la vocina irritante nella mia testa. In bilico, altalenante... immagino fosse la condanna di un cuore danzante.

"Siccome mi ha preso alla sprovvista, le ho detto solo che eri molto felice. Non le è parso vero. Forse per una volta ho detto la cosa giusta".

Trattenni il respiro per un tempo indefinito. Avvertii un peso colpirmi leggermente lo stomaco. Dovevo avere una faccia orribile, perché quella terrorizzata di Kaamil traspariva anche attraverso le lenti scure.

"Cazzo, Kaamil!" sbottai, nel panico.

"Che c'è?" inquisì, ignaro.

"Ma perché? Cazzo, cazzo, cazzo".

Passai le mani fra i capelli e tirai le punte tra le dita. Kaamil tolse gli occhiali e mi afferrò le spalle.

"Ti ha punto qualcosa?" domandò, allarmato, esaminando ogni mia lentiggine.

Sarebbe stata una situazione comica, e avrei riso molto, se non fossi stata così preoccupata.

"Sei un idiota!".

Come i cieli di ScoziaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora