C'era un evidente difetto nel soffione della doccia. L'acqua calda giocava a "ce l'hai!" con la fredda per tre volte, prima di assestarsi sulla temperatura che avevo impostato da principio. Se dovessi focalizzare la mia attenzione su un dettaglio di quel giorno, sceglierei questo.
Associo oggetti a episodi della memoria, come delle etichette. Così riesco a riportarli a galla con più facilità.
Avremmo dovuto chiamare un idraulico. Volevo che l'acqua fosse tiepida, non fredda, una carezza.
Era un'estate timida, quasi primaverile. Il sole si affacciava un po' più del solito, rispetto agli altri mesi dell'anno, ma era delicato, mai violento o invadente.
Era come se ogni cosa di Petrichor fosse eterea. Io ero la cornacchia nel campo di grano.
Quando indossai l'accappatoio, mi sentii uno sceriffo texano, di quelli che appaiono nei western. Riposi shampoo e balsamo nelle tasche come se si trattasse di due pistole. Mi proteggevo da eventuali razzie di Logan. Da quando aveva deciso di tenere i capelli lunghi, abusava dei miei prodotti come se ne fosse il legittimo proprietario. Ero, dunque, costretta a nasconderli non appena avessi smesso di usarli. È probabile che avesse scoperto il mio covo già da un pezzo: sapeva sempre tutto e mi conosceva troppo bene. Tuttavia, mi piaceva illudermi di avere ancora un briciolo di privacy.
"Booboo, ti dai una mossa? Il bagno serve anche a me. Va a finire che arriveremo quando il film sarà già cominciato. E, in tutta onestà, non mi va di farmi raccontare da Janet cosa mi sono perso".
Parlando del diavolo. La sua voce era attutita dal legno della porta, ma il tono seccato si percepiva lo stesso. Il nomignolo affettuoso con cui mi chiamò, però, lasciava intuire che non avesse ancora perso la pazienza.
"Quando sarò a Inverness ti mancherà condividere con me il bagno. Ti conviene godere di questi momenti, adesso che puoi" cercai di muoverlo a compassione.
Strofinai e pettinai con energia i capelli bagnati. Sembravano quasi corvini. Da bambina aspiravo tanto ad averli biondi come quelli di mio fratello. Poi crescendo avevo smesso di idolatrarlo a tal punto e di volergli somigliare in tutto e per tutto.
Tamponai la faccia con un asciugamano e aprii il cassetto dei prodotti che mamma usava per il viso.
"Non vedo l'ora che tu te ne vada, piuttosto" ribatté mio fratello, con una puntina di esasperazione in più nella sua replica.
"Ti manco già, ammettilo!".
Svitai il tappo della crema-giorno e ne spalmai un po' sulla pelle. Profumava di caramello, la fragranza che profumava l'aria ogni qualvolta mia madre mi era vicino.
"L'unica cosa che mi manca è la capacità di trattenere ulteriormente il mio piscio" si lamentò Logan, al culmine della sopportazione.
"Logan! Che modi sono?" lo sgridò mamma, irritata.
Mi lasciai sfuggire un risolino inudibile. Tolsi l'accappatoio e ammirai il mio riflesso nello specchio. Tutte quelle lentiggini, su ogni centimetro della mia pelle, all'epoca mi davano davvero fastidio. Mi sentivo macchiata, difettosa. Avrei tanto voluto che sparissero.
"È chiusa là dentro da una vita!" la protesta di Logan mi trascinò con violenza nella realtà.
Sbuffai ed emisi un grugnito frustrato che mi graffiò la gola. Appesi il mio accappatoio all'apposito gancio e indossai la biancheria. Spremei una noce di crema per il corpo sul palmo di una mano e la applicai su gambe, pancia e braccia. Svelta, ma non eccessivamente.
"Nimue, tesoro, ne hai ancora per molto? Potresti avviarti al Meadowland con tuo padre" intervenne di nuovo mamma, conciliante.
"Cinque minuti".
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Come i cieli di Scozia
RomanceTW: Questa storia presenta contenuti che potrebbero risultare disturbanti per persone sensibili o troppo giovani. Si raccomanda la lettura a un pubblico adulto e coscienzioso. ••• «Ho solo una regola: non puoi baciarmi». «Dove?». «In bocca». «Vorrà...