Se(t)te ne andrai

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⚠️ AVVERTENZA: IN QUESTO CAPITOLO È PRESENTE UNA SCENA DI SESSO ESPLICITO. SI RACCOMANDA LA LETTURA A UN PUBBLICO CONSAPEVOLE ⚠️

Il frastuono prodotto dal mio cuore mi otturò le orecchie. Le mie mani erano appiccicose di sudore. Mi staccai dal muro ed entrai in cucina senza salutare nessuno. Dovevo avere una faccia orribile, perché mi guardarono abbastanza allarmati.

"Nimue, tesoro, quando sei rientrata?" chiese mia madre, premurosa.

"E tu da dove vieni?" si pronunciò Logan, in contemporanea.

Inspirai ed espirai con lentezza per regolarizzare il respiro. Spostai una sedia da sotto al tavolo e mi ci sedei.

"Che sta succedendo?" domandai; la voce ridotta a un sussurro.

Schiarii la gola e cercai i loro occhi. Logan era preoccupato, ma manteneva un certo contegno. Mia madre sorrideva, forse per tranquillizzarmi o convincermi che non ci fosse nulla per cui agitarsi. Papà sembrava assorto. Aveva poggiato il portafogli sul piano di legno e se lo rigirava in una mano. Nessuno fiatò.

"Vi ho sentiti discutere. Quindi risparmiatevi le balle" insistei.

Mi concentrai soprattutto su mio fratello, perché era più probabile che fosse il primo a crollare. I miei mi trattavano ancora da fragile fiorellino di carta velina, non mi avrebbero mai coinvolta di loro spontanea volontà in qualcosa che reputavano più grande di me.

Mamma e papà si scambiarono un'occhiata. Quello sguardo urlò più forte di quanto avrebbero voluto.

"Non potrò andare più all'università?" mormorai, insicura.

Non dovevo piangere, quindi deglutii a fatica e sbattei più volte le palpebre.

Non che avessi davvero a cuore la mia istruzione. Tuttavia, era il mio lasciapassare, il biglietto di sola andata per fuggire, finalmente, via da Petrichor. Di conseguenza essere priva di un alloggio – a poco più di tre settimane dall'inizio dei corsi – costituiva un impedimento dalla portata considerevole.

"Non dire sciocchezze! Abbiamo firmato un contratto e depositato una caparra. Vedrai che il signor Sutherland sarà in ferie: in fondo è pur sempre agosto".

Non saprei dire se le parole di mia madre fossero volte a rincuorare me o se stessa. Fatto sta che per lei l'argomento era chiuso: aprì il frigo e aspettò che le venisse qualche idea per la cena.

"Stai serena – aggiunse papà, posando una mano sulle mie – In ogni caso, la tua partenza per Inverness non è in dubbio. Cascasse il mondo" concluse, categorico.

Mi fece un occhiolino e mi sorrise. Avrei voluto fidarmi ciecamente, come quando ero piccola. Davo per certa ogni cosa mi raccontasse: tutte quelle favole e leggende per me erano reali. Così come ero convinta che bastasse desiderare con ardore qualcosa e rivolgersi a una stella, per far sì che si avverasse. Avevo molta nostalgia di quei giorni, perché ogni cosa sembrava più semplice.

Ero leggera, come la piuma di un uccellino che planava aggraziata al suolo. Invece allora i venti avevano cominciato a sballottolarla con vigore. Certo, il viaggio sarebbe stato più turbolento, ma sempre a terra si sarebbe adagiata. Bastava soltanto avere pazienza. Sospirai e scelsi di credergli, nonostante il mio sesto senso non fosse altrettanto persuaso. La mano grande di papà si trasferì dalle mie al mio viso, per una carezza veloce che coinvolse guancia e mento.

"D'accordo. Se Logan va a verificare che sia tutto a posto, però, io lo accompagno" dichiarai, con un tono che non ammetteva obiezioni.

Mio fratello era stato zitto, ma aveva osservato la scena. Papà si scostò da me e piantò gli occhi in quelli di Logan. Mamma, indaffarata a lavare verdure nel lavello, forse non aveva udito a causa dello scroscio d'acqua. Era il momento della verità: se mi avessero concesso quella piccola gita, avrebbe significato che erano davvero pronti al grande passo. Altrimenti stavamo solamente perdendo tempo.

Come i cieli di ScoziaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora