Tre, tana per te

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"Ti ho mai raccontato di quando mi allenavo per partecipare al Sail Caledonia?".

Mia madre era appoggiata di schiena al lavello della cucina e sorseggiava succo d'arancia. Avrei dovuto assentire alla sua domanda: tirava spesso fuori quella storia, soprattutto quando io e Logan eravamo bambini. Col tempo, era diventato evidente a entrambi che vi facesse ricorso ogni qualvolta avvertisse la necessità di ribadirne l'insegnamento.

Somigliava – per certi versi – a Fido, il cane di Lilly e il vagabondo. Sono anni che non guardo quel cartone animato, ma mi è rimasta impressa una sua frase canonica: "Non mi ricordo se vi ho mai parlato di nonno Fedele". Naturalmente, anche in quel caso la risposta era affermativa.

"Avevo una paura terribile di cascare in acqua" preluse mamma, incurante dell'espressione seccata di mio fratello.

Logan, seduto di fronte a me, finse di spararsi una pallottola in testa. Mi scappò una risatina. Nostra madre gli lanciò un'occhiata intimidatoria e lui si tappò la bocca con una cucchiaiata di latte e cereali.

"Ero rigida, non riuscivo a gestire bene la vela, preoccupata di essere sbilanciata da un eventuale movimento brusco" continuò, imperterrita.

Posò il bicchiere ormai vuoto nel lavandino. Dopo si avvicinò alla mia sedia e mi accarezzò il volto con un sorriso affettuoso. Il profumo al caramello che la avvolgeva scortò quel suo movimento.

L'attenzione inaspettata attivò in me un campanello d'allarme: la lezione era per me. Logan era soltanto un effetto collaterale: nel posto sbagliato al momento sbagliato. D'altra parte, doveva pur fare colazione.

"Insomma, sai cosa architettò alla fine tuo nonno? D'accordo con l'istruttore, provocò di proposito una mia caduta".

Un sorriso rassegnato accompagnò la conclusione di quel discorso. Si posizionò in piedi accanto a Logan e mi studiò per qualche attimo.

"Che stronzo" decretò mio fratello, con disappunto.

Lo guardai di sfuggita e mi fece un occhiolino. Morsi il mio labbro inferiore per trattenere un sorrisetto complice. Nostra madre sospirò. Forse non eravamo stati tanto furtivi come credevamo.

"Invece no, perché così la paura passò. Costringendomi a scontrarmi con ciò che mi terrorizzava, mi ha aiutata a capire quanto fosse in realtà insignificante. Mi ero tormentata inutilmente. Infatti poi sono stata molto più sciolta e sicura di me, e ho governato quella barca a vela come se fosse un gioco da ragazzi" lei non si perse d'animo, sorvolando sull'insolenza di Logan.

"Questo per dire che...?" la sollecitò per l'appunto mio fratello.

Si doveva star divertendo un mondo. Strano che non si fosse ancora beccato un buffetto sulla nuca da mamma.

"Che prendersi un bello spavento a volte è meglio che vivere nell'angoscia. Nimue sa bene a cosa mi riferisco".

Sollevò un sopracciglio e le sue labbra si assottigliarono in una linea retta. Con un cenno del capo si assicurò che avessi colto il messaggio sottinteso. Annuii e calò il silenzio.

Logan si schiarì la gola e proiettò l'attenzione su di sé, informandoci di alcune idee che aveva avuto per migliorare i nostri bilanci mensili. Mia madre mi teneva sotto controllo, nonostante lo stesse ascoltando.

Era ovvio che sapessero di Benjamin. D'altronde, non poteva essere altrimenti. Fino ad allora non era ancora stato affrontato l'argomento. In verità nemmeno in quel momento se n'era discusso esplicitamente. Il riferimento velato, però, era inequivocabile.

Era il quarto giorno dal suo ritorno sull'isola.

Avevo già statuito che non avrei tratto alcun tipo di giovamento dal nascondino. Tant'è vero che ero lì in cucina con loro due, alle sei di un mattino di agosto. La telepatia che ci fu tra me e mia madre quel giorno ancora mi stupisce.

Come i cieli di ScoziaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora