Dall'otto al nove l'acqua non si muove

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La sensazione più gradevole di ogni risveglio è racchiusa in quei fugaci attimi che precedono la presa di coscienza. Le palpebre si schiudono, i contorni di ciò che si ha attorno si delineano. Il confine tra il mondo onirico e la realtà è così labile da risultare indistinto. Allora ci si stiracchia e si affonda col viso nel cuscino per protrarre quello stato di serenità. Il cervello, intanto, processa già le informazioni, gli ultimi avvenimenti. Ed accade che, senza neppure accorgersene, si è di nuovo padroni di sé.

Quanto avrei voluto che i miei ricordi del giorno prima fossero stati soltanto un incubo dal quale ero appena riaffiorata. Mugolai e mi nascosi sotto il lenzuolo.

Trasalii quando quest'ultimo si mosse nella direzione opposta, animato da forza propria. Impiegai qualche secondo a metabolizzare e diedi uno strattone.

"Nimue, finiscila" borbottò Logan, in dormiveglia, con voce assonnata.

"Grazie per avermi fatto cominciare la giornata con la puzza del tuo alito in faccia" mi lamentai, girandomi su un fianco per dargli le spalle.

"Il tuo infatti profuma" commentò, sarcastico.

Tirò verso di sé la coperta, per protesta, e – come se non bastasse – liberò una sonora scorreggia.

"Ma che schifo, Logan!" gridai, disgustata.

Mi alzai dal divano-letto alla velocità della luce e corsi alla finestra. La vista mi si appannò per la rapidità della mia azione, ma durò poco.

Mio fratello rise di gusto e si voltò a guardarmi, soddisfatto. La fossetta sul suo mento si allargava, quando sorrideva.

Sbirciai tra le tende e aprii un'anta. L'appartamento di Jake dava su un viale alberato, che separava l'edificio dal fiume. Il cielo era plumbeo, in stasi, come il mio umore. Non c'era il sole, ma non pioveva. Non ero felice, ma neppure triste. Ero in pausa.

"Buongiorno, mattinieri" esordì Jake, divertito.

Comparve dalla cucina con indosso il pigiama e in mano una tazza. Logan mugugnò e si premé il cuscino sul volto.

"Che ore sono?" domandò.

La frase era attutita, ma comprensibile. Io e Jake ci scambiammo un finto sguardo esasperato.

"È l'ora che ti svegli" decretai, senza mezze misure.

Jake ridacchiò e sollevò il contenitore in segno di brindisi. Lo raggiunsi e sorpassai. Non aveva apparecchiato la tavola per la colazione: si era solo preparato il caffè. Avevo una fame allucinante, se si calcola che la sera precedente mi ero nutrita solo di qualche patatina fritta. Avevo soprattutto bisogno di compensare tutte le energie consumate nel bagno di quel pub.

"Che posso offrirti?" s'intromise il padrone di casa, che mi aveva seguita.

"Un appartamento qui a Inverness?" ribattei; ironica, ma non troppo.

Il cameriere senza nome aveva risolto ben poco. Avevo spento i pensieri in quel frangente, ma il problema non era svanito. Anzi, picchiava, prepotente, nel mio inconscio. Jake non rise alla mia battuta, era riflessivo. Forse mi aveva presa sul serio.

"Hai della frutta?" indagai, decisa a cambiare argomento.

Curiosai nei paraggi, mentre mi portavo una mano davanti alla bocca per sbadigliare. Poi mi riempii un bicchiere d'acqua dal rubinetto.

"Nel frigo. Puoi servirti da te" rispose, gentile.

Bevve un ultimo sorso e depositò la tazza nel lavandino. Mi avvicinai ciondolante al frigorifero e lo spalancai, attenendomi alle sue istruzioni. Quando lo richiusi, mi resi conto che la distanza tra di noi era diminuita in modo notevole. Il mio cuore fece un piccolo saltello a piedi giunti per lo spavento.

Come i cieli di ScoziaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora