Capitolo 3

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I sentimenti si confondono e non resta altro che abbandonarvisi, lasciarli correre, dare tempo al tempo.
Mentre la luna si schiariva nel cielo, pallida e silenziosa, e il venticello muoveva l'atmosfera che mi circondava in modo leggero, tutto ciò che rappresentava il mio unico e costante fastidio era concentrato in lei.
Lei che aveva criticato il mio modo di essere.
Lei che aveva deriso la mia carriera.
Lei che aveva sbagliato il mio nome.
Lei.

Rigiravo interrottamente la penna tra le dita, un quadernino in mano e le gambe accavallate appoggiate alla ringhiera del mio appartamento che dava sui Victoria Embankment Gardens.

La immaginai, lei, ricoperta di fama, che necessitava di ancora più attenzioni di quante ne avesse già ricevute.
Un evento. Per lei era stato organizzato un evento.
E per cosa? Romance, fantasy e destino dagli Stati Uniti.
Mi chiedevo se quel destino la notte le suggerisse le vicende dei suoi libri, se le spiegasse cosa meglio doveva fare.
Mai neppure avevo sentito parlare di un suo romanzo, eppure avevo ben inteso che scrivesse da molto.

Più di tutti Matthew era perso nei suoi modi, in quella che lui definiva una personalità divergente.
Fotteva il cervello persino a Leonard, che senza nemmeno averne una piena visione l'aveva reputata sicuramente talentuosa e affascinante.

E nonostante tutto, quel fastidio nel mio stomaco sembrava andare a braccetto con qualcos'altro, qualcosa che ancora non avevo mai provato.
Qualcosa di cui allora negavo l'esistenza.
Così lì, sotto quel cielo non troppo stellato di Londra, mi decisi fosse frustrazione, la mia.
Ero stato messo in secondo piano da una non Rose di mezz'età.
Mai ancora mi era capitata una cosa simile. Avevo faticato molto per ritrovarmi in quello stato agevole, poi era arrivata lei e aveva minacciato di rovinare tutto.
Frustrazione.

Quasi mi sembrò di sentire le sue risate piacevoli.
Quando poi realizzai di averle sentite davvero, e che non fossero solo frutto della mia fervida immaginazione, sobbalzai sulla sedia, ritirando indietro le gambe.
Guardai al di sotto della ringhiera e la vidi. O meglio, li vidi. Confuso osservavo quella scena bizzarra alla luce del lampione.
La Rose e Leonard, seguiti da quella rossa che era al tavolo con noi la sera a cena, camminavano e ridevano, parlottando tra di loro come buoni vecchi amici.
La visione mi infastidì.
Quella ragazza era arrivata da pochissimi giorni e aveva già cercato in tutti i modi di prendere il mio posto, magari anche inconsapevolmente.

Leonard era il mio più vecchio amico, l'unico con cui avessi davvero stretto un legame importante.
E ora stava parlando con lei nel modo in cui soleva parlare con me.

Infastidito e confuso da quella visione, strinsi finalmente tra le dita la penna e scrissi.
Iniziavo a scrivere quando avevo qualcosa da dire, come un bambino che va dalla madre quando deve lamentarsi.
Ed era sempre punto e a capo.

"Non so perché, se ora mi chiedessero di eliminare il tuo personaggio dal mio romanzo, rifiuterei il consiglio, nonostante rappresenti tutto ciò che non stavo cercando.
O forse, da un altro punto di vista, sei esattamente quello che avrei voluto trovare."

Staccai la pagina dal quadernino e la infilai nella tasca dei miei pantaloni neri ripiegata in modo casuale.
Le voci orami non si sentivano quasi più, così mi sporsi per vedere dove fossero andati.
Ed eccoli, due palazzine dopo la mia, Leonard che stringeva ad entrambe la mano prima di andarsene verso la sua auto.
Se davvero il destino esiste, allora non è così clemente nei miei confronti.
Diedi un ultimo sguardo alla sua figura morbida prima che entrasse, dopodiché entrai anche io, ormai preso dai pensieri fino al collo.

Le pagine che ci dividonoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora