Prologo

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È il mio ultimo giro del circuito. L'ultima corsa del campionato a Lovolo. Stavolta è mio. Dormirò con il trofeo stanotte. Dopo tanta volontà e bravura sono qui e nessuno mi porterà via il primo posto. Accelero ancora la mia bimba, che grida sotto il mio culo. Mancano le ultime cinque curve e sono ancora prima, alle calcagna però ho la principessa delle stronze, Alessia. L'anno scorso ha vinto per poco, ma stavolta sono pronta. Affronto la terzultima curva. Afferro il freno, scalo di marcia velocemente e sento che la bimba sculetta. Riprendo il controllo e vado avanti. Accelero, ingranando due marce, la principessa adesso non mi è più alle calcagna, ma è accanto a me. Fanculo. Devo combattere. Affrontiamo la penultima curva insieme, sbattendo i manubri. Accelero fino in fondo e mi concentro. All'ultima curva ho acquisito terreno. Vedo il traguardo, quando all'improvviso mi sento spazzata via dalla mia Honda e poi il nulla.

Mi sveglio all'improvviso, ho due persone attorno a me, sono troppo vicine e mi toccano. Non riesco a respirare bene e non riesco a parlare, cerco di alzarmi, ma qualcuno mi tiene ferma. Non riesco a mettere a fuoco. Sbatto le palpebre. Una. Due volte, ma nulla. Solo il buio.

Apro gli occhi, sperando di trovarmi a letto e che tutto quello era un incubo. Solo che sono in un letto, ma non nel mio. Stavolta riesco a mettere a fuoco e mi rendo conto di essere in ospedale.

<<Oh piccola, finalmente ti sei svegliata>>dice mia madre. Non mi ero accorta che era qui, accanto al mio letto. Guardo meglio e noto anche mio padre vicino a lei.

<<Cos'è successo?>> Chiedo con voce flebile. Mi sento debole.

<<Va tutto bene tesoro, tra un po' di giorni tornerai a casa>> dice mio padre.

<<Non hai risposto alla mia domanda papà>>.
Cerco di alzarmi e mettermi a sedere, ma non riesco a muovere il braccio destro, così mi volto e lo vedo immobile con una gabbia di ferro che lo circonda, arriva fino alla mia spalla.
Inizio a piangere, non è da me piangere, ma questo cambia tutto. Ho finito. La mia carriera di pilota è finita. Il braccio che accelera la mia piccola bimba adesso è rotto e piuttosto mal ridotto.

<<Non fare così. Andrà ben... >>comincia a dire mia madre, con qualche lacrima sul viso.

<<Non va bene. Non andrà niente bene. Ho finito. È finito tutto!>>dico arrabbiata.

Mio padre si avvicina. <<Non è finito niente. Ti rimetterai e più forte di prima>>.
Scuoto la testa. Non può essere! Perchè a me?

<<Ce la farai>>ribatte mio padre, accarezzandomi la guancia e asciugando una lacrima.

Tre giorni dopo vengo dimessa. Mi hanno trasferita all'ospedale di Milano dopo la caduta in pista a Lovolo, adesso sono in auto con i miei genitori, torniamo a casa a Lucca, ma nessuno osa fiatare. Nessuno mi ha detto cos'è successo. So solo che ho sbattuto la testa molto forte e nell'impatto con il terreno mi sono rotta la spalla; mi sono contusa un polmone e incrinata due costole, per cui adesso, dormire, sedersi e respirare è un lavoro arduo. Non vedo l'ora di vedere mio fratello. Lui si che mi capisce. Anche lui è un pilota di motocross e mi dirà cos'è successo davvero. Cos'ho sbagliato.

Dopo altre due ore arriviamo, papà parcheggia l'auto nel vialetto. Esco dall'auto e mi avvio verso la porta d'ingresso, aspetto che mamma apra la porta e mi ci infilo dentro.

<<Sorpresa!!>>.

Vengo avvolta da quattro braccia, quelle di mio fratello e quelle della mia migliore amica.

<<Ahi!>> Squittisco. <<Non così forte, per favore>>.

<<Scusa>>dice Sara.

Non ti ho mai odiato davveroDove le storie prendono vita. Scoprilo ora