IX

95 10 4
                                    

Ad Halloween chiesi a Vale se le andava dormire da me. In tempi normali non l'avrei mai fatto, pensando di destare sospetti sui miei sentimenti per lei. Ma data la mia situazione di semi-carcerata, invitare la mia migliore amica a dormire mi sembrò un rischio accettabile.

Mi resi conto solo dopo che il problema era un altro ed era abbastanza imbarazzante: il mio letto non era il letto di Vale. Era un letto a una piazza e dormirci in due presupponeva che fossimo molto appiccicate. Questo mi fece salire di nuovo l'ansia che lei sospettasse di me.

«Non mi ricordavo il tuo letto così. Ma che importa? Buon Halloween!» mi disse, semplicemente. Ci buttammo sopra le coperte e ci raccontammo idiotissime storie che, nella nostra mente, dovevano far paura, ma fuori la serata era tutt'altro che lugubre, e di brividi non se ne videro.

Purtroppo non era come dormire a casa di Vale: lei non era nel suo letto e ci mise moltissimo ad addormentarsi, io non riuscii a mantenermi sveglia, crollando probabilmente prima di lei, o tutt'al più assieme a lei.

Anche se costretta in metà letto, anche se non eravamo più le due ragazzine minute della seconda media per cui quel letto era poco meno di una piazza d'armi, il sonno fu meraviglioso e la presi un po' in giro per il lieve russare.

Facemmo a cuscinate, sancendo definitivamente che lei poteva dormire da me, senza che ciò destasse il minimo sospetto. E poi, ormai spericolata a causa della nottata andata bene, la spiai distrattamente mentre era in bagno, fingendo di lavarmi i denti. Fu un comportamento da stronze, lo so, ma dovevo farmi un regalo per essere stata perfetta quella notte.

****

Io non lo sapevo, ma in quei giorni mia madre aveva iniziato a frequentare un "amico", che vedeva prevalentemente in pausa pranzo o in ritagli di tempo che le consentivano di non dovermi dire nulla. Solo incidentalmente scoprii che si chiamava Giuseppe, aveva un paio di anni meno di mia madre e, tutto sommato, era un lusso per lei, che forse non si era curata molto nell'ultimo periodo.

«Ma ti stai vedendo con un tipo?» le chiesi durante una cena, e lei trasalì.

«Mangio qualche volta con una specie di collega».

"Una specie? E' un animale?" pensai, ma lasciai stare. Se voleva essere ipocrita anche in quel momento, erano problemi suoi.

Nei sabati in cui ero da mio padre, usciva. Me ne accorsi dall'odore del cesto dei panni, da cui estrassi un paio di abiti non propriamente da sabato pomeriggio.

Questo mi fece incazzare oltremodo.

«Ti rendi conto? Mi stanno tenendo segregata in casa ma poi uno ha la compagna con cui vive per i fatti suoi, e l'altra esce quando non sono in casa!».

Valeria colse l'assurdità della situazione, ma rise, minimizzando e facendo presente che gli adulti fanno cose stupide più spesso di quello che pensiamo.

«Si, ma le stanno facendo sulla mia pelle!».

Non contenta di farlo mentre ero da mio padre, iniziò a farlo anche nei sabati in cui ero a casa e invitavo Vale a dormire.

«Vi lascio sole» aveva preso a dire. Che stronza.

O meglio, era stronza perché aveva autorizzato le mie uscite pomeridiane solo per avere una merce di scambio per le sue uscite serali, in cui si preparava piuttosto accuratamente.

Mia madre aveva all'epoca quarantadue anni e, sebbene io la considerassi una vecchia stronza, non lo era. Era una donna con mille difetti, ma che aveva ancora la capacità di passare del tempo in compagnia, persino di bere alcol e lasciarsi andare. Ma questo non la esentava dal non raccontar cazzate a sua figlia: nella quasi totalità delle volte, usciva con le amiche ma poi si ritrovava con il suo Beppe.

FantastiqueDove le storie prendono vita. Scoprilo ora