Capitolo 2. Chi non c'è più

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A chi non c'è più.
A chi se n'è andato lasciando
nient'altro che un vuoto incolmabile.
Un vuoto che non si potrà
riempire mai più.

Zaynhugs alias Soleil Fiore


La sala del teatro Visual Art è gremita di persone, il chiacchiericcio si fa più intenso man mano che Gledis e la sua famiglia raggiungono i posti a loro assegnati.

Fa caldo nella stanza, così caldo che una volta seduta le viene naturale sganciarsi i primi due bottoni della camicetta accollata che ha deciso di indossare. Il sollievo è minimo, ma decide di farselo andar bene comunque e di annuire lieve quando suo padre le chiede se è tutto a posto.

Poi è un attimo: le luci si spengono e anche le chiacchiere dei presenti.

Il sipario viene aperto e le prime due figure fanno la loro entrata in scena. Subito un fisico slanciato e coperto da una maglietta a maniche corte bianca, dei pantaloni di jeans con i risvolti sugli stinchi e una giacchetta di pelle nera le saltano all'occhio.

È lui, è Kyle Wayland.

Ha il volto colorato da un fondotinta talmente bianco da impallidirne i tratti, da farlo apparire un cadavere, un fantasma che ha smarrito la luce. Inoltre ha lacrime secche abbarbicate agli angoli degli occhi e se ci fa caso, Gledis può scorgerne la scia arrivare fino a dentro il collo e lì morire. I capelli sono stati schiacciati sul capo con del gel, la bocca è storta, contrita in un'espressione addolorata.

E nonostante sappia che è soltanto una recita, che non c'è niente di reale in ciò che sta mettendo in scena, il cuore le si stritola comunque nel petto e pompa affanno, pompa fastidio.

Ma lei non sa che, invece, dietro a quelle parole sputate fuori con rabbia e afflizione c'è un'emozione forte che ne lega i contorni, ci sono spine conficcate nella pelle e macerie sbriciolate in castelli di acquerelli spenti. C'è morte, c'è un passato che vuol essere tirato fuori e c'è il ricordo di un paio di sorrisi dolci e distrutti dalla vita. I sorrisi dei genitori di lui, i sorrisi di chi non c'è più. E purtroppo a Kyle, mentre impersona il figlio dei coniugi inventati dal regista, morti in un'incidente aereo, mentre deposita al soffitto quel «ogni notte penso a voi, a come state lassù», viene da rimettere. Quasi si piega a farlo sul pavimento grezzo del teatro, quasi si piega al volere del male, ma poi la cerca tra le persone e non appena la trova e vede un sorriso fiero impresso sulle sue labbra, sa di dover andare avanti. Che non può perdersi, che non può lasciarsi schiacciare.

E così fa.

Ed è con il fiato rotto e le lacrime incastrate in gola che arriva alla fine dello spettacolo; ci arriva con il bisogno impellente di fumare e la voglia irrefrenabile di riabbracciare anche solo per un singolo istante i suoi genitori. È consapevole che ciò è impossibile, ma è altrettanto fottutamente impossibile farlo capire anche al cuore, anche all'anima.

«So quanto ti sia costato, Kyle» Mark lo affianca subito dopo aver finito di prendersi l'applauso scrosciante del pubblico e gli batte una pacca sulla spalla con fare affettuoso. Ha paura della sua reazione, ha paura che possa scaricare la tempesta emotiva facendo qualche cazzata. Ma contro ogni aspettativa, Kyle posa le iridi in quelle dell'amico e gli sorride a mezza via, annuendo lentamente.

Adesso che tutto è finito anche i nodi stanno cominciando a sciogliersi, a lasciare spazio ai polmoni di respirare come si deve.

«Ti va una sigaretta?» gli chiede, e Mark, senza indugiare oltre, va a recuperare il pacchetto nello spogliatoio. Successivamente spalancano l'enorme porta che affaccia sulla strada e il gelo delle undici e quaranta di sera gli sfregia feroce sulla faccia. Accendono velocemente le paglie e se le fumano con veemenza, tant'è che fanno presto a cacciarne fuori una seconda e poi una terza.

Ti cerco tra i petali di rosaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora