CHAPTER TWENTY-SIX

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« Può darsi, ma non c'è una certezza dietro a tutto ciò, che tu mi piaccia un po'. Ma, ricordati, può darsi ».

Affondò le mani nelle tasche dei pantaloncini e dovette scovare qualche sigaretta. Non trovando nulla, ficcò le mani nuovamente nelle tasche e riuscì ad impossessarsi di una. La prese e la accostò alle labbra.
Fumò, scrutando il cielo che, se la squadra della Thomas Jefferson avesse vinto, si sarebbe acquerellata di fuochi d'artificio la notte della partita.

L'astro della notte incombeva placido, intanto che il frinire delle cicale (sì, faceva già così caldo) e dei grilli smorzava l'assopimento negli occhi di Ji-sung. Infuriava una calda giornata, perfetta dunque per scolarsi bottigliette di Red Bull, o addirittura per fare digressioni alcoliche.
Ji-sung, comunque, era uno che preferiva andare a dormire presto, aveva l'indole proprio di un vecchio incartapecorito.

« Non credo che una persona esterna al nostro rapporto, capirebbe. Insomma, 'ste cotte non le capisci a meno che non le provi in prima persona ».
Esordì il rosso, fiaccando un impacciato sorriso in procinto di increspare le sue labbra.

Guardò verso il capitano, il quale si esimeva dal fare commenti o persino dal raggiungerlo nella sua collocazione nei pressi dei seggiolini di quella sorta di stadio, e si fumò la sigaretta, come la coup de foudre d'altronde: « Prendersi una cotta per qualcuno che conosci via chat, in rete, insomma... prendersi una cotta per qualcuno con cui sei uscito più di un paio di volte, non lo so fra', è un qualcosa che uno che non l'ha provato sulla propria pelle reputa stupido e infantile ».

Min-ho lo ascoltava, con una mano affondata in una tasca dei jeans strappati. Con l'altra arreggeva la bottiglia in alluminio.
Voleva effettivamente ricongiungersi con il rosso, che trepidante per qualche dubbio continuava ad aspirare assiduamente come se stesse bevendo un frappè con cannucce di carta, e voleva stargli accanto, a pochi centimetri, durante quella dichiarazione.
Sì, in fondo, era una dichiarazione.

Però, d'altra parte, la distanza di qualche metro tra i due, poiché Min-ho era accanto al bidone della spazzatura e Ji-sung un pochetto sopra, in piedi di fronte ad un seggiolino, stava vellicando il loro desiderio.
Un po' di distanza, in una maniera o nell'altra, li univa.

« Cosa mi è servito perché io capissi di non essere poi così eterosessuale? Degli snap? Qualche tua storie su Instagram? Non lo so. Non penso a 'ste cose, perché non so quanto ci sia da pensare in amore. Chiamiamolo amore, dai ».
Rise il rosso, sbuffando il fumo della sigaretta che offuscava il suo sguardo.
L'aria era disseminata di tabacco.

Una certa euforia si andava ispessendo dentro entrambi i ragazzi.

Min-ho sorrise.
E Ji-sung proseguì a dire ciò che gli passava per la testa, cercando, comunque, di non tirare per le lunghe: « Però, boh, non so da dove tutto questo abbia avuto inizio e non so neppure a che punto, a che livello, è il mio tormento personale dopo la rottura con Antranisha. E so che è brutto sentirsi dire che sei stato una sorta di rimpiazzo dopo la fine di una relazione importante ma credo che tu per me eri, o sei, anche quello. Un surrogato? Solo che neppure mi sono accorto dei miei sentimenti ».

GAYLAND ミ MINSUNG Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora