𖦹 - capitolo 5

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pov: y/n


𝘿opo averla sentita chiamare il mio nome mi ero girata lentamente, poco sicura su quel che mi aspettava ora.

"Si?", chiesi, cercando di sembrare calma.

"Credo... Credo che potremmo provare comunque ad essere...", cercò il mio sguardo, ed io per un attimo dimenticai di respirare, "amiche. A me non dispiacerebbe fare il progetto insieme per davvero."

Io, non sapendo cosa dire, osservai le mie scarpe.

"Senti, so che sono-", iniziò a scusarsi. Ma non avevo molta voglia di fare la seria in quel momento.

"Va bene.", tagliai corto, alzando lo sguardo e scrutando i suoi occhi azzurri. A quel punto, sorprendendo anche me stessa, la presi in giro.

"Strega."

Sentendo quella parola, Maxine fece una faccia talmente sorpresa che per un attimo pensai l'avesse presa male.
Poi però, scoppiò a ridere. Una bella risata, davvero.

Forse anche un po' troppo ammaliante, perché da quel momento mi era rimasta in testa. Adesso mi trovavo a cena, davanti ai miei genitori ed ai loro sguardi preoccupati. Sul mio piatto giacevano numerose foglie d'insalata e qualche fetta di agnello. Sopra alle nostre teste il lampadario sembrava emanare una luce più fredda del solito.

Pensando alla risata della mia nuova potenziale amica, tagliai un pezzettino di carne e lo portai alle labbra. Stavo per farlo. Lentamente, aprii la bocca ed infine riuscii ad assaporare l'animale. Wow.

"Finalmente! Allora sei capace di mangiare!", aveva esclamato mio padre ridendo.

Ma com'era sempre stato, sin da quando ero piccola e mi impressionavo per i film che a lui tanto piacevano, ciò che faceva ridere lui faceva piangere me.

Forse non avevo poi così fame. Inoltre, una forchettata di carne d'agnello bastava, dopotutto la carne è nutriente. Misi entrambe le posate sul piatto e presi esso presi tra le mani.

"Sapete, non ne ho più molta voglia, grazie comunque però. Ora vado a dormire.", dissi sorridendo, dirigendomi verso il lavandino, pronta a buttare via il pasto.

"Basta adesso.", disse mi padre con voce ferma e severa, "Y/n, siediti subito a tavola." Rabbrividii.

Piano piano mi avvicinai al tavolo, dove presi posto sulla mia solita sedia. A quel punto mio padre si alzò e si diresse verso di me con l'espressione più maligna che avessi mai visto in vita mia dipinta sul volto.
Una volta dietro di me, lo sentii prendermi per il collo e fare pressione su un punto specifico, che conoscevo sin troppo bene.

Essendo mio padre un ex Marines sapeva benissimo su quali muscoli esercitare pressione per ottenere un risultato specifico. Quando ero piccola, mi aveva mostrato dove premere per fare in modo di costringere qualcuno ad aprire la bocca. Ed ora eccolo, ad usare quel sistema contro di me. Guardai mia mamma, nella disperata speranza che facesse qualcosa contro mio padre, che mi aiutasse.
Ma ella non fece altro che mormorare.

"Scusa piccola mia, lo faccio per il tuo bene, lo sai. Non muoverti, dai... Lo facciamo per il tuo bene. Per il tuo bene."

Con le lacrime agli occhi, feci la cosa che mi parse più ovvia.

Difendermi.

Mio padre non solo mi aveva insegnato come far spalancare la bocca a qualcuno, ma anche come difendermi nel caso qualcuno avesse dovuto fare la stessa cosa a me. Stupido.

Gli presi la mano con la quale esercitava pressione, poi, portandola verso il pavimento, mi alzai di scatto e afferrai l'altro polso. Ora gli tenevo entrambe le mani dietro alla schiena, come un poliziotto che arrestava un criminale.

"Y/n! Come osi! È tuo padre quello!", urlava mia madre in preda al panico, ma ovviamente senza muoversi. Era troppo debole per difendere il suo amatissimo marito, lo sapeva anche lei.

Solo a quel punto mi resi veramente conto di ciò che avevo fatto. Solo a quel punto vidi mio padre in ginocchio con i polsi sanguinanti. Solo a quel punto capii che l'unica opzione che mi era rimasta era scappare.

Lo lasciai andare ed a quel punto corsi all'aria aperta. Non sapevo da dove venisse quest'energia, considerando che ad educazione fisica mi sentivo mancare non appena finivo il secondo giro di corsa attorno alla palestra.

Corsi per diversi chilometri, fino ad arrivare in uno strano quartiere. Non sembrava esserci molta gente lì. In quel momento mi accorsi di trovarmi in periferia, al parcheggio per roulotte vicino al bosco, dov'era stata trovata morta Chrissy Cunningham un anno prima.

Di colpo, un cane iniziò ad abbaiare come un pazzo, facendomi prendere un colpo. Rimasi lì a guardarlo, poi mi avvicinai con cautela. Quello continuava a ringhiare.

"Ehi piccolo. Hai fame? Ringrazia i cieli che ci sono io.", rise la voce di una ragazza.

"Maxine!", gridai in preda all'euforia, "Maxine, sei tu?"

"Y/n? Y/n, che diamine ci fai qui? Che diavolo succede?"

Stavo per correrle incontro, così da poterle spiegare l'accaduto, quando svenni.

𝐖𝐈𝐓𝐂𝐇 | 𝗆.𝗆𝖺𝗒𝖿𝗂𝖾𝗅𝖽Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora