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Bahrain

13 aprile 2021


«Sì, Stephan, ho tutto». Roteai gli occhi, mentre il mio preparatore atletico continuava a pormi domande. Eravamo in chiamata da più di mezz'ora, perché non voleva dimenticassi qualcosa in hotel. «Sì, ho anche la sedia a rotelle e no, non mi stancherò, non ti preoccupare. Ora è meglio che vada, se vuoi che arrivi presto. Ci sentiamo non appena atterro». Non gli diedi neppure il tempo di replicare, che staccai la chiamata, sapendo perfettamente che, se non lo avessi fatto, avrebbe continuato a tartassarmi di domande. Solitamente non partivo mai il martedì di gara, ma il mercoledì, però Stephan mi aveva ordinato di non salire sulla mia monoposto stanca e quindi era chiaro che arrivare prima in albergo significasse anche riposare le mie gambe, che ancora non erano ritornate alla normalità. Il viaggio nel mio jet privato non era mai divertente quando ero da sola, perché non avevo come impegnare il mio tempo. Potevo solamente guardare qualche film, ascoltare le canzoni o giocare con le carte. Insomma, niente di davvero entusiasmante. Dall'altro lato, però, quelli erano anche gli unici momenti in cui mi trovavo perfettamente in bilico tra il lavoro che amavo (e che ancora amo) e la tranquillità. Inoltre, erano anche i miei ultimi momenti da sola, perché, non appena avessi messo piede sul suolo europeo, la mia vita sarebbe ritornata a essere movimentata, esattamente come l'avevo lasciata. Avrei avuto le gare a impegnarmi, Pierre, anche le uscite con gli altri piloti con cui ero amica, gli allenamenti con Stephan e gli incontri con il team. La vita che avevo conosciuto in Bahrain, quando ero completamente sola, sarebbe scomparsa, ma, forse, ciò non mi dispiaceva più di tanto. Per quanto amassi la calma, tutti quei mesi di rapporti sporadici con altre persone mi avevano fatto comprendere quanto fosse bello essere accerchiati da qualcuno che apprezziamo e che apprezza noi e ciò che facciamo. Quel viaggio, tutto sommato, non fu male. Certo, non avevo potuto fare granché, ma il pensiero che stessi finalmente tornando a gareggiare bastava a farmi andare in fibrillazione. Quando finalmente il jet atterrò, avvertii una sensazione strana allo stomaco e un fastidioso formicolio alle mani che non aveva intenzione di abbandonarmi. «Siamo davvero qui, di nuovo». Rimasi a guardare la pista di atterraggio, quasi non riuscissi a capacitarmi di essere ritornata, se non a casa, almeno in Europa.

«Signorina, ha intenzione di rimanere lì a guardare il nulla cosmico?». Conoscevo quella voce troppo bene e, infatti, quando mi voltai vidi Nyck davanti a me, con un cappello da finto tassista, e non potetti fare altro se non scoppiare a ridere.

«Ma cosa hai in testa?». Riuscii a dire, mentre mi mantenevo la pancia dalle troppe risate. Sorrise anche lui, avvicinandosi a me e aiutandomi con le valigie.

«Dovevo calarmi nella parte». Scossi la testa, incredula e fin troppo divertita per dire altro.

«Come hai fatto ad entrare?». Fece spallucce, quasi fosse stato un gioco da ragazzi.

«Non ci è voluto molto perché mi riconoscessero, in realtà. Hanno capito che ero qui per un altro pilota e mi hanno fatto entrare». Annuii e non posi altre domande. Nyck aveva preso tutti i miei bagagli, per paura che potessi stancarmi, mentre io mi limitavo a muovermi con le stampelle, per cercare di non affaticare troppo le gambe, soprattutto dopo il viaggio. «Com'è sapere che ritornerai a correre?».

«È una bella sensazione, ma ho un po' di ansia. Non sono il tipo da averne, però, dopo un infortunio di questo genere, immagino sia normale». Si limitò ad annuire. «Ti ringrazio di essermi venuto a prendere. Ho preferito chiedere a te perché eri già qui in Italia e perché saresti dovuto ugualmente venire al Gran Premio, in quanto pilota di riserva». Gli sorrisi, dopo aver marcato quel pilota di riserva, e lui roteò gli occhi, scherzosamente.

«Solo perché guidi una Mercedes, non dovresti fare tanto la superiore». Mi gettò uno sguardo e io continuai a guardarlo divertita, ma fingendomi dispiaciuta. «Comunque può farmi solo piacere, lo sai. Più che altro mi auguro non ci siano troppi paparazzi. Credo che la voce che mi trovo in questo aeroporto si sia ormai diffusa, visto che alcuni fan mi hanno fermato mentre ti stavo raggiungendo».

All we have is now || Pierre GaslyDove le storie prendono vita. Scoprilo ora