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Imola

15 aprile 2021


Tornare a correre era diventato l'unico scopo della mia vita, l'unica ragione che mi spingesse ad andare avanti nonostante le mie tante paure e il tremendo dolore che dovevo cercare di camuffare. Era tutto ciò che sognavo e di cui avevo bisogno. Eppure, quando mi ritrovai nuovamente nella mia monoposto, era come se volessi scomparire. Avevo paura di non farcela, di non riuscire a guidare, di urlare per il dolore perché, in realtà, non ero ancora guarita. E tutti i miei timori si erano trasformati in realtà. Era solo venerdì e già sentivo che non ce l'avrei fatta. Tutto era estremamente difficile per me, dall'entrare nella monoposto al guidare ad altissime velocità facendo leva proprio sulle gambe. I miei occhi a stento riuscivano a tenersi aperti dal dolore, dovevo stringere i denti e mordermi le labbra per non urlare e con molta forza di volontà dovevo mantenere le gambe ferme e i piedi sui pedali. Il mio unico desiderio, in quel momento, era di afferrare tutto ciò che mi ero portata, ripartire alla volta del Bahrain e sistemarmi di nuovo nella mia amatissima camera d'hotel, lontano dai riflettori.

«Ann, rientra pure ai box». Mi disse Bono, senza dilungarsi, facendomi comprendere che, in realtà, lo scopo era sapere quali fossero i punti forti e quelli deboli della monoposto, così da poterli migliorare prima della gara. Lo ascoltai, più che felice di avere del tempo per riprendermi e per far riposare le mie gambe. Quando uscii dalla monoposto, Bono mi domandò se stessi bene e se avessi bisogno di qualcosa. Era ovvio che Toto lo avesse informato delle mie condizioni di salute e che, dunque, sapesse che non ero nella migliore forma fisica possibile. Io mi limitai ad annuire e a rispondere che andava tutto bene, nonostante il mio corpo dicesse tutt'altro. Certamente non mi aspettavo un ritorno rose e fiori, sarebbe stato da stupidi, ma neanche un via così traumatico. La mia situazione era simile a quella che aveva attraversato e che stava ancora attraversando Marquez in MotoGP, ma speravo di non dovermi sottoporre anche io a molteplici interventi e compromettere il campionato. «Riscontri qualche difficoltà nella monoposto?». I miei risultati erano più che sottotono se paragonati a quelli di Valtteri, ma la mia quindicesima posizione era qualcosa da cui potevo partire per costruirmi il mio weekend. Dubitavo che sarei riuscita a terminare la gara tra le prime posizione, ma era fondamentale anche solo portare a casa un punto.

«Ho un po' di sovrasterzo. So che la mia prestazione sottotono non è dovuta solo a questo, ma vorrei limitare i danni il più possibile». Mi pose una mano sulla spalla per rassicurarmi, prima di farmi cenno di andare ad accomodarmi.

«Non preoccuparti, faremo il possibile perché tu possa sentirti a tuo agio». Gli sorrisi, prima di abbassare la cerniera della mia tuta e rimanere in maglietta termica. Diedi qualche pacca sulla spalla agli ingegneri, per poi incamminarmi verso Toto. Lui mi notò e mi sorrise, per poi farmi cenno di accomodarmi al suo fianco. Obbedii, avvertendo che dovesse parlarmi di qualcosa.

«Come va il dolore?». Mi domandò, capendo che, nonostante cercassi di nasconderlo, comunque c'era ed era molto. Decisi di non mentire, d'altronde non avrebbe giovato a nessuno e non mi avrebbe aiutato a farlo scomparire.

«È davvero insopportabile. Credevo che il picco di dolore lo avessi toccato quando mi sono infortunata, ma sforzare le gambe è ancora più doloroso». Sostenni, mentre cercavo di sistemarmi nel miglior modo possibile sullo sgabello affinché le mie gambe si trovassero in una posizione comoda e non avessi bisogno di piegarle. «Comunque, ho scelto io di ritornare a gareggiare nonostante fossi al corrente delle mie condizioni fisiche. Sarà dura fare finta di nulla - o meglio, fingere che il dolore sia sopportabile - ma ci proverò. Il mio sogno è quello di diventare campione del mondo e riuscirci con quest'infortunio sarebbe ancora più soddisfacente».

All we have is now || Pierre GaslyDove le storie prendono vita. Scoprilo ora