Capitolo 13

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Malinconia?

Elisa's pov

"Nelle lunghe giornate di pioggia, anche gli istanti sembrano stanchi. Scorrono con lentezza, quasi a sussurrare al mondo la loro tristezza". Oggi il mio stato d'animo è perfettamente abbinato al tempo: cielo cupo e carico di nuvole, la luce dei lampi che illumina la mia stanza dalle piccole fessure della serranda e il forte rimbombo dei tuoni, prima lontani e poi vicini, poi quella pioggia che ricade aggressiva sulla strada e colpisce le finestre facendo dei rumori quasi impercettibili, ma che se ascoltati con il più totale silenzio ci si può anche addormentare. Ed io oggi mi sento proprio come questa pioggia, triste e arrabbiata, arrabbiata con me stessa per tutto quanto e triste per Spencer, non mi ha ancora chiamata e questo lascia trasparire in me anche un velo di preoccupazione. Mi alzo dal letto sospirando, metto i primi vestiti che trovo e le scarpe per poi mettermi la giacca; scendo le scale uscendo di casa e mi lascio andare in un altro sospiro, ma questa volta liberatorio...sapete, mi piace camminare sotto la pioggia così nessuno può vedermi piangere. Il posto più adatto in cui andare è il parco, isolato e con le altalene tutte per me. Mi dirigo verso il parco godendomi la pioggia che ricade sul mio corpo bagnandomi i vestiti, con le cuffie alle orecchie e la musica a basso volume per sentire le gocce, una volta arrivata salgo sulla prima altalena, alzo il volume nelle cuffie e comincio a dondolarmi avanti e indietro lasciando spazio a ogni pensiero ed ogni sfogo. Le mie lacrime si confondono con la pioggia e la mia testa vaga tra un milione di pensieri, le parole della canzone risuonano ad ogni voce nella mia testa.

Spencer's pov

Guardo quel soffitto così spoglio e semplice tinto di bianco, probabilmente oggi decideranno cosa fare con me e spero solo che sia qualcosa di positivo...non voglio più stare qui dentro e tanto meno vedere mio padre, anche se mi rendo conto che il mio unico pensiero finora è stato: lei e il "voglio uscire da qui". Sospiro per l'ennesima volta mettendomi seduto con le poche forze che ho a causa dei dolori, sentendo la porta aprirsi mi volto verso di essa col viso e vedo il dottore avanzare verso di me <<Salve Charnas, come si sente? Spero un po' meglio>> lo guardo mettendomi meglio <<Beh, un pochino meglio>> dopo avermi fatto l'ennesimo accertamento mi libera dalle flebo, mi porge due stampelle e mi accompagna nell'ufficio del direttore di questo manicomio. Il dottore bussa alla porta e dopo aver udito "avanti" entriamo dentro, mi guardo attorno e devo dire che è davvero accogliente qui, mi siedo tenendomi alle stampelle e rimango in silenzio finché il direttore non inizia a spezzare il silenzio <<A quanto mi è stato riferito lei è migliorato a dir poco, o mi correggo, non ha causato alcun problema da quando è qui...soprattutto non ha dato cenni del suo problema nell'ultimo periodo>> annuisco leggermente guardandolo, senza dire una parola <<L'unico problema in questi ultimi mesi è stato suo padre a detta degli infermieri, quindi se a lei va bene potrei proporle una soluzione>> stringo una stampella ascoltandolo <<Uhm di che si tratta?>> chiedo leggermente preoccupato <<La farò uscire da qui, ma dovrà farsi un po' di tempo agli arresti domiciliari e poi sarà libero>> sul mio volto si forma un enorme sorriso e i miei occhi si fanno subito umidi, il mio primo pensiero va a lei <<Certo va benissimo! Quanto tempo dovrò stare ai domiciliari?>> prende un documento da firmare per il rilascio <<Qui dice che siccome hai scontato già due anni e mezzo qui al manicomio senza presentare segni di psicopatia e sociopatia, dovrai farti solo qualche mese senza allontanarti oltre il cortile di casa tua e oltre alla tua compagna non dovrà entrare nessun'altro in casa.>> lo ascolto annuendo di tanto in tanto per fargli capire che sto prestando attenzione e sorrido nuovamente <<Perfetto allora!>> lascio firmare il documento a lui dove deve poi prendo la penna firmando le mie parti, dopodiché lo saluto contento e seguito dal dottore prendo le stampelle uscendo. Entro nella mia stanza e mi siedo dolorante sul lettino aspettando che portino i miei vestiti, che sono rimasti imbustati da quando mi hanno portato qui, sospiro contento fissando un punto indefinito dando il via ad una serie di pensieri. 

Krueger's pov

Devo ammettere che sono felice anche io che finalmente usciamo da questo buco di merda, finalmente posso riavere la mia donna tra le mie mani senza rotture di coglioni come qua dentro! Sicuramente i domiciliari sono meglio che stare qui, tanto qualche mese in casa cosa vuoi che sia? Poi con lei accanto a me va da Cristo. Sorrido facendo formare il sorriso sulle labbra di Spencer, non è da me tutto questo, provare "emozioni" e non dare segni di vita, però da quando c'è lei è tutto così diverso anche per me...la parte meno razionale di Spencer.

Spencer's pov

Mi rende felice sentire di nuovo dopo tanto tempo Krueger e le sue stronzate...anche se in questo momento devo dire che sono cose vere e comprensibili. L'infermiere che entra nella mia stanza per consegnarmi i vestiti mi risveglia dal mio stato pensieroso, appena mi lascia nuovamente solo inizio a cambiarmi, sentendomi molto più a mio agio dopo tanto tempo: una maglia nera degli Slipknot e jeans neri con gli strappi sulle ginocchia, le mie converse nere e la giacca in pelle; mi sistemo i capelli e riprendo le stampelle andando passo per passo alla porta. Raggiungo l'infermiere fuori dalla camera e mi accompagna davanti all'auto della polizia diretto a Los Angeles, che mi avrebbe portato fino a casa mia, saluto l'infermiere abbracciandolo istintivamente e salgo nei posti dietro dandogli l'indirizzo preciso, pochi istanti dopo il taxi parte ed io porto il mio sguardo fuori dal finestrino. Lungo il tragitto il cielo si intristisce diventando sempre più cupo, quelle nuvole cariche e piangenti, avanzato il cartello "Los Angeles" le gocce iniziano a cadere sul vetro della macchina bagnandolo goccia per goccia sempre di più fino ad arrivare al diluvio completo, che risuona anche sul tettuccio; le mie narici vengono invase dall'odore di bagnato e di acqua piovana: questa è la mia città. Finalmente a casa...wow e chi l'avrebbe mai detto che le cose sarebbero andate così? Io credevo che sarei rimasto per sempre in quel manicomio, lontano da casa e lontano dalla mia ragazza, ma fortunatamente le cose sono andate diversamente e ne è valsa la pena! Probabilmente lei sarà davanti alla finestra a fissare la pioggia interminabilmente, o forse, per come mi sono comportato ieri è triste e magari sta facendo altro...sospiro rattristandomi leggermente e pochi minuti dopo l'auto si ferma davanti a casa mia, un leggero sorriso si incurva sulle mie labbra, scendo e con gli agenti entro dentro casa dal retro siccome è l'unica porta che rimane sempre aperta nel caso ci dimentichiamo le chiavi. Entrando un'altra volta quel senso di libertà si fa sentire, dopo aver parlato con l'agente mi lascio mettere la cavigliera che dovrebbe suonare nel caso io mi allontani, li accompagno alla porta lasciandoli uscire per poi chiudere <<Finalmente a casa!>> esclamo sorridendo, accorgendomi subito dopo di essere completamente solo. Vado sul divano sedendomi e mi prendo qualche secondo per guardarmi attorno: tutto pulito e ordinato, neanche un rumore ed un profumo di fiori; prendo il telecomando accendendo la televisione e cercando qualche canale aspetto che torni Elisa.

The pleasure of risk - sequel Your American Nightmare || Spencer CharnasDove le storie prendono vita. Scoprilo ora