2. "Sfida"

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Penso che se non ho avuto prima un infarto, lo avrò sicuramente ora. È il caso di chiamare un ambulanza così che possa portarmi via da questo inferno.

Ma come ci sono finita in questa situazione, io?

"Dimmi che non è vero" dico a bassa voce più che altro rivolgendomi a me stessa e non a quel accumulo di muscoli e presunzione e tante altre bellissime qualità che ora non è il caso di esporre e soprattutto di ricordare.

"Sapevo che saresti stata felice di vedermi" continua lui sarcastico andando a sedersi sulla poltroncina dietro la mia scrivania.

Ma con quale presunzione e arroganza si permette di entrare nel mio ufficio e di andare anche a sedersi nel mio posto? È per caso impazzito del tutto?

"Devo dire che è da tanto che non ti vedo, quasi quasi sentivo la tua mancanza. O meglio, la mancanza delle tue tette" mi squadra da capo a piedi fino a soffermarsi sul mio petto scoperto.

"Sei un depravato schifoso!" gli urlo contro avvicinandomi a lui.

Se prima ero furiosa, adesso ho perso il senno della ragione perché inizio a vedere tutto nero e rosso. Quasi Quasi mi spavento della mia reazione, ma vederlo qui, nel mio ufficio, così sfacciato, mi fa vomitare.

Non è cambiato di una virgola.

"Vedo che sei rimasta la stessa...solo più bionda" mi risponde lui con sorriso sfacciato come se non lo avessi appena insultato urlando.

"Cosa ci fai qui, Brian? Sei venuto a rovinarmi la vita un'altra volta?" gli domando sorridendo come una psicopatica in procinto di uccidere qualcuno.

"In verità sono qui per migliorare la mia di vita e risolvere un caso importante" mi rispone con tutta la calma e la tranquillità di questo mondo, mentre io sto per scoppiare e saltargli addosso per soffocarlo.

"Certo, vuoi farmi credere che la tua vita è andata a pezzi e che hai bisogno di una promozione per rimetterti in sesto?" gli domando ironica conoscendo benissimo la sua vita a 5 stelle che conduce da quando è nato. Famiglia ricca, lui molto probabilmente più ricco della sua famiglia, a chi vuole darla a bere?

"Oh no principessa, quella con una vita da sistemare sei tu. Ho saputo che dopo la morte di Sissi sei caduta in depressione e che-" mi avvicino a lui e in uno scatto gli sono davanti e la sua guancia con il segno di una mano. La mia mano. Sa benissimo che quuello è il mio tasto dolente e che nessuno deve toccarlo per alcuna ragione.

"Non. Devi. Nominarla" gli raccomando a bassa voce. Di scatto si alza dalla poltrona, mi afferra il polso con cui gli ho dato uno schiaffo e mi fa indietreggiare fino a far scontrare la mia schiena contro il muro.

Sussulto dallo spavento e dal dolore per lo scontro che sicuramente mi procurerà dei lividi enormi sulla schiena.

Violento: primo difetto.

Potrei benissimo difendermi e togliere i miei polsi incatenati fra le sue mani che ora stanno diventando violacei, ma data la sua stazza e tutti i suoi muscoli non riesco a fare nemmeno un passo.

Lui sa le mie mosse.

Mi conosce troppo bene.

"Se ti permetterai di nuovo a mettermi le mani addosso, su quei fascicoli di omicidio ci sarà il tuo nome, Collins" si avvicina al mio orecchio solleticando il mio lobo con le sue labbra e la sua voce così timorosa mi fa venire la pelle d'oca.

Brividi. E non dalla paura.

"Sei sempre stato bravo con le minacce, Morgan" gli rispindo invece io senza alcuna paura, perché so che nonostante sia un figlio di puttana, non mi farebbe mai del male fisico.

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