31. "Darte un beso" by Prince Royce

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– Finalmente sono riuscita ad entrare!– esclamò Beatrix, schizzando fuori dall'ascensore non appena le porte dello stesso si aprirono quel che bastò da permetterle il passaggio.

Non aveva avuto tregua da due giorni a questa parte: la notizia della cattura dell'evaso si era diffusa a macchia d'olio e ben presto erano trapelate notizie che la indicavano come l'artefice della questione. All'improvviso erano iniziate ad arrivare piogge di elogi accompagnate da altrettante critiche per i metodi poco ortodossi usati.

E se fosse finita male? Avrebbero voluto la testa di Hotch, no?

Opinionisti su opinionisti si erano sbracciati sulla questione.
È evidente che non hanno null'altro a cui pensare.
Nessuno aveva preso in considerazione il fatto che avesse avuto una fifa blu e nessuno sapeva come quella notte avesse rimesso pranzo, cena e colazione per il nervoso che l'aveva assalita una volta rimasta sola.

Le sue colleghe erano in casa con lei, al solito, ed Emily si era sentita in colpa quando l'aveva vista chiudersi la porta del bagno alle spalle e restarci una buona mezz'ora. Aveva fatto scorrere un fiume d'acqua dal rubinetto per coprire i rumori strozzati del cibo che procedeva nella scalata dell'esofago per poi tuffarsi con violenza nel water grazie alla spinta dell'antiperistalsi.

Era stato chiesto di rilasciare dichiarazioni a tutti i membri della squadra, ma Hotch si era limitato a dire che era stata addestrata anche per questo tipo di situazioni.

Per poi chiudersi in un ostinato silenzio.
I giornali si erano scatenati ed avevano iniziato a scavare nella vita privata di Beatrix, a cui la cosa dava molto fastidio.
E se fossero arrivati alle sue... disavventure?
In tal caso, il Musicista potrebbe tornarmi utile per porre fine alle loro fastidiose vite.
Senza contare che iniziavano a diventare davvero molesti. Come in quel giorno piovoso che le aveva regalato l'aspetto di un pulcino bagnato.

– Quegli idioti, per colpa loro sono zuppa!– borbottò fra sé e sé, facendo per inserire l'ombrello nel solito posto.
Poi sentì un rumore provenire dalle scrivanie, un fruscio di fogli che la fece preoccupare e ci ripensò, sfilando l'oggetto dal portaombrelli per impugnarlo a mo' di mazza da baseball.
Chiunque tu sia, sei capitato molto male. Oggi mi girano particolarm...
Sbucò dall'angolo e si bloccò, stupita e imbarazzata: alla sua scrivania il dottor Reid stava lavorando, sommerso da alcune carte che avevano completamente catturato la sua attenzione.
Tirò un sospiro di sollievo nel constatare che si trattava solo di lui.

– Cosa ci fai qui a quest'ora? Sono appena le sei –, domandò, tornando a rimettere l'ombrello nel suo posto.

– Sto lavorando. E tu perché sei qui?– domandò lui, tenendo il capo chino sui documenti, dando la chiara impressione di non volerla guardare in faccia.

– Dovevo seminare quei giornalisti, in qualche modo –, rispose un po' in imbarazzo.
– E ci sei riuscita?– domandò lui in tono piatto.
Beatrix sospirò:– Non direi, per correre via mi sono dimenticata di aprire l'ombrello e questo è il risultato. Quando l'ho aperto mi è caduto addosso uno tsunami, tanto s'era riempito.
Notando che il racconto non fece presa sullo già scarso umorismo di Spencer, la donna annuì da sola e fece per andare a sedersi, per poi ripensarci, fare dietro front e dirigersi verso la macchinetta del caffè.

– Per colpa di quei maledetti non ho nemmeno fatto colazione! Non la tollero 'sta cosa, fanculo –, mormorò da sola, ormai certa del fatto che al dottore girasse male e non le avrebbe più rivolto parola per quel giorno. Che fosse meteoropatico?
Tutto può essere.
Prese un latte caldo vista la temperatura pungente e le conseguenti mani intirizzite di freddo, sedendo di fronte alla sua postazione.
– Cos'hai fatto?
La donna non capì la domanda ma quasi si strozzò per l'effetto sorpresa.

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